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Il villaggio, depopolato dalle milizie sioniste nel 1948, oggi ospita tra le sue terre un sito patrimonio Unesco. Ma della presenza palestinese non resta che qualche rovina, sopraffatta da kibbutz e dal Jewish National Fund.

 

foto e testo di Chiara Cruciati

Beit Jibrin, 15 settembre 2015, Nena News – Un villaggio dalla storia antica dimenticato: Beit Jibrin, specchio dei popoli e degli occupanti che hanno attraversato la storia della Palestina, dai greci ai romani, dai bizantini ai crociati, oggi non esiste più.

Depopolato dei residenti palestinesi nel 1948 durante la Nakba (la catastrofe del popolo palestinese, la cacciata dal paese di tre quarti dei suoi abitanti, 800mila persone), ospita tra le sue terre un sito patrimonio dell’Unesco e moschee e chiese antichissime. Ma non si vede, nascosto da un kibbutz, lungo la strada che da Betlemme conduce a Gaza, nascosto dai pini e gli abeti piantati dopo il ’48 dal Jewish National Fund.

Oggi i suoi abitanti originari, quasi tutti appartenenti alla famiglia al ‘Azze vivono come rifugiati in Medio Oriente e in Cisgiordania: il campo profughi di al ‘Azze, a Betlemme, prende il nome dalla ricca famiglia che tanti legami politici aveva con il movimento arabo fuori, tanto da ospitare nelle proprie case anche Gamal Abdel Nasser.

Prima dell’aggressione militare da parte delle milizie sioniste, Beit Jibrin si estendeva su un territorio grande oltre 56mila dunam (un dunam è pari a mille metri quadrati), che andavano da Hebron fino a Gaza. Terre coltivate con olivi, alberi da frutto e cereali di cui vivevano i suoi quasi 3mila abitanti. Oggi, i discendenti di quei 3mila palestinesi trasformati in rifugiati sono oltre 17mila. A tutti loro è impedito il ritorno alla loro terra e alle loro case.

Delle 576 case dell’epoca, ne resistono solo tre, sopravvissute alle demolizioni successive all’operazione militare (ribattezzata Operation Yo’av ed estesa a tutto il deserto del Naqab a metà ottobre del 1948) che ha colpito il villaggio il 19 ottobre di quell’anno: a 5 mesi dalla dichiarazione di indipendenza di Israele, le milizie paramilitari sioniste erano ancora in azione, con l’obiettivo di ripulire definitavamente i pochi villaggi palestinesi ancora abitati. Durante l’Operazione Yo’av Beit Jibrin, come molti altri villaggi dell’area, è stato bombardato dall’alto e colpito con il fuoco d’artiglieria, i cui segni sono ancora visibili nelle tre case ancora in piedi.

Oggi nelle terre del villaggio sorge un kibbutz, Beit Guvrin, costruito già nel 1948, e un parco nazionale a protezione di antiche rovine romane e di grotte sotterranee, tanto belle da diventare patrimonio Unesco. Nena News

 

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