Teheran trova ora l’affare attraente a causa delle ricompense: i benefici economici del commercio e la soddisfazione di rientrare nella comunità delle nazioni. Ma se Teheran si aspetta di essere punita, non importa quanto, allora perché dovrebbe rispettare l’accordo?
di William Spaniel – The Washington Post
Roma, 13 luglio 2016, Nena News – Che cosa accadrebbe se Donald Trump fosse eletto Presidente e stracciasse l’accordo sul nucleare iraniano? Il candidato presidenziale repubblicano ha detto che l’avrebbe fatto, definendo il documento “disastroso”. Un negoziatore duro, ha detto, potrebbe ottenere maggiori concessioni da parte dell’Iran. L’Iran ascolta. Sul suo sito ufficiale, l’ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, ha scritto che se gli Stati Uniti “stracciano l’accordo, [l’Iran] lo brucerà.”
Ma Trump ha ragione? Potrebbe qualcuno essere disposto ad allontanarsi dal tavolo della contrattazione e spingere l’Iran ad accettare condizioni più favorevoli per gli Stati Uniti? O sta semplicemente incoraggiando l’Iran a lavorare in segreto sulle armi nucleari, sapendo che nessuna amministrazione statunitense potrebbe garantire ai suoi successori di considerare vincolante l’accordo – e rendendo in tal modo qualsiasi accordo impossibile da siglare?
La logica dietro gli accordi sul nucleare è un semplice quid pro quo. Un potenziale proliferatore come l’Iran accetta di mettere in pausa o riavvolgere il suo programma nucleare, mentre gli avversari come gli Stati Uniti riducono le ostilità, forniscono incentivi, o entrambe le cose. In teoria, entrambe le parti vincono. Con l’accordo sul nucleare dell’Iran, Teheran riceve la fine delle sanzioni, più sicurezza a breve termine a causa di ostilità ridotte e una minore probabilità di attacco preventivo sui suoi impianti. In più, ottiene l’opportunità di spostare i fondi che venivano spesi per lo sviluppo di armi nucleari verso programmi più produttivi.
Nel frattempo, gli Stati Uniti mettono un freno allo spostamento nell’equilibrio del potere militare che a Teheran sarebbe piaciuto veder proliferare con successo. Fermare questo è un bene per gli Stati Uniti: gli avversari di stati dotati di armi nucleari cedono più frequentemente nelle crisi militari, e l’Iran avrebbe potuto sfruttare un arsenale nucleare per ottenere più obiettivi politici. Ancora meglio, l’affare è riuscito a un costo relativamente basso per Washington: la riduzione delle sanzioni e la restituzione dei beni iraniani sequestrati.
Inoltre, la mia ricerca suggerisce che nelle giuste condizioni, un paese come l’Iran avrebbe l’incentivo a rispettare tali accordi per un lungo periodo. I potenziali stati nucleari, infatti, potrebbero in un primo momento essere tentati dal godere dei benefici a breve termine di un presunto rispetto dell’accordo, mentre segretamente potrebbero continuare a sviluppare armi nucleari. Poi potrebbero finalmente raccogliere i frutti della sicurezza con una bomba completata. Da qui l’affare Iran (e offerte simili di non proliferazione) comprende rigorose misure di controllo.
Infatti, se un simile accordo è strutturato bene, il potenziale proliferatore paga a caro prezzo la violazione dei suoi termini e ottiene numerosi vantaggi per l’adempimento. In questo modo, continuare il programma vale la pena. Ma questo è vero solo se il potenziale proliferatore può contare su ricompense future. Non c’è alcun incentivo a sostenere un accordo se i rivali possono capricciosamente tagliare concessioni, ripristinare le sanzioni, o comunque far saltare la loro parte di accordo. Ecco perché, in una lettera aperta dell’ottobre 2015 al presidente iraniano Hassan Rouhani, Khamenei ha dichiarato che “nuove sanzioni a qualsiasi livello con qualsiasi scusa … saranno considerate una violazione” dell’accordo – e l’Iran dovrebbe riavviare il suo programma nucleare.
Ed è per questo che la minaccia di Trump di strappare l’accordo e rinegoziarlo è una spada a doppio taglio. Supponiamo che l’Iran metta in conto l’eventualità di essere costretto a tornare al tavolo dei negoziati, ora o in futuro. Questo sarebbe un motivo per provare ora a sviluppare un’arma – in modo da avere una migliore posizione negoziale quando arriverà quel momento. I vantaggi della conformità potrebbero non superare più i costi di sviluppo di armi nucleari.
E se l’Iran dovesse farlo, sarebbe una perdita per tutti gli altri. Gli Stati Uniti dovranno rispondere a un più complicato e pericoloso nuovo mondo nell’instabile Medio Oriente. I falchi della politica statunitense non riuscirebbero nel loro obiettivo a lungo termine di impedire all’Iran di diventare una potenza nucleare.
Entrambe le parti devono mantenere i loro impegni o non funzionerà. I politici a Washington si sono preoccupati del fatto che Teheran potesse non mantenere l’accordo. Ma l’impegno bisogna metterlo in due. Teheran trova ora l’affare attraente a causa delle ricompense: i benefici economici del commercio e la soddisfazione di rientrare nella comunità delle nazioni.
Ma se Teheran si aspetta di essere punita, non importa quanto, allora perché dovrebbe rispettare l’accordo? Washington non sarà mai in grado di sradicare la conoscenza nucleare iraniana. Qualsiasi minaccia di rinegoziazione porterà risposte bellicose da parte di Teheran. Minacciare di stracciare l’accordo esistente può creare un Iran nucleare. Nena News
William Spaniel è un borsista postdottorato in sicurezza nucleare presso il Centro per la Sicurezza e la Cooperazione Internazionale della Stanford University e, nel mese di settembre, sarà un assistente nel dipartimento di scienze politiche dell’Università di Pittsburgh.
Traduzione a cura della redazione di Nena News