Alle elezioni della scorsa settimana per la nomina di 407 membri dell’Assemblea generale del popolo, ha partecipato solo il 30% degli aventi diritto. Pur arretrando, ha vinto il Fronte di Liberazione Nazionale (Fnl). Inascoltate saranno le istanze portate avanti dal movimento di protesta Hirak
di Federica Iezzi
Roma, 19 giugno 2021, Nena News – La scorsa settimana si sono tenute in Algeria le elezioni anticipate per la nomina di 407 membri dell’assemblea generale del popolo, la camera bassa del Parlamento del Paese. Il voto, inizialmente previsto per il 2022, è stato anticipato dal presidente Abdelmadjid Tabboune in risposta alle proteste antigovernative ancora in corso nel Paese.
Tutto ha inizio nel 2019 con la primavera algerina e con le proteste pacifiche del movimento Hirak, in risposta all’annuncio della candidatura dell’allora presidente Abdelaziz Bouteflika per un quinto mandato presidenziale. Le successive dimissioni di Bouteflika, tuttavia, non hanno segnato la fine delle proteste, strettamente connesse ad una revisione completa del sistema politico.
Negli ultimi mesi, le conseguenze economiche legate alle restrizioni causate dalla pandemia SARS-CoV-2 e il crollo dei prezzi del petrolio hanno portato a un aumento della disoccupazione e a una significativa diminuzione del potere d’acquisto degli algerini. A completare il quadro di proteste, balza in politica la recente repressione del governo ai danni delle voci di opposizione, compresi i membri del movimento Hirak. La leadership militare, non disposta a cedere alle richieste del movimento per uno stato veramente civile e democratico, ha tentato di contenere i disordini attraverso vari livelli di repressione e tattiche politiche. E la stessa imminente apertura legislativa segna un ulteriore impegno, del regime controllato dai militari, per allentare le tensioni.
La diretta conseguenza era la previsione di un parziale boicottaggio alle elezioni, da parte della popolazione. Infatti, l’affluenza alle urne è stata stimata appena al 30%, la più bassa mai registrata. Nonostante le promesse di rimanere neutrali, i militari avranno probabilmente voce in capitolo su quali partiti saliranno al potere dopo le elezioni. In Algeria è ancora molto difficile immaginare uno scenario in cui un partito ottenga la maggioranza contro la volontà dei militari. È ancora più improbabile che, a seguito delle elezioni, le dinamiche di potere in Algeria cambino al punto da consentire a un qualsiasi organismo politico di sfidare o controllare i poteri militari.
Circa 24 milioni di aventi diritto sono stati chiamati a votare. Le liste elettorali sono 1.483, 646 di questi sono stati presentati da partiti politici e 837 da indipendenti. Dei 22.554 candidati, 10.468 provengono da partiti politici mentre 12.086 sono indipendenti.Pro-regime e considerati in parte responsabili delle crisi politica ed economica in corso, il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) e il Raggruppamento Nazionale Democratico (RND), hanno guadagnato meno voti rispetto alle elezioni legislative del 2017. L’FLN pur arretrando vince, aggiudicandosi 105 seggi su 407.
Per capire la parte di influenza in parlamento di FLN e RND, saranno da analizzare in particolare le prestazioni dei partiti islamisti algerini, con il capolista Movimento della Società per la Pace (MSP), che determineranno probabilmente la composizione del prossimo parlamento e governo. I partiti islamisti lottano da tempo per ottenere il sostegno popolare in Algeria. Nel 1992, i militari smantellarono il Fronte Islamico di Salvezza (FIS), un partito politico islamista, vicino a vincere le elezioni generali. La mossa innescò una sanguinosa guerra civile, durata fino al 2002. L’eredità del conflitto civile ha spinto gli islamisti ai margini della sfera politica algerina, lasciandoli senza molte opportunità di riprendere il potere. I disordini in corso, insieme alla crisi di legittimità del regime e alla mancanza di un’alternativa credibile, potrebbero sicuramente offrire ai partiti islamisti moderati l’opportunità di acquisire maggiore influenza in parlamento.
Tuttavia, è improbabile che perseguano l’agenda di riforme radicali reclamata dal movimento Hirak. Dunque, tutti i segnali indicano che le recenti elezioni in Algeria non porteranno ad alcun cambiamento o riforma sostanziale. Con le elezioni, il regime non solo mira a placare il movimento di protesta popolare attraverso la composizione di una nuova camera bassa del Parlamento, ma cerca anche di creare l’impressione di avere il sostegno del popolo algerino.
Le previsioni parlano del vero potere ancora in mano ai militari. Di conseguenza, qualsiasi riforma futura sarà molto probabilmente cosmetica, con l’obiettivo di consolidare i poteri del regime placando i manifestanti. In secondo luogo, la maggioranza dei membri del movimento Hirak rimarrà intransigente e l’impasse in corso persisterà, lasciando la repressione come risultato principale.
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