Il monito a Tel Aviv, contenuto nella dichiarazione redatta al termine della Conferenza speciale tenutasi ieri nella città svizzera e sottoscritta da 126 paesi firmatari della Quarta Convenzione di Ginevra. Boicottano Usa, Canada e Israele, che risponde: “Dichiarazione senza fondamento”
della redazione
Roma, 18 dicembre 2014, Nena News – “Rispettare pienamente ed effettivamente la Quarta Convenzione di Ginevra nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme est” e amministrarli “in un modo che tenga pienamente conto delle esigenze della popolazione civile”. Questo il monito a Israele, potenza occupante in Palestina, contenuto nella dichiarazione redatta al termine della Conferenza speciale tenutasi ieri a Ginevra tra i paesi firmatari della Quarta Convenzione omonima sul rispetto del diritto internazionale umanitario nei Territori palestinesi. Un monito che è arrivato come un colpo di grazia a Tel Aviv, nello stesso giorno in cui l’Unione Europea riconosceva “simbolicamente” lo Stato di Palestina entro i confini del 1967 e il Tribunale dell’Unione Europea rimuoveva Hamas dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche.
Giornata nera, dunque, per Israele, che assieme agli Stati Uniti e al fedele alleato canadese aveva deciso di boicottare la conferenza speciale organizzata nella città svizzera. Non solo: Tel Aviv aveva cercato per giorni di convincere la Svizzera a non convocare la Conferenza, inviando più volte funzionari a Berna e Ginevra. Il ministero degli esteri israeliano ha oggi definito la Conferenza “un esercizio politico senza alcun fondamento nelle Convenzioni di Ginevra”, il cui effetto sarà quello di “inviare al presidente Abu Mazen il messaggio che azioni unilaterali sono preferibili a diretti negoziati con Israele”.
Non sono della stessa opinione i 126 paesi firmatari della dichiarazione di ieri che, invece di nominare le “azioni unilaterali” dei palestinesi, hanno espresso “profonda preoccupazione per l’impatto dell’occupazione continua”, in particolare individuando il muro di separazione e il regime a esso associato come “contrari al diritto umanitario internazionale”, insieme alla “chiusura della Striscia di Gaza”. C’è stato poi lo spazio per enunciare le azioni unilaterali israeliane e ricordare “l’illegalità degli insediamenti in detto territorio, il potenziamento degli stessi e del relativo sequestro illegale di proprietà, così come del trasferimento dei detenuti nel territorio della Potenza occupante“.
Vittoria su tutti i fronti per i Palestinesi? In realtà no. Nonostante l’ambasciatore svizzero Paul Fivat abbia salutato la dichiarazione come “senza precedenti”, ricordando che si tratta di un “segnale che viene inviato alle parti in conflitto e in particolare alle popolazioni civili che c’è una legge internazionale che protegge i loro interessi”, ha anche chiarito che “la dichiarazione vincola solo le parti che erano presenti”. Quanto ai suddetti “interessi delle popolazioni civili”, il rifiuto da parte occidentale di approvare una risoluzione Onu che ponga un termine preciso all’occupazione israeliana la dice lunga sulla realtà dei fatti: de iure i crimini israeliani sono punibili, de facto no.
Pare invece soddisfatta la parte palestinese, che piano piano sta vedendo prendere corpo il suo percorso di riconoscimento all’interno delle organizzazioni internazionali. Per il ministero degli esteri palestinese “la partecipazione della vasta maggioranza degli Stati è la riaffermazione dell’importanza di far applicare la legge internazionale e della centralità della questione palestinese ad essa legata”. “L’impunità di Israele – aggiunge – danneggia gli inalienabili diritti del popolo palestinese, la legge internazionale e i diritti umani”. “La Conferenza – conclude – non è tuttavia “la fine, ma l’inizio di un aumento della mobilitazione internazionale: la Palestina continuerà a lavorare con tutti gli stati membri per adottare meccanismi che traducano le posizioni espresse in atti”. Nena News
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