Le perdite ci sono, è vero, ma alla protesta importa poco: il petrolio conta meno dei loro diritti e della mancata redistribuzione che da quella ricchezza deriva. Ieri il generale Khalaf, portavoce del premier Adel Abdul-Mahdi, ha stimato sei miliardi di dollari di perdite per il blocco del porto di Umm Qasr per poi minacciare i manifestanti di arresto immediato se bloccheranno ponti e strade. Nena News
Altra giornata di sangue, ma le piazze non smobilitano. La Ue critica la repressione, l’Onu i manifestanti. E il governo minaccia di arresto immediato chiunque blocchi porti e strade
della redazione
Roma, 8 novembre 2019, Nena News – Un’altra giornata di sangue, quella di ieri, in Iraq: la polizia ha sparato ancora sui manifestanti a Baghdad e a Bassora, nel sud, uccidendo undici persone. Cinque uccisi nella città meridionale e sei nella capitale. Almeno 35 i feriti sul ponte Shuhada, a Baghdad.
Eppure si prosegue nella protesta, giunta al 13esimo giorno consecutivo di presidio, ma iniziata il primo ottobre scorso. In centinaia di migliaia continuano a restare nelle piazze della capitale e a bloccare il porto commerciale di Umm Qasr a Bassora, impedendo l’uscita di cibo e beni primari, quelli che l’Iraq importa da fuori per la carenza della produzione interna. Prosegue invece senza grosse interruzioni la produzione di greggio, nonostante la protesta alla raffineria di Nassiriya avesse chiuso all’inizio della settimana le vie di accesso.
La mobilitazione è grande, grandissima, eppure fuori non appare. Un silenzio surreale avvolge l’Iraq con la stampa che ne parlano pochissimo o come nel caso italiano per nulla, con pochissime eccezioni, e i governi europei che non si esprimono. Ha parlato l’Europa, ieri, attraverso Federica Mogherini, alta rappresentante per gli affari esteri: lady Pesc ha condannato l’uso eccessivo della forza da parte della polizia irachena e ha chiesto che «i responsabili degli abusi siano giudicati».
Sono oltre 270 i morti dal primo ottobre, contando le undici vittime di ieri. Migliaia i feriti, mentre non si conosce con esattezza il bilancio degli arrestati. Non sono però stati menzionati dall’inviata dell’Onu per l’Iraq, Jeanine Hennis-Plasschaert. In un tweet mercoledì, senza nominare la repressione, ha criticato i manifestanti per il blocco di porti e impianti petroliferi: «L’interruzione di infrastrutture fondamentali preoccupa molto. Minacciare o chiudere le vie per gli impianti petroliferi e i porti causa perdite di miliardi».