Sono stati 274 i deputati britannici, sia della maggioranza sia dell’opposizione, a esprimersi a favore del riconoscimento. Il voto non vincola la politica del governo conservatore di Cameron, ma alza la pressione su Israele e molti si augurano che apra la strada a iniziative simili in Europa. Tel Aviv: “Minate la pace”
di Sonia Grieco
Roma, 14 ottobre 2014, Nena News – È un voto non vincolante per il governo britannico e mezzo Parlamento non vi ha preso parte, ma il valore simbolico di quanto accaduto ieri a Westminster è enorme e alza la pressione su Israele. Un alleato di Tel Aviv, ex occupante della Palestina, ha riconosciuto che quei territori sono lo Stato dei palestinesi. E questo accadeva mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in visita a Ramallah, condannava la politica israeliana degli insediamenti in Cisgiordania e le continue “provocazioni” nei luoghi sacri di Gerusalemme, dove ieri ci sono stati scontri tra palestinesi e polizia israeliana. A Tel Aviv si saranno sentiti sotto pressione e nella notte hanno reagito al voto sostenendo che “mina le possibilità di pace”.
Sono stati 274 i deputati britannici, sia della maggioranza sia dell’opposizione, a esprimersi a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina, ovviamente, “a fianco a quello di Israele”. Un voto che nelle intenzioni dei Labour che l’hanno promosso, serve a fare pressione affinché riprendano i negoziati di pace, falliti la scorsa primavera. Pochi mesi dopo, per 50 giorni il mondo ha assistito alla morte (oltre 2.000 palestinesi, in maggioranza civili, e circa 70 israeliani, quasi tutti soldati) e alla distruzione provocate dall’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza, che ha violata anche la sacralità delle sedi Onu. Immagini che in Gran Bretagna hanno portato alle dimissioni dell’allora sottosegretario degli Esteri, Sayeeda Warsi, in polemica con la linea “moralmente indifendibile” del governo conservatore di David Cameron.
Warsi ritiene che il riconoscimento dello Sato di Palestina sia un impulso alla ripresa dei negoziati. Opinione condivisa da diversi suoi colleghi conservatori, come Nicholas Soames che lo ha definito “moralmente giusto e nell’interesse nazionale”. Per il deputato laburista Grahame Morris si tratta di uscire dallo stallo prima che sia troppo tardi, altrimenti “ogni speranza di una soluzione a due Stati, l’unica percorribile, potrebbe svanire”.
Il voto di ieri non modifica la linea di Downing Street, contraria al riconoscimento unilaterale della Palestina. Secondo il ministro degli Esteri William Hague, la Gran Bretagna “si riserva il diritto di riconoscere bilateralmente lo Stato palestinese quando questo potrà aiutare al meglio il processo di pace”. In linea con questa posizione nè Cameron nè i suoi ministri hanno preso parte al voto.
A conclusione dell’ennesimo negoziato fallito, però, i palestinesi hanno scelto di percorrere la strada del riconoscimento internazionale. Israele parla di scelta prematura, che rischia di minare il processo di pace, ma non smette di pianificare insediamenti nei Territori occupati, attirandosi le critiche della cosiddetta comunità internazionale, alleati inclusi.
Di certo, molti auspicano che quanto accaduto a Londra apra la strada a iniziative simili nel resto d’Europa. La Svezia ha già fatto la sua mossa all’inizio del mese, quando il nuovo premier svedese, Stefan Lofven, ha annunciato che il Paese riconoscerà lo Stato di Palestina. Sinora sono oltre cento le nazioni al mondo ad averlo fatto, ma mancavano all’appello gli alleati europei, oltre che gli (improbabili) Stati Uniti.
Nel 2012, le Nazioni Unite hanno riconosciuto ai palestinesi il ruolo di Stato osservatore, ma la Gran Bretagna si astenne dal voto. Nena News