Il discorso di ieri del premier israeliano all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato un (prevedibile) lungo attacco all’Iran e all’accordo sul nucleare definito qualche ora prima dal presidente statunitense Trump un “imbarazzo” per gli Usa. Eluso il dramma palestinese, sempre più marginale
di Roberto Prinzi
Roma, 20 settembre 2017, Nena News – Come era ampiamente prevedibile, l’intervento di ieri del premier israeliano Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato un lungo attacco all’Iran. Netanyahu, riecheggiando il famoso discorso della “Cortina di ferro” di Winston Churchill del 1946, ha avvisato l’Assemblea che “dal Mar Caspio al Mediterraneo, da Teheran a Tartus, una cortina iraniana sta scendendo sul Medio Oriente”. “Quelli che ci minacciano di annientarci – ha affermato però baldanzoso – si pongono in un pericolo mortale. Israele si difenderà con tutta la forza delle armi e con tutto il potere delle nostre convinzioni. Agiremo affinché l’Iran non abbia basi militari permanenti in Siria per le sue forze di terra, mare e aria” aggiungendo che Tel Aviv farà di tutto affinché la Repubblica islamica non produca armi che possano colpire lo stato ebraico.
Da qui il premier è giunto alla parte centrale del suo intervento: il “pericoloso” accordo sul nucleare iraniano. Netanyahu, ribadendo quanto detto la scorsa settimana in Argentina al presidente Macri, è stato risoluto a riguardo: “Cambiatelo, o cancellatelo. Correggetelo o vietatelo”. “Datemi l’opportunità di essere chiaro – ha poi aggiunto a scanso di equivoci – la nostra posizione è trasparente. Questo è un cattivo accordo o lo si aggiusta o lo si cancella. Questa è il punto di vista d’Israele”.
Ad accentuare la sicurezza mostrata ieri da Netanyahu ci aveva pensato qualche ora prima il presidente Usa Donald Trump con il suo primo discorso dal podio dell’Assemblea Generale. Il leader repubblicano ha affossato l’operato del suo predecessore Obama definendo la sua intesa con gli ayatollah iraniani un “imbarazzo” per gli Stati Uniti e ha minacciato, con una rara violenza verbale vista l’occasione, di “distruggere totalmente” la Nord Corea qualora questa dovesse attaccare.
Musica per le orecchie di Netanyahu che non poteva non omaggiare l’alleato di fronte alla stampa internazionale: “In anni di discorsi alle Nazioni Unite, nessuno di questi è stato così ardito, coraggioso e diretto come quello pronunciato oggi dal presidente Trump”. Di tutt’altro avviso, ovviamente, è Teheran. “Le parole di odio e ignoranti di Trump appartengono al medioevo, non all’Onu del 21esimo secolo. Non meritano [pertanto] una risposta” ha liquidato la vicenda con un tweet Mohammad Javad Zarif, il ministro degli esteri nonché il negoziatore iraniano per l’accordo sul nucleare.
Le posizioni irremovibili di Usa e Israele sull’Iran non sono state condivise da tutti i presenti ieri all’Assemblea. Uno di questi è il presidente francese Macron che ha difeso con tenacia l’intesa con Teheran: “Rinunciarci – ha detto – sarebbe un grave errore. Non rispettarlo sarebbe irresponsabile perché è un buon accordo che è essenziale per la pace in un periodo dove il rischio di un’esplosione infernale non può essere esclusa”.
Senza dimenticare poi che gli ispettori delle Nazioni Unite hanno più volte dichiarato che la Repubblica islamica sta rinunciando alle sue attività nucleari esattamente come previsto dall’accordo raggiunto con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più Germania.
Netanyahu, però, in maniera strumentale ha continuato a esprimere i suoi dubbi sulle intenzioni iraniane e si è detto preoccupato che lo stop all’arricchimento dell’uranio non vada oltre il 2025. Bibi ha poi rivolto un “semplice messaggio” all’Ayatollah Khamenei, il “dittatore dell’Iran”: “La luce d’Israele non sarà mai spenta. Finché il regime cercherà la distruzione d’Israele, l’Iran non avrà nemico più feroce che Israele”. Il premier ha fatto quindi una distinzione tra gli iraniani e il loro governo dicendo in farsi al popolo iraniano “voi siete i nostri amici”.
“Il primo ministro israeliano è un personaggio divisivo a casa sua, esattamente come lo è il presidente Trump negli Stati Uniti – ha scritto oggi sul Times of Israel David Horovitz – Ritorna dal suo discorso a Gerusalemme [dove lo attendono] un mucchio di indagini su presunta corruzione che lui nega con forza. Ma all’Onu, per pochi minuti martedì, Benjamin Netanyahu ha parlato con l’aria di un leader di livello globale che ha sentito finalmente che il suo tempo è arrivato”.
Un leader globale che, forte del sostegno del “buon amico” statunitense e di una sempre meno nascosta coalizione di paesi arabi e africani, può permettersi di mostrare i muscoli all’Iran con tanta sicumera. Di fronte alla “minaccia” iraniana, va da sé, il dramma palestinese è di fatto sempre più posto ai margini delle discussioni internazionali al punto, come accaduto ieri, da essere completamente ignorato.
Se Trump e Netanyahu lo hanno evitato (il leader israeliano si è limitato a dire che Tel Aviv si impegna a raggiungere la pace con i vicini arabi, tra cui i palestinesi), a dir poco inconsistente è stato l’intervento di chi l’ha voluto quanto meno menzionare. Se il Segretario generale dell’Onu Guterres e l’emiro del Qatar hanno ribadito la necessità di una soluzione di pace a due stati (il secondo, però, aveva più l’attenzione rivolta di più all’assedio che Doha subisce da parte dei Paesi del Golfo che ai Territori Occupati), “fuori programma” (così lo descrive la stampa) è stato l’intervento dell’egiziano al-Sisi.
Rivolgendosi agli israeliani e ai palestinesi in dialetto egiziano, il presidente golpista li ha esortati ad approfittare dell’opportunità che hanno per raggiungere la pace perché “potrebbe non ripetersi più”. Quale sia questa “opportunità” è francamente un mistero: i negoziati tra le due parti sono fermi dal 2014 e mai come ora i rapporti sono tesi perfino tra l’Autorità palestinese e Israele. Se ai palestinesi ha chiesto di accettare di coesistere in pace e in sicurezza con lo stato ebraico, agli israeliani al-Sisi ha ricordato il trattato di pace siglato da Egitto e Israele 40 anni fa dicendo che questo “straordinario” traguardo può essere ripetuto anche con i palestinesi. “Non esitate – ha detto – noi saremo con voi per rendere questo passo un successo”. Lunedì il presidente aveva incontrato per la prima volta pubblicamente il premier Netanyahu. Tra strette di mano e foto, riferisce l’ufficio del primo ministro israeliano, i due leader “hanno avuto una discussione completa sui problemi della regione”. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir