Il premier nega le accuse e tira dritto: “La coalizione governativa è stabile, continueremo a lavorare per il bene dei cittadini israeliani”. I laburisti parlano di “epoca Netanyahu finita”, ma è dell’alleato Bennet l’attacco più duro: “Il leader dello stato ebraico non dovrebbe ricevere doni da miliardari”
di Roberto Prinzi
Roma, 14 febbraio 2018, Nena News – “Voglio rassicurarvi che la coalizione governativa è stabile. Nessuno, né io né nessun altro, ha piani per [indire] una nuova elezione. Continueremo a lavorare con voi per il bene dei cittadini d’Israele fino alla fine della legislatura”. A dirlo è stato oggi il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di una conferenza a Tel Aviv. Bibi ostenta sicurezza eppure la richiesta della polizia di incriminarlo per due dei tre casi giudiziari su cui indagava da mesi è un duro colpo per lui, probabilmente la sfida più difficile della sua lunga carriera politica che deve affrontare. Spetta ora al procuratore generale d’Israele Avichai Mandelblit decidere se il premier dovrà essere processato o meno. Un processo che, se dovesse iniziare, potrebbe durare settimane se non mesi.
Il primo ministro, capo del governo complessivamente per quasi 12 anni, si è rivolto ieri alla nazione in un discorso televisivo difendendosi dalle accuse della polizia. “Siccome io conosco la verità – ha detto – tutto si concluderà con un nulla di fatto”. Netanyahu non nega i fatti per cui è accusato, ma l’interpretazione che ne da la polizia. E così, come fa sempre quando si sente attaccato, ha chiamato a raccolta la sua gente cercando di apparire contemporaneamente vittima di attacchi politici ingiusti, ma anche leader forte e probo, unico timoniere capace di guidare sulla retta via lo stato ebraico assediato dai “nemici” . “Continuerò a governare Israele con responsabilità e fedeltà” ha promesso prima di ribadire la sua innocenza.
I tre casi di corruzione per cui Netanyahu è sotto indagine sono stati chiamati dalla stampa israeliana “caso 1.000”, “caso 2.000” e “caso 3.000”. Secondo le indagini della polizia, nel primo il leader del Likud avrebbe ricevuto regali costosi stimati in decine di migliaia di dollari da ricchi sostenitori come il produttore di Hollywood Arnon Milchan e il miliardario James Packer. ll premier si è sempre giustificato parlando di “regali fra amici”. Una posizione, però, che sembrerebbe essere smentita dai fatti: secondo una testimonianza rilasciata alcuni giorni fa, sua moglie Sarah era solita chiedere alla segretaria di Milchan di ricevere gli “omaggi” in scatole sigillate da cui non fosse possibile individuare il contenuto. Un’attenzione alla segretezza, hanno osservato alcuni commentatori israeliani, eccessiva trattandosi, dopo tutto, di “regali tra amici”.
Ma i doni ricevuti come ricompensa per i piaceri (eventuali) fatti dal premier, rappresenterebbero reati meno gravi rispetto a quelli per cui è sospettato nelle altre due indagini. Nel caso 2.000, infatti, Netanyahu è accusato dalla polizia di aver provato ad accordarsi segretamente con il direttore del quotidiano Yediot Aharonot per ridurre la circolazione del tabloid gratuito Israel HaYom (vicino al premier) in cambio di una copertura mediatica più positiva da parte di Yedioth. Ancora più serio è il terzo caso relativo alla vendita di sottomarini tedeschi Dolphins a Israele. Qui, infatti, oltre alle tangenti, sarebbe stata messa in pericolo la stessa sicurezza nazionale. Per il momento, va precisato, il coinvolgimento del premier nell’acquisto dei sommergibili non è stato dimostrato. Quel che certo, però, è che a settembre la polizia ha arrestato l’ex capo del suo staff, l’avvocato David Sharan, e che altre teste potrebbero saltare perché l’inchiesta procede, sebbene tra mille difficoltà.
Netanyahu ostenta sicurezza. Eppure sa perfettamente che le sue vicende personali danno spazio politico ai suoi rivali. Se le critiche dell’opposizione laburista con il suo debole leader Avi Gabbay (“l’epoca Netanyahu è finita) sono scontate e prevedibili, è l’attacco di alcuni voci interne alla sua coalizione a destare più attenzione. Sia chiaro: il premier può vantare di molti fedelissimi all’interno del governo. Uno di questi, ad esempio, è il ministro del turismo Yariv Levin che, commentando la notizia di ieri, ha subito parlato di “golpe contro gli elettori”. Ma i suoi difensori non rappresentano tutto l’esecutivo. O, almeno, tra di loro non vi è il ministro dell’istruzione Naftali Bennet (Casa Ebraica) che ha approfittato dei guai giudiziari del premier per lanciare una dura bordata contro di lui: “Ricevere doni in queste proporzioni e per così tanto tempo non soddisfa le aspettative dei cittadini d’Israele – ha ammonito – Il leader dello stato ebraico non dovrebbe proprio accettare doni dai miliardari. Non è così che si educa una giovane generazione, non è così che siamo stati educati”. Dopo il bastone, però, è arrivata la carota: “La legge d’Israele è chiara: il primo ministro può continuare il suo lavoro anche dopo le raccomandazioni della polizia. Continueremo a lavorare per i cittadini israeliani”.
Insomma, Bibi per ora è salvo. Ma cosa accadrà in futuro? Quali conseguenze avranno le indagini del procuratore Mandelbit all’interno del governo? Sono domande che molti israeliani si stanno ponendo in queste ore. Una idea chiara ce l’ha Noam Sheizaf, analista politico del sito ebraico Siha Mekomit: “La strategia di Netanyahu si basa sulla sua popolarità a destra. Finché mantiene un alto livello di approvazione all’interno della sua base, nessun rivale a destra lo attaccherà perché temerà una vendetta da parte dei suoi sostenitori”. Ciò si tradurrà concretamente, secondo Sheizaf, in uno spostamento “ancora più a destra [del premier]”. I palestinesi sono avvisati. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir