Ennesimo aumento delle bollette, parte delle politiche neoliberiste che Il Cairo esercita in cambio di 12 miliardi di prestito e della sistematica liberalizzazione imposta dal Fondo Monetario. I costi aumenteranno del 26%, i sussidi aboliti nel 2021
della redazione
Roma, 13 giugno 2018, Nena News – Un altro duro colpo è stato sferrato ieri alle classi medie e basse egiziane: il governo del Cairo ha annunciato nuovi tagli ai sussidi sull’elettricità e l’aumento delle bollette per la corrente elettrica. Dietro, la longa manus del Fondo Monetario Internazionale che in cambio di un prestito da 12 miliardi di dollari sta imponendo da due anni all’Egitto riforme di austerity che mangiano i magri salari della popolazione egiziana.
I rincari scatteranno dal primo luglio, un aumento medio del 26%: secondo quanto affermato dal ministro dell’Elettricità Mohamed Shaker, i costi saliranno del 41,8% per le industrie e del 20,9% per le famiglie. I sussidi, aggiunge il ministero, scompariranno definitivamente nell’anno fiscale 2021-2022. Al momento restano per consumi fino a mille kilowatt al mese.
Gli esperti avvertono: i rincari provocheranno un ulteriore aumento del tasso di inflazione, scesa il mese scorso all’11% dopo anni alle stelle. Nel 2017 si erano toccati livelli insopportabili, ben oltre il 30% con picchi sopra il 40% per i beni di prima necessità tra cui cibo e carburante. In contemporanea il valore della sterlina egiziana era crollato del 50%, ingurgitando i salari della popolazione e provocando un grave aumento del tasso di povertà.
Il mese scorso gli aumenti avevano interessato i prezzi della metropolitana del Cairo, provocando proteste spontanee e conseguenti arresti di attivisti. Una protesta ovvia: i costi dei mezzi di trasporto sono aumentati così tanto da intaccare un terzo di uno stipendio medio. Negli anni precedenti era toccato ai sussidi per la farina, il pane e il latte: nelle piazze erano scese le donne, manifestazioni spontanee che spaventano il regime perché spontanee e indipendenti e più difficilmente arginabili. Le ultime a maggio, il mese scorso, con sit in a Giza e Alessandria dopo gli ennesimi tagli ai sussidi sul pane.
Il governo risponde: le riforme fanno crescere il Pil, che ha segnato quest’anno il +5,4% contro il 4,3% dell’anno precedente. Incrementi che però non toccano le classi più povere, le più colpite dalle politiche neoliberiste e di austerity che il Fondo Monetario Internazionale applica sistematicamente nelle società di mezzo mondo, in cambio di prestiti, e che strangolano i lavoratori attraverso la selvaggia liberalizzazione del mercato e la ristrutturazione dei budget statali. Nena News