Nel novembre di sette anni fa manifestazioni di piazza chiedevano riforme e le dimissioni del primo ministro: un gruppo di manifestanti entrò nel parlamento. Ieri le dure sentenze della Corte di Cassazione: tra i due anni e i tre anni e mezzo di carcere per sedici persone, tra deputati e attivisti
della redazione
Roma, 9 luglio 2018, Nena News – Ieri la Corte di Cassazione del Kuwait ha condannato 16 persone a pene tra due anni e tre anni e mezzo di carcere, tra cui otto parlamentari dell’opposizione: due deputati e sei ex deputati dell’Assemblea nazionale. Tra loro Musallam al Barack, leader dell’opposizione dell’emirato e rilasciato nell’aprile 2017 dopo due anni di prigione per insulti all’emiro Sheikh Sabah al-Ahmad al-Salah.
Le condanne sono state comminate con l’accusa di “assalto al parlamento”: il 16 novembre 2011 ci fu una grande manifestazione di fronte alla sede dell’Assemblea che chiedeva le dimissioni dell’allora primo ministro Nasser Mohammed al-Ahmed al-Sabah, membro della famiglia reale e nipote dell’emiro, per corruzione. All’epoca i vertici del governo furono coinvolti in un caso di tangenti da 350 milioni di dollari per influenzarne la legislazione.
Decine delle centinaia di manifestanti che presero parte alla protesta riuscirono a far cadere i cancelli intorno all’edificio ed entrarono dentro il parlamento, cantando l’inno nazionale e sventolando la bandiera del Kuwait. Un’azione parte di una protesta che andava avanti già da una settimana, sia dentro che fuori il parlamento: lo stesso giorno venti deputati di opposizione avevano boicottato la sessione giornaliera. I deputati di opposizione occuparono simbolicamente l’Assemblea per lasciarla poco dopo, mentre fuori la polizia usava i manganelli per picchiare i manifestanti e disperdere la folla, ferendo almeno cinque persone. “Ora, siamo dentro l’Assemblea del popolo”, disse Musallam al Barack una volta dentro.
La protesta, che giungeva sulla scia lunga delle primavere arabe che stavano coinvolgendo buona parte del Medio Oriente e del Nord Africa, arrivava in Kuwait con le richieste del popolo, non solo di cacciata del premier corrotto ma anche di riforme democratiche interne.
A distanza di qualche giorno il premier si dimise dopo un voto di sfiducia e il 6 dicembre l’emiro ha sciolto il parlamento parlando di “condizioni deteriorate”. Ma le accuse ai deputati non sono mai cadute. Accuse gravi: assalto al parlamento e alla polizia, danni a proprietà governative e incitamento alla violenza contro una settantina di persone, tra parlamentari e attivisti. Degli indagati ieri la Corte ne ha condannati 16: due parlamentari islamisti attualmente in carica, Waleed Tabtabai e Jamaan Herbish, sei ex deputati e cinque attivisti (tre anni e mezzo di carcere) e tre altri attivisti (due anni). Diciassette persone sono state assolte, altre 34 condannate per l’assalto al parlamento ma senza pena.
Al-Tabtabai ha già annunciato ricorso, ma la sentenza è definitiva rendendolo impossibile, mentre il presidente del parlamento Marzouq al-Ghanim ha ordinato una sessione estiva dell’Assemblea per discutere della sentenza, per poi rinviare a ottobre eventuali decisioni sulle misure da assumere per sostituire i deputati condannati. Nena News