Dopo aver subito la censura sotto il governo di Ahmadinejad, il partito riformista iraniano si ripresenta agli elettori in vista del voto del febbraio 2016 con una nuova formazione, Nedaye Iranian.
della redazione
Roma, 28 febbraio 2015, Nena News – A volte tornano. Cacciati dalla scena politica iraniana senza tanti giri di parole, i riformisti si sono riorganizzati in una nuova formazione: “Nedaye Iranian” (Appello agli iraniani), fondato nel dicembre scorso, ha tenuto il suo primo congresso qualche giorno fa a Teheran. Gli obiettivi, pur sembrando semplici, non sono affatto scontati: vincere le legislative del 2016, ma soprattutto provare a sopravvivere in uno Stato che, dopo averli perseguitati, ha tentato di disfarsene.
Il partito riformista ha cominciato a scomparire dalla scena politica iraniana dopo la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad nel 2009: accusando le autorità di brogli, gli sfidanti riformisti Mir Hossein Moussavi e da Mehdi Karroubi, avevano scatenato l’ondata di proteste, nota come “Onda verde”, che aveva infiammato la Repubblica islamica per mesi e portato alla morte di almeno 80 persone e all’arresto di quasi 5mila manifestanti, secondo i dati di Amnesty International. L'”Onda verde” si era conclusa con un giro di vite sui membri del partito riformista, con Moussavi e Karroubi messi agli arresti domiciliari e decine di attivisti incarcerati.
Alle elezioni parlamentari del 2012, invece, i riformisti avevano optato per il boicottaggio contro la “dura repressione” della protesta del 2009: il risultato era stato un Parlamento quasi completamente privo di opposizione. Alle presidenziali del 2013, invece, i riformisti avevano potuto contare su un unico nome: Mohammed Reza Aref, vicepresidente al tempo del mandato di Mohammad Khatami. Assieme a lui avrebbe dovuto correre anche l’ex presidente riformista Akbar Hashemi Rafsanjani, classe 1934 – che, a detta degli analisti, avrebbe potuto far convergere sulla sua persona i voti dell’elettorato riformista e moderato: la sua esclusione, a detta del Consiglio dei Guardiani della Costituzione – che vaglia le candidature e autorizza i concorrenti – era dovuta all’età.
Ma ora il clima è diverso. Il presidente Hassan Rohani, proveniente dall’ala più moderata tra i conservatori, ha portato più aperture in due anni di qualunque suo predecessore in un intero mandato: non solo nelle relazioni esterne, con l’avvio del negoziato sul nucleare con la comunità internazionale, ma anche all’interno. Sono 15, infatti, i nuovi partiti che hanno chiesto l’autorizzazione a registrarsi al ministero dell’interno nell’ultimo anno. A qualche mese dall’elezione di Rohani, inoltre, è avvenuta la liberazione di Nasrin Sotudeh, avvocatessa per i diritti umani, condannata nel 2011 a 11 anni di detenzione – poi ridotti in appello a 6 – e a 20 anni d’interdizione dalla professione di avvocato per aver difeso numerosi dissidenti arrestati durante le proteste del movimento “Onda Verde” del 2009 e per la sua appartenenza al Centro di Difensori dei Diritti dell’Uomo del premio Nobel per la pace in esilio Shirin Ebadi. Assieme a lei erano tornate in libertà decine di attivisti, mentre le autorità della Repubblica islamica non mollano la presa su Karroubi e Moussavi.
Nedaye Iranian entrerà in una coalizione di circa 20 altri partiti riformisti riunitisi a Teheran lo scorso gennaio e ha annunciato di voler correre alle elezioni legislative fissate per il 26 febbraio 2016: “L’obiettivo finale – ha detto il segretario generale Majid Farahani – è dominare il prossimo parlamento”. Tra i suoi fondatori c’è anche Mohammad Sadegh Kharrazi, consigliere dell’ex presidente riformista Mohammad Khatami ed ex ambasciatore in Francia e alle Nazioni Unite. Kharrazi, che non ha aderito al partito, ha inviato un messaggio di auguri al congresso e dichiarato che tra gli obiettivi c’è “il completo ritorno dei riformisti sulla scena politica iraniana, il supporto per il governo del (presidente Hassan) Rouhani e sostegno tutti coloro che hanno idee riformiste”. Nena News