Baghdad protesta per la presenza di truppe turche nel proprio territorio, Ankara per una risoluzione del parlamento iracheno che parla di “occupazione”. Sullo sfondo la prossima battaglia per Mosul e gli interessi di frammentazione di Erdogan e dei suoi alleati
della redazione
Roma, 5 ottobre 2016, Nena News – Sale la tensione tra Iraq e Turchia. Le truppe sul terreno iracheno Ankara le ha da quasi un anno, nella base militare peshmerga di Bashiqa, alle porte di Mosul, e solo pochi giorni fa il parlamento ha esteso di un altro anno il mandato al governo per dispiegarne sia in Siria che in Iraq. A ciò si aggiunge una durissima campagna aerea contro le montagne di Qandil, nel nord del paese, dove gli uomini del Pkk si sono rifugiati dopo la decisione del leader Ocalan di aprire il dialogo politico con lo Stato turco.
Inutili le proteste di Baghdad per una chiara violazione della propria sovranità. La comunità internazionale non ha commentato e le truppe turche sono rimaste senza problemi a Bashiqa. Stamattina però quello che era ancora solo uno scontro a parole – aggravato dalla decisione della Turchia di acquistare il greggio dai kurdi di Erbil, che dalla presa di Kirkuk lo vendono bypassando il governo centrale – si è trasformato in un contenzioso diplomatico. Il ministro degli Esteri iracheno ha convocato l’ambasciatore turco per protestare contro le dichiarazioni fatte ieri dal premier Yildirim che ha ampiamente discusso della prossima operazione su Mosul e accusato Baghdad di accendere i settarismi interni tra sunniti e sciiti.
Poco dopo è toccato ad Ankara che ha fatto lo stesso: convocato il rappresentante iracheno ad Ankara per discutere con lui della risoluzione adottata ieri dal parlamento iracheno e che denuncia la presenza turca sul suolo nazionale, definendola “forza di occupazione”. Il premier al-Abadi si è spinto oltre avvertendo di come l’insistenza turca a immischiarsi nell’operazione di Mosul possa condurre ad una “guerra regionale”: “Abbiamo chiesto più di una volta alla Turchia di non interferire negli affari iracheni – ha detto ieri sera il primo ministro – e temo che l’avventura turca possa trasformarsi in una guerra regionale. Il comportamento della leadership turca non è accettabile”.
L’alleato comune, gli Stati Uniti, non commenta come non lo ha fatto in passato di fronte all’invasione turca del nord del paese. Ankara prosegue spedita, mossa da due obiettivi principali: distruggere definitivamente il Pkk, duramente colpito a Qandil, come nel nord della Siria e nel sud est turco, e frammentare l’Iraq. Al di là delle dichiarazioni di circostanza sul pericolo di settarismi interni, è ormai palese il piano dell’Occidente e della sua rete di alleanze: dividere in aree amministrative autonome il paese, una kurda, una sunnita e una sciita, per fare di Baghdad un’entità debole e maggiormente ricattabile (soprattutto sul piano energetico) e per toglierla dall’area di influenza dell’Iran che tanto sta investendo in termini finanziari e di uomini nella lotta all’Isis.
Intanto la battaglia per Mosul va avanti, seppure con estrema lentezza. Dopo aver liberato una serie di villaggi a decine di chilometri di distanza dalla seconda città irachena, l’esercito governativo si prepara sul piano “mediatico”: ieri Baghdad ha lanciato una nuova stazione radio dedicata alle centinaia di migliaia di civili ancora residenti a Mosul per comunicare con loro in vista della controffensiva finale. L’emittente radio, la Radio della Repubblica d’Iraq a Mosul, darà istruzioni su corridoi umanitari sicuri da usare per lasciare la città, sui luoghi da evitare perché target militare, numeri di emergenza.
Un’operazione non certo facile: oltre alle interferenze dell’Isis nell’etere, si aggiungeranno quelle che già viste in passato, ovvero cecchini, bombe, mine che tenteranno in ogni modo di fermare i civili, necessari perché scudi umani per i miliziani islamisti. La città, roccaforte Isis in Iraq, è stata già preparata all’eventuale assalto finale: lo Stato Islamico ha scavato tunnel e trincee, circondato il perimetro esterno di campi minati e posizionato cecchini sui tetti dei palazzi. Gli stessi dove le famiglie di Mosul cercano di sopravvivere da oltre due anni. Nena News