Il ministro degli interni egiziano difende l’operato delle forze di polizia nelle manifestazioni che hanno avuto luogo nel Paese domenica, nel quarto anniversario della rivolta del 25 gennaio 2011. Nelle proteste 23 persone hanno perso la vita. Diventa un caso politico, intanto, l’uccisione dell’attivista socialista el-Sabagh colpita mortalmente mentre si stava recando a Piazza Tahrir per deporre dei fiori in ricordo dei martiri della rivoluzione.
della redazione
Roma, 27 gennaio 2015, Nena News - Il ministro degli interni egiziano non ha dubbi: l’“azione decisa” delle forze di polizia nelle manifestazioni che hanno avuto luogo nel paese domenica (quarto anniversario della rivolta del 25 gennaio 2011) è stata decisiva per scongiurare un’“altra rivoluzione”.
Intervenendo ad una conferenza stampa al Cairo, Mohammed Ibrahim ha dichiarato che i Fratelli musulmani – movimento islamico dichiarato fuori legge dalle autorità locali nel dicembre 2013 – volevano iniziare “un’altra rivoluzione”. “Se non ci fosse stata l’azione energica della polizia – ha aggiunto Ibrahim – lo stato del Paese sarebbe stato completamente diverso il giorno dopo le proteste”. Secondo i dati trasmessi ieri dal ministero degli interni sono 516 i membri della Fratellanza ad essere stati arrestati nelle manifestazioni di domenica in cui hanno perso la vita 23 persone (tra cui due reclute della polizia) e 97 sono state ferite.
Ibrahim si è anche detto certo che le autopsie sul corpo delle vittime dimostreranno che la polizia non ha alcuna responsabilità sugli omicidi dei manifestanti. Il ministro degli interni ha evidenziato come l’intervento delle forze dell’ordine ha fatto fallire gli attacchi alle stazioni di polizia. “Il periodo dell’assalto alle prigioni e alle centrali di polizia appartiene al passato e non ritornerà più” ha avvertito.
Ibrahim ha poi commentato l’uccisione della trentatreenne Shaimaa el-Sabagh, esponente di spicco del Partito dell’Alleanza popolare socialista ad Alessandria. El-Sabagh è stata colpita mortalmente sabato mentre si stava recando a Piazza Tahrir (luogo simbolo della rivoluzione egiziana del 2011) per deporre dei fiori in memoria dei manifestanti morti durante le proteste anti-Mubarak. Il suo assassinio efferato ha scatenato la rabbia e l’indignazione degli attivisti locali ed ha avuto un’ampia eco mediatica anche in Europa.
Il Partito dell’Alleanza popolare socialista in cui el-Sabagh militava ha accusato la polizia di omicidio premeditato. Incalzato dagli attacchi, Ibrahim si è difeso affermando che se la procura dovesse dimostrare il coinvolgimento di esponenti del ministero degli interni, sarà stesso lui in persona a consegnare i colpevoli alla giustizia. Tuttavia, ha poi tenuto a precisare che gli eventuali reati commessi sarebbero soltanto casi isolati. In pratica la colpa, qualora dovesse essere mai attribuita a qualcuno, sarà solo di qualche “mela marcia” e non di un regime che, da quando salito al potere nel luglio 2013, ha ucciso almeno 1.500 dissidenti.
Ancora molte ombre restano sull’omicidio di el-Sabagh. La polizia sostiene di essere stata attaccata sabato dai manifestanti con dei petardi e nel tentativo di disperdere la furia dei protestanti avrebbe sparato gas lacrimogeni. Accusa rigettata dall’Alleanza popolare socialista che afferma che la marcia era pacifica e che, sebbene non autorizzata, era stata annunciata alla polizia in anticipo.
L’uccisione di Sabagh sta diventando in queste ore un caso politico. In una riunione di emergenza convocata ieri al Cairo, la corrente democratica (DC) – che include il partito di centro-sinistra della Costituzione, il partito socialdemocratico, la corrente popolare nasserista, il partito Karama, l’Alleanza popolare e il partito socialista - ha posto cinque condizioni per partecipare alle elezioni parlamentari in programma a marzo: le dimissioni dell’attuale ministro degli interni Ibrahim; la riforma del suo ministero; emendare la “legge della protesta” che, passata nel novembre 2013, vieta tutte le manifestazioni “non autorizzate”; rilascio immediato di tutti coloro che sono detenuti a causa di essa; una inchiesta trasparente sull’uccisione di Shaimaa al-Sabagh. Nena News