L’uomo forte della Cirenaica fa sapere che i combattimenti continueranno finché non saranno “sradicati i gruppi terroristici”. Le sue forze, intanto, avanzano a Washka e Abugrein
della redazione
Roma, 10 gennaio 2020, Nena News – Contrariamente a quanto sostengono tutti gli attori internazionali e locali coinvolti nella crisi libica (a partire dall’Italia e dall’Unione Europea), ieri il generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ha respinto di fatto la proposta di cessate il fuoco avanzata da Turchia e Russia affermando che continuerà la sua offensiva contro il Governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli riconosciuto internazionalmente. È stato il suo portavoce Ahmad al-Mesmari a riferirlo alla stampa: la ripresa del processo politico, ha detto, potrà avvenire solo quando saranno “sradicati i gruppi terroristici” e saranno sciolte le milizie “terroristiche” che controllano la capitale Tripoli.
Gruppi che Haftar con i suoi uomini dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl) sta combattendo dallo scorso aprile. Il no riferito da al-Mesmari non sorprende: nelle ultime settimane l’Enl sta ottenendo diverse vittorie sul campo grazie anche all’importante contributo di elementi esterni (in particolar modo i mercenari russi del gruppo Wagner). Lunedì, ad esempio, ha preso il controllo della città-chiave di Sirte ed è chiaro perciò che conquistare altro territorio – possibilità che ora il generale vede tranquillamente a portata di mano – ha immediati riflessi politici perché gli permetterà di avere maggiore forza negoziale quando le armi cesseranno. “Accogliamo con favore l’invito di Putin ad un cessate il fuoco – ha detto al-Mesmari – Ciononostante, la nostra battaglia contro le organizzazioni terroristiche che hanno preso il controllo di Tripoli e che hanno ricevuto il sostegno di alcuni stati continuerà fino alla fine”.
Di tutt’altro avviso è invece il Gna che recentemente ha richiesto (e ottenuto) assistenza militare dalla Turchia (al di là di consiglieri ed esperti militari, si parla dell’arrivo in Libia anche di gruppi di ribelli siriani). Il suo premier al-Sarraj, impegnato due giorni fa in vari incontri con i vertici dell’Unione Europea a Bruxelles e ancora stizzito con gli alleati italiani per essere stato invitato a Roma alla presenza del nemico Haftar, ha accolto con favore la proposta turca-russa di un cessate il fuoco entro la mezzanotte del 12 gennaio. E ieri anche l’Alto Consiglio di Stato libico ha dato l’ok allo stop alle violenze.
Tuttavia, le parole di al-Mesmari confermano che almeno per ora la tregua è una ipotesi lontana. I risultati si sono visti chiaramente ieri quando le forze di sicurezza di Misurata che sostengono il Gna hanno istituito il coprifuoco notturno a partire dall’una di notte fino alle sei del mattino. In città, dove è presente anche un contingente di 300 militari italiani, l’allerta resta alta: ieri l’Accademia militare è stata colpita da sei raid dell’aviazione di Haftar. Le forze dell’Enl hanno anche centrato con colpi di artiglieria e missili il distretto di Suq al-Juma a Tripoli, vicino all’aeroporto di Mitiga su cui l’Enl ha annunciato l’estensione di una no-fly zone.
L’esercito di Tobruk ha poi annunciato di aver occupato nuove posizioni nella periferia meridionale di Tripoli e a ovest di Sirte, mentre oggi ha riferito di essere entrato nel villaggio di al-Washka (100 chilometri a ovest di Sirte) e di essersi scontrato con le forze del Gna nella città di Abugrein (95 chilometri a est di Misurata). Quest’area è importante anche dal punto di vista simbolico: la tribù del defunto leader libico Muammar Gheddafi, Gheddafa, risiede proprio ad al Washka e Abugrein insieme a quella pro-Gheddafi dei Werfalla. L’area ospita anche la tribù Ferjan, da cui proviene il comandante dell’Lna Khalifa Haftar. Nena News