Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha ieri espresso preoccupazione anche per la possibile escalation militare che potrebbe avvenire nella città strategica di Sirte dove si ammassano forze armate. A essere “preoccupato” per la situazione in Libia è anche il ministro degli Esteri tedesco Maas. Ma Berlino continua a vendere armi alle parti rivali del conflitto libico
della redazione
Roma, 9 luglio 2020, Nena News – Non ha usato molti giri di parole il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, nel denunciare con forza ieri al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il coinvolgimento straniero in Libia. “Il conflitto libico – ha detto – è entrato in una nuova fase con l’interferenza straniera che ha raggiunto livelli senza precedenti, tra consegna di armamenti sofisticati e numero di mercenari coinvolti nei combattimenti”. Parole che non sorprendono: il Comando Usa in Africa (Africom) ha già detto lo scorso mese che in Libia sono presenti almeno 2.000 mercenari del gruppo russo Wagner a sostegno di Haftar. Mosca ha ripetutamente negato in questi mesi di aver contatti con tale formazione che sembrerebbe essere guidata dall’uomo d’affari Yevgeny Prigozhin, vicino al presidente russo Putin. Secondo un rapporto confidenziale dell’Onu di maggio, i mercenari Wagner sarebbero 1.200. Senza poi dimenticare che sarebbero invece 11.000 quelli (per lo più islamisti) schierati dalla Turchia a sostegno di Tripoli. Ad affermarlo è da mesi l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong vicina all’opposizione al presidente siriano Bashar al-Asad.
Ma la questione dei miliziani stranieri è solo uno dei problemi (per quanto grande) che affligge la Libia. Guterres, infatti, si è detto anche preoccupato per l’ammasso di forze militari intorno alla città di Sirte, a metà strada tra Tripoli (ovest del Paese) e Bengasi (est). Il Governo di Accordo Nazionale (Gna) di Tripoli guidato da al-Sarraj e sostenuto dalla Turchia ha più volte ribadito che terminerà la sua controffensiva contro i rivali della Cirenaica guidati dal capo dell’Eln Khalifa Haftar solo una volta che prenderà il controllo di Sirte e della base aerea di al-Jufra. Parole che preoccupano non poco sia Haftar e il suo autoproclamato Esercito nazionale libico, che i suoi sponsor stranieri. Per il presidente egiziano al-Sisi, infatti, quest’area costituisce una “linea rossa” che violata potrebbe portare il Cairo a intervenire militarmente. Nelle ultime due settimane la situazione è rimasta relativamente “calma” nell’area di Sirte, ma gli equilibri potrebbero essere saltati definitivamente sabato scorso quando velivoli ancora ignoti hanno attaccato in chiave anti-Gna la base di al-Watiya (vicino al confine con la Tunisia) colpendo dispositivi difensivi turchi.
L’altro giorno era stata infatti battuta dalle agenzie di stampa la notizia di un raid di risposta da parte di droni turchi vicino all’area di Jufra. Al momento non è chiaro se il bombardamento sia avvenuto o meno: alla tv panaraba al-Jazeera, una fonte militare del Gna ha negato che le proprie forze hanno preso di mira il sito. Anche sulla rete al-Arabiya (vicina ai sauditi e quindi pro-Haftar), l’Enl aveva smentito l’attacco. Di diverso avviso era stata però in precedenza l’emittente “Libya al-Ahrar” basata in Turchia e vicina a Tripoli: il raid ha colpito la zona di Sukna (vicino ad al-Jufra) distruggendo un sistema di difesa aerea Pantsir di fabbricazione russa. Altre fonti locali parlano anche della morte di tre uomini del gruppo Wagner.
Comunque siano andati realmente i fatti l’escalation militare sembra probabile, non a caso ieri Guterres ha espresso tutte le sue paure a riguardo. “Siamo molto preoccupati per l’allarmante aumento militare che registriamo a Sirte e per il livello di interferenza diretta straniera in Libia che viola l’embargo di armi dell’Onu, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e gli impegni presi dagli Stati membri (nel vertice di pace dello scorso gennaio) a Berlino”, ha detto il Segretario. Guterres ha poi affermato che le Nazioni Unite hanno documentato almeno 102 civili morti (254 i feriti) soltanto tra aprile e giugno di quest’anno: un incremento del ben 172% rispetto ai primi 4 mesi del 2020. L’Onu, ha aggiunto, ha anche registrato 21 attacchi contro strutture mediche, ambulanze e personale sanitario. Dati che da soli fanno capire la barbarie che ha luogo nel Paese nordafricano.
Di Libia ha parlato ieri nuovamente anche il ministro degli Esteri tedesco Heiko Mass. “La situazione nel Paese non sta migliorando – ha ammesso – anzi al contrario l’escalation delle ultime settimane e mesi minaccia di fare a pezzi il Paese”. Maas ha poi evidenziato che, “mentre i confini venivano chiusi in tutto il mondo” per contenere la diffusione del Covid-19, “nelle città della Libia giungevano navi, aerei e camion con armi e mercenari”. Secondo il diplomatico tedesco, è “soprattutto” la popolazione del paese a “soffrire” in questo contesto e pertanto “la comunità internazionale non deve restare ferma pigramente senza agire”. “Abbiamo sempre sottolineato che trovare una soluzione politica al conflitto in Libia non sarà facile – ha concluso – Tuttavia, ciò non ci impedisce di continuare a lavorare con forza per la stabilizzazione sostenibile, la conservazione dell’integrità territoriale e della sovranità della Libia”. Parole belle, ma che lasciano il tempo che trovano: secondo infatti un documento del ministero dell’Economia e dell’Energia tedesco ripreso dal quotidiano “Handelsblatt” due giorni fa, nella prima metà del 2020, Berlino ha autorizzato esportazioni di armi per 2,78 miliardi di euro, di cui 614 milioni di euro in vendite a paesi coinvolti nel conflitto in Libia (il primo acquirente è l’Egitto, con ordini per 312 milioni di euro). Si sventola la bandiera della pace, ma come al solito si promuove la guerra. Nena News