Il 2 novembre siglata l’alleanza militare tra islamisti e qaedisti ad Aleppo. Al-Baghdadi rassicura gli adepti sulle sue condizioni e minaccia l’Arabia Saudita. Resta limitata la risposta Usa.
di Chiara Cruciati
Roma, 14 novembre 2014, Nena News – Al-Baghdadi è vivo, si allea con Al-Nusra e minaccia anche “mamma” Arabia Saudita. Gli Stati Uniti rispondono puntando il dito contro Assad e bombardando il gruppo qaedista in Siria.
Un’escalation di tensione sta investendo negli ultimi giorni i territori occupati di Siria e Iraq. Lo Stato Islamico è in grado di dimostrare la sua forza e l’inefficacia della strategia della coalizione. Ieri in una registrazione audio pubblicata in rete, il califfo ha rassicurato i propri adepti, dopo le voci di un suo grave ferimento in un bombardamento Usa nella provincia irachena di Anbar.
“Un vulcano di jihad”, questa la minaccia lanciata da al-Baghdadi che ha fatto appello ai miliziani islamisti perché lancino attacchi contro la monarchia saudita. Non è stato ancora possibile verificare se la voce registrata sia effettivamente quella del leader dell’Isis, ma è sicuramente molto simile a quella del califfo.
“Figli di al-Haramayn [due luoghi sacri musulmani, entrambi in Arabia Saudita, ndr], la testa del serpente e la roccaforte della malattia sono lì. Traete le vostre spade perché non ci sarà sicurezza per Saloul”, ha detto il califfo nel suo nuovo discorso. Un riferimento diretto alla petromonarchia, primo e più forte finanziatore ufficioso dei gruppi estremisti sunniti nella regione – tra cui lo stesso Isis – e ora apparentemente diventato nemico dell’avanzata islamista dopo una serie di misure approvate per proteggere Riyadh dallo Stato Islamico.
Alle minacce al resto del Medio Oriente, si aggiunge un’altra vittoria per al-Baghdadi: dopo aver siglato a settembre un patto di non aggressione con i qaedisti del Fronte al-Nusra, ora l’alleanza è concreta. Secondo la stampa locale, affiliati dei due gruppi si sono incontrati in Siria il 2 novembre, vicino Aleppo (in un’area controllata dall’Esercito Libero Siriano), un meeting a cui avrebbe partecipato, secondo l’AP, anche un comandante dell’Els, gruppo di opposizione moderata al presidente Assad e stretto alleato Usa.
Il comandante, Abu Musafer, avrebbe assistito all’incontro e alla stipula dell’accordo tra Isis e al-Nusra che prevede l’unione delle forze contro i combattenti curdi a nord del paese e ogni forza anti-islamista (come il moderato Fronte Rivoluzionario) e la fine delle faide interne per il controllo delle aree sotto il governo di Damasco. L’Isis avrebbe anche offerto ad al-Nusra un gruppo di circa 100 miliziani per rafforzare l’offensiva lanciata dai qaedisti nella città siriana di Khan al-Sunbul.
L’intelligence Usa tenta di smorzare le preoccupazioni, affermando che non si tratta ancora di un’alleanza militare e che non si sono indicazioni di un cambio di strategia dei due gruppi. Ieri, però, raid statunitensi hanno colpito per la terza volta il Fronte al-Nusra: “Possiamo confermare che gli aerei Usa hanno centrato un obiettivo in Siria, legato alla rete di al-Qaeda, da alcuni chiamato gruppo Khorasan e che sta pianificando attacchi esterni contro gli Stati Uniti e i suoi alleati”, ha detto ieri il portavoce dell’esercito Usa Ryder.
Target è stato il cosiddetto gruppo Khorasan, che secondo Washington è formato da miliziani afgani e pakistani arrivati in Siria negli ultimi mesi. Secondo molti analisti, invece, il gruppo non esiste ma è parte del Fronte al-Nusra, ex gruppo qaedista oggi passato tra le file dell’Isis.
Alleanza o no, il presidente Obama prosegue per la sua strada. Ieri ha chiesto al team della sicurezza nazionale di rivedere la strategia statunitense in Siria per includere una più massiccia operazione contro il presidente siriano Assad. Obama ha ripetuto che senza transizione politica e senza la caduta del governo di Damasco l’avanzata dell’Isis non può essere fermata. Dietro stanno le forti pressioni di Turchia e Arabia Saudita il cui obiettivo non è tanto il califfato quanto l’asse sciita mediorientale.
Secondo fonti interne all’amministrazione Washington, tuttavia, le certezze del presidente non sono poi così radicate: ufficiali anonimi hanno parlato di lunghe e continue discussioni e di un “costante processo di ricalibrazione”. “Non c’è una strategia formale di revisione della nostra politica siriana – ha detto Ben Rhodes, vice consigliere della sicurezza nazionale – Quello che c’è è una strategia per distruggere definitivamente l’Isis che richiede di rivedere regolarmente quello che stiamo facendo. Penso che il presidente voglia essere certo di rispondere a domande difficili: come fermare l’Isis ma anche come sostenere le opposizioni siriane perché frenino lo Stato Islamico e il regime di Assad”.
Eppure è la stessa intelligence Usa che ripete ad Obama quanto le opposizioni moderate siano ormai inefficaci sul terreno. Tanto schiacciate da “ospitare” un meeting tra qaedisti e islamisti. Nena News