La crisi attuale non è solo di natura politica e non è legata agli Houthi, ma nasce da problemi politici, economici e sociali tra lo Yemen del Sud e quello del Nord. La complessità del presidenzialismo yemenita, unito alla corruzione, al nepotismo e all’esclusione dello Yemen del Sud hanno determinato una situazione di stallo.
di Abdalhadi Alijla – Presidential Power
Roma, 8 maggio 2015, Nena News – L’annuncio dello stop agli attacchi aerei contro lo Yemen, da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, apre una nuova fase: cosa accadrà dopo? La crisi yemenita non nasce adesso e non è nemmeno una diretta conseguenza delle proteste contro l’ex Presidente Ali Abdulla Saleh, iniziate dopo il 2011, ma si origina negli anni ‘60. A più riprese, il rischio che la situazione degenerasse in scontri violenti era stato tenuto sotto controllo da politiche comuni e dalle forti istituzioni informali che caratterizzano il Paese, fondato su un sistema tribale. Le crisi precedenti, e anche quelle attuali, affondano le radici nel sistema politico, particolarmente nel ruolo attribuito al Capo dello Stato.
Negli anni ‘60, le forze repubblicane di San’a si scontrano per oltre sette anni con quelle realiste. La guerra civile si chiude con la cosiddetta pacificazione nazionale. Dopo la dichiarazione di indipendenza da parte dello Yemen del Sud, nel 1967, scoppiano due conflitti tra sudisti e nordisti, nel 1972 e poi nel 1979. Nel 1982, viene fondato il Congresso Generale del Popolo, la cui priorità è la riunificazione dello Yemen. Il Congresso istituisce anche una nuova commissione e un Consiglio Supremo. Un comitato ministeriale congiunto lavora sinergicamente fino alla riunificazione, nel 1990. Viene stabilito un periodo transitorio di 30 mesi per riorganizzare le istituzioni. L’accordo per l’unificazione prevedeva la decentralizzazione delle istituzioni, la neutralizzazione dell’esercito, un moderno sistema elettorale e nuovi dispositivi di governo locale. I due governi siglano l’accordo ad Amman, nel febbraio del 1994. Già nell’estate dello stesso anno, gli eserciti dei due Paesi si scontrano; dal conflitto escono perdenti lo Yemen del Sud e il partito socialista che lo guida.
Una storia di così forte frammentazione e la proliferazione di milizie su base etnica e dei tribalismi non lasciano ben sperare sul futuro del Paese. I dati raccolti dall’Istituto ‘Varieties of Democracy’ dimostrano una profonda crisi del potere esecutivo in Yemen.L’Istituto ha curato un’esclusiva raccolta di dati sulla democrazia dagli inizi del ‘900 ai giorni nostri. Lo scopo del progetto è di fornire parametri chiari sullo sviluppo democratico per professionisti, accademici e politici. Grazie ai dati raccolti, è possibile misurare l’impatto negativo del potere esecutivo sulla democrazia e sulla pace in Paesi come lo Yemen.
I grafici 1 e 2 descrivono il rispetto della Costituzione nel Paese dagli anni ’50 al 2012. È sorprendente come il Capo dello Stato (Ali Abdullah Saleh) abbia violato gran parte delle norme costituzionali senza conseguenze sul piano legale, dopo la riunificazione con lo Yemen del Sud.Prima dell’accordo di riunificazione nel 1990, lo Yemen del Sud era invece più efficace nel perseguire legalmente le violazioni ai danni della Costituzione. Il secondo grafico dimostra la capacità del Capo dello Stato di avanzare proposte di legge. Secondo i dati raccolti da V-Dem, il Presidente Yemenita poteva legiferare in ogni ambito, o operare di concerto con il potere legislativo.
In una società caratterizzata da forti istituzioni informali, in cui tribalismo, nepotismo e patrimonialismo prevalgono sulle pratiche di buon governo e sul rispetto delle leggi e della Costituzione, il Presidente Yemenita non ha rispettato i principi democratici e costituzionali, ponendo i suoi familiari ai vertici delle gerarchie militari e istituzionali. E non si è limitato a questo: ha finanziato e organizzato truppe paramilitari di fedelissimi, in palese violazione della Costituzione approvata nel 1990, in cui è previsto che il controllo e la gestione dell’esercito siano a esclusivo appannaggio del Ministro della Difesa.
Ancora più sorprendente è l’analisi del livello di vincoli giuridici per gli organi del potere esecutivo (Capo dello Stato, Capo del Governo e Ministri) dopo la riunificazione: il terzo grafico evidenzia come sia diminuito sensibilmente nello Yemen del Sud e in modo più lieve nello Yemen. La spiegazione va ricercata nel fallimento dell’accordo di unificazione. La guerra del 1994 tra Yemen del Sud e Yemen (successiva all’unificazione) si chiude con la sconfitta del partito socialista. Nel periodo post-bellico, le istituzioni governative e formali crollano e il Congresso del Popolo prende il controllo sullo Yemen del Sud. Da quel momento, le modifiche costituzionali sono state formulate sulla falsariga del modello presidenziale (e non di un consiglio presidenziale, come previsto dall’accordo). La nuova costituzione ha dato al Presidente un’autorità totale su tutte le sfere dell’azione politica, anche sul piano giudiziario e legislativo. Con il dilagare della corruzione, il Presidente si è arrogato il diritto di porre familiari e fedelissimi nei posti chiave.
L’attuale crisi nello Yemen non riguarda l’influenza degli Houthi o dell’Iran sulla regione. Se si analizza il rispetto del principio di eguaglianza, si nota un divario enorme tra Yemen del Sud e Yemen. L’esclusione dal potere ai danni degli Yemeniti del Sud ha determinato una crescente insoddisfazione.
“In democrazia, il principio di uguaglianza regola la distribuzione del potere politico tra i vari gruppi sociali, definiti su base religiosa, etnica e così via. Sulla base di questa prospettiva, la garanzia formale dei diritti politici e delle libertà civili non è, di per sé, sufficiente a determinare uguaglianza politica. Idealmente, tutti i gruppi sociali dovrebbero avere lo stesso livello di partecipazione, rappresentanza, potere programmatico, tutela di fronte alla legge, influenza sul potere legislativo e sull’attuazione delle leggi. Lo Stato dovrebbe farsi carico di redistribuire le risorse socio-economiche, la possibilità di istruzione e l’accesso alla sanità per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza politica”.
Dal grafico 4, si evince come lo Yemen del Sud garantisse una maggiore uguaglianza, in passato; dopo l’unificazione, il livello scende a nord come a sud, e ad ampie fasce della popolazione vengono negati i diritti sociali e politici.Il processo di unificazione sembra arenato, e nello Yemen del Sud si leva da più parti il desiderio di secessione: la responsabilità però non è da attribuire alla popolazione, bensì al fallimento del sistema politico (1).
La crisi attuale, dunque, non è solo di natura politica e non è legata agli Houthi o alle riforme politiche; al contrario, nasce da problemi politici, economici e sociali tra lo Yemen del Sud e quello del Nord. La complessità del presidenzialismo yemenita, unito alla corruzione, al nepotismo e all’esclusione dello Yemen del Sud hanno determinato una situazione di stallo. Servirebbe un nuovo sistema politico, con una maggiore partecipazione della popolazione del sud, che attenuerebbe le spinte secessioniste tra gli Yemeniti, cattivo presagio per il futuro del Paese.
(1) http://www.alaraby.co.uk/politics/2014/11/13/اليمن-خيارات-سياسية-وأمنية-أمام-الجنوبيين
*Traduzione di Romana Rubeo
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