La nostra rubrica sul continente africano vi porta oggi alla scoperta degli usi e costumi di alcuni gruppi etnici che popolano l’Africa: un excursus interessante che racconta bene la ricchezza culturale africana
di Federica Iezzi
Roma, 8 maggio 2021, Nena News –
Mursi, Etiopia
I Mursi, insieme ai Chai e ai Tirma, sono probabilmente gli ultimi gruppi etnici etiopi tra i quali le donne indossano ancora il dhebi a tugoin, ceramiche o dischi di legno nelle labbra inferiori.
Il labbro inferiore di una ragazza viene tagliato, dalla madre o da un’altra donna dell’insediamento, quando raggiunge i 15-16 anni. Il taglio viene tenuto aperto da un tassello di legno finché la ferita non guarisce, usando ottimi unguenti a base vegetale, il che può richiedere circa tre mesi. Spetta poi alla singola ragazza decidere di quanto allungare il labbro, inserendo tappi progressivamente più grandi nell’arco di diversi mesi.
Spesso la dimensione del piatto labiale appare correlata al grado di ricchezza della sposa. Sembra che la pratica di tagliare e allungare il labbro inferiore sia nata come una deturpazione deliberata, progettata per rendere le donne meno attraenti per i commercianti di schiavi. In realtà il piatto labiale indossato dalle donne Mursi è meglio visto come un’espressione dell’età adulta sociale e del potenziale riproduttivo.
Himba, Namibia
Gli Himba rappresentano un’antica tribù di pastori semi-nomadi dell’arido nord-ovest della Namibia, nota per l’uso dell’otjize, una pasta di burro, grasso e ocra rossa, a volte profumata con resina aromatica, che le donne applicano ogni mattina su pelle e capelli, dando loro una tonalità rossa distintiva.
Come pastori, il bestiame è al centro della vita degli Himba, proprio come i loro parenti prossimi, gli Herero, famosi per i copricapi femminili, che assomigliano a corna di bovini.
Al centro di ogni villaggio Himba si trova un recinto dove vengono tenuti giovani bovini, pecore e capre, mentre gli animali più maturi vengono lasciati vagare per la periferia. Ogni mattina, dopo che le donne hanno applicato l’otjize, mungono il bestiame, prima che i giovani del villaggio conducono i capi al pascolo.
Le case degli Himba sono strutture rotondeggianti, costruite con pali ad alberello, legati insieme per formare un tetto a cupola intonacato di fango e letame.
La parte più importante del villaggio Himba è l’okuruwo, o fuoco sacro. Tenuto continuamente acceso, il fuoco sacro rappresenta gli antenati degli abitanti del villaggio, che funge da intermediari per il dio Himba, Mukuru. Di notte, un tizzone del fuoco viene portato nella capanna del capo-villaggio, utilizzato per riaccendere le fiamme al mattino.
Chewa, Malawi
Il popolo Chewa è un gruppo etnico matriarcale di lingua bantu che vive nell’Africa centrale, orientale e meridionale. Preponderanti in Malawi, si trovano anche in Mozambico, Zambia e Zimbabwe. I Chewa sono strettamente imparentati con le tribù nelle regioni circostanti come Tumbuka e Nsenga. Storicamente sono anche legati al popolo Bemba, con i quali condividono un’origine simile nella Repubblica Democratica del Congo.
I Chewa, così come i Nyanja, Tumbuka, Senga, Nsenga, Mang’anja, sono un residuo dell’antico impero Maravi.
A livello internazionale, i Chewa sono noti principalmente per le loro maschere e le loro società segrete, chiamate Nyau, nonché per le loro tecniche agricole. Il Nyau è una società spirituale del popolo Chewa, ben noto per i suoi balli in maschera, Gule Wamkulu, durante giorni festivi, anniversari e funerali.
Le maschere Nyau sono costruite in legno e paglia. e si dividono in tre tipologie. La prima è una maschera a rete piumata, la seconda è una maschera in legno e la terza è una grande struttura zoomorfa in vimini che avvolge tutto il corpo del danzatore, che stereotipa movimenti noti come Nyau yolemba. Le maschere sono rappresentazioni di una grande varietà di personaggi. La cultura Chewa dal 2005 è protetta dall’UNESCO.
San, Botswana
La nota Trance Dance, ancora praticata dalle comunità San, nella regione desertica del Kalahari, è un rituale indigeno mediante il quale si ottiene uno stato di coscienza alterata, attraverso la danza ritmica e l’iperventilazione. È usata per curare le malattie nei singoli individui e per curare gli aspetti negativi della comunità nel suo complesso, come rabbia e controversie.
Il popolo San del Botswana e della Namibia, precedentemente noto come Boscimani, discende da alcuni dei più antichi lignaggi sopravvissuti degli esseri umani moderni.
La trance dance è una pratica religiosa San, attraverso cui molti adulti, uomini e donne, diventano guaritori nelle comunità locali. Danzano in uno stato di rapimento, che spesso include la sensazione di dolore. Gli sciamani sentono l’energia di guarigione risvegliata in loro e la incanalano verso coloro che hanno bisogno di guarigione. Lo fanno toccando gli individui malati generalmente sul busto, ma anche sulle parti del corpo che sono colpite dal disturbo.
I rituali di guarigione appaiono raffigurati in dipinti e incisioni, in grotte e rifugi nella roccia, nei siti di Twyfelfontein in Namibia, Tsodilo Hills in Botswana, Monti del Drakensberg in Sudafrica e Matopos Hills in Zimbabwe.
Tuareg, Mali
I Tuareg sono un antico popolo sahariano descritto fin da Erodoto, che attualmente conta fino a 1,5 milioni di individui. Per oltre 2000 anni questo popolo semi-nomade e pastorale ha gestito il commercio di carovane trans-sahariane, basando la propria economia sull’allevamento del bestiame e sul commercio. Oltre al Mali, abitano le regioni sub-sahariane del Niger, dell’Algeria, del Burkina Faso e del sud della Libia. La loro lingua è il Tamasheq, che ha le sue profonde radici nel Nord Africa, e il loro sistema di scrittura utilizza un’antica cultura geroglifica chiamata Tifinagh, a origini berbere.
La più nota usanza è quella di velare i volti maschili con un panno tinto di indaco, il Tagelmust. Esso dà l’aspetto sia di un velo che di un turbante, che tradizionalmente veniva indossato quando si raggiungeva la maturità sessuale, per allontanare gli spiriti maligni.
La metà del XX secolo ha generato grandi cambiamenti nello stile di vita Tuareg, con la fine del dominio coloniale francese in Africa occidentale e l’istituzione di nuovi Paesi con nuovi confini. La devastante siccità negli anni Settanta, inoltre decimò le mandrie di bestiame, insieme a sconvolgimenti politici e conseguenti vincoli economici.
L’arte tribale Tuareg ancora oggi si concentra su gioielli, pelletteria, ornamenti di selle in metallo e spade riccamente lavorate. Nel corso delle generazioni, gli artigiani Tuareg hanno preservato il simbolismo e la cosmologia del loro ambiente, incorporando la lunga tradizione nei loro gioielli. Nena News
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