Il rapporto tra curdi e la città è molto antico e ancora oggi la comunità potrebbe ricoprire un ruolo rilevante per il suo futuro. Le strade intraprese dai gruppi curdi sono, però, tra loro molto diverse
di Francesca La Bella
Roma, 21 ottobre 2016, Nena News – Studiare la storia non serve solamente per conoscere il passato, ma risulta, molto spesso, fondamentale per comprendere il presente. Nell’analisi delle dinamiche in atto oggi in Iraq diviene particolarmente utile riprendere i testi relativi alla discussione in seno alla Società delle Nazioni sulla destinazione di Mosul del 1925.
La firma del Trattato di Sevres e di quello di Losanna, integrandosi con il progetto Sykes-Picot, sancirono ufficialmente la forma che il Medio Oriente avrebbe dovuto assumere per aderire ai progetti dell’imperialismo europeo. In questo contesto, venne definita l’appartenenza amministrativa di Mosul all’Iraq negando sia le rivendicazioni curde sulla città sia le velleità della neonata Turchia sull’area. In uno scritto di Andrea Caffi per “La vita delle Nazioni” del 1925 così si definisce la questione Mosul:
Nessuno oserà contraddire i competenti della “politica fondata sulla brutale realtà” quando essi ci affermano che nel conflitto anglo-turco per Mosul […] bisogna vedere prima di tutto i pozzi di petrolio, poi un problema di frontiere strategiche e infine un’essenziale questione di prestigio per l’Impero Britannico di Oriente. Ma non fosse che per sola deferenza verso le “formule astratte” del diritto delle genti, tanto durante i negoziati per la pace di Lausanne che nel dibattito di questi giorni al Consiglio della S.d.N., sono state pure invocate la nazionalità e la volontà degli abitanti di questa contrastata regione.
Queste stesse parole, con gli opportuni ammodernamenti, rimangono adeguate per la trattazione delle dinamiche attuali. La centralità della città nei flussi economici e la posizione strategica rispetto alle immaginarie linee che attraversano l’area mesopotamica, rendono Mosul uno dei nuclei centrali del Medio Oriente e, per questo, la partecipazione all’operazione contro lo Stato Islamico acquista un simbolismo che trascende dalla battaglia in sé. La partecipazione contemporanea, ma non congiunta di forze sunnite, sciite e curde, della Turchia così come degli Stati Uniti, del governo iracheno e del governo regionale del Kurdistan iracheno (Krg) guidato da Masoud Barzani restituiscono l’immagine di una battaglia non solo per Mosul e contro lo Stato Islamico, ma anche un confronto di potere tra gli attori stessi.
In questo contesto appare particolarmente interessante analizzare il ruolo della componente curda nell’operazione e le differenti strade strategiche intraprese dai diversi gruppi. Nonostante alcuni gruppi come il Partitio della Libertà del Kurdistan (Pak) curdo iraniano abbiano una significativa presenza sul campo nell’avanzata su Mosul, i due principali attori da tenere in considerazione per l’analisi sono il Krg e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) turco.
Questa scelta è dettata sia dalla forza potenziale che i due soggetti possono portare sul terreno sia dalle conseguenze intra-regionali e intra-curde della loro partecipazione. Da un lato, infatti, il protagonismo curdo, a seguito degli sconvolgimenti dell’area, è cresciuto enormemente rendendo indispensabile un dibattito sul riconoscimento politico di questa minoranza. Dall’altro le profonde differenze ideologiche tra il Partito Democratico del Kurdistan (Pdk) alla guida del Krg e l’Unione delle Comunità del Kurdistan (Kck) del quale il Pkk è solo una delle componenti, hanno reso evidente la faglia che attraversa la comunità curda ed il superamento del modello Krg come unica alternativa per lo sviluppo di una autonomia curda.
La partecipazione curda, inoltre, solleva numerose questioni per le problematiche relazioni che intercorrono con gli Stati che partecipano all’operazione. Se, formalmente, dopo anni di dissidi, Baghdad ed Erbil sarebbero giunti ad un compromesso e sarebbe previsto l’ingresso in città solo delle milizie sunnite, escludendo così peshmerga e forze sciite, per evitare uno scontro etnico con la popolazione di Mosul, la questione maggiore è quella relativa alla Turchia. Da un lato, infatti, secondo molte fonti esisterebbero accordi segreti tra Ankara e Krg per un’azione congiunta. Ufficialmente i comandi peshmerga avrebbero riconosciuto di ricevere supporto logistico all’operazione, ma avrebbero negato la partecipazione diretta di truppe turche.
Dall’altro la partecipazione contemporanea di Pkk e Turchia, anche se su fronti diversi, è fortemente osteggiata da più parti. Se Recep Tayyp Erdogan ha ribadito la necessaria partecipazione del proprio Paese all’operazione Mosul per combattere il terrorismo in ogni sua forma, sia esso lo Stato Islamico o il Pkk, l’intera coalizione sembra essere contraria ad una partecipazione dei curdi-turchi all’operazione.
A fronte di una sempre maggiore presenza di membri del Pkk e del Kck in Krg e in tutto il nord dell’Iraq ed alla formazione delle milizie yazide a seguito del massacro di Shengal, queste realtà non sono state attivamente coinvolte nella preparazione dell’attacco Mosul. A riprova di questa scelta, l’assedio della città sarebbe, al momento, parziale, in quanto solo tre lati sarebbero coperti, mentre il quarto fronte, quello rivolto a Shengal ed al confine siriano sarebbe sgombro. Secondo quanto dichiarato da Murat Karayilan, componente del comitato esecutivo del Pkk, questa scelta sarebbe dettata dalla volontà di cacciare lo Stato Islamico da Mosul aprendo un corridoio per i jihadisti verso la Siria e il Rojava.
Parallelamente Karayilan, nella stessa intervista, sottolinea come il Pkk e le milizie yezide siano pronte a partecipare attivamente alla battaglia contro lo Stato Islamico anche se, non necessariamente, nel territorio di Mosul. Oltre al conflitto con la Turchia esiste, infatti, anche una problematica di coordinamento con le forze curdo-irachene. I pregressi dissidi tra Pkk e Pdk in merito alla questione siriana ed al Governo interno allo stesso Krg, nonché l’avvicinamento di Erbil ad Ankara e il valore simbolico di Mosul, infatti, rendono poco plausibile azioni congiunte in questo contesto.
Nonostante tutto questo, il ruolo ricoperto dal Kck e dal Pkk in questo contesto, potrebbe avere un valore superiore a quello legato alle specifiche dinamiche belliche. L’interdipendenza tra gli eventi in atto nel nord della Siria, in Turchia ed in Iraq permette, infatti, ampio margine di azione ad un movimento che, con le proprie conquiste sul campo e con il precedente dell’efficace gestione amministrativa dei territori del Rojava, cercherà di porsi come interlocutore credibile per la futura transizione di tutta l’area. Nena News
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra