Patrizia Cecconi racconta una vacanza in Palestina, ma non solo. Il suo è soprattutto il viaggio “accompagnato” dagli elementi vegetali, ai quali viene dedicata attenzione botanica ed erboristica, in una terra che ama
Roma, 24 aprile 2014, Nena News – “Vagando di erba in erba, Racconto di una vacanza in Palestina” (Ed. Città del Sole) di Patrizia Cecconi, rappresenta il fedele racconto di un viaggio, scandito giorno per giorno, affrontato con spirito leggero a dimostrazione del fatto che la Palestina è, e ha il diritto di essere, anche terra di vacanza. La vacanza, però, non può non tener conto dell’occupazione militare e delle ferite al territorio inferte dall’illegalità israeliana che si manifesta in ogni angolo della Cisgiordania, punteggiandola di insediamenti di coloni e abbattimento di oliveti e agrumeti palestinesi, ed acqua deviata, check point militari, strade riservate ai soli israeliani e il devastante muro di segregazione ad andamento serpentiforme lungo circa 700 chilometri.
Il filo verde che accompagna questi 30 giorni si snoda tra campagne, villaggi e città, monumenti e opere d’arte cogliendo ovunque qualche ciuffo di vegetazione, ma il racconto non è un percorso alla ricerca delle erbe, bensì un viaggio “accompagnato” dagli elementi vegetali, ai quali viene dedicata attenzione botanica ed erboristica con riferimenti frequenti tanto alla bibbia che alla mitologia e continui agganci all’attualità, utilizzando metafore e similitudini.
Il viaggio attraversa città e villaggi raccontandone “le” storie e “la” storia a partire dalla Cananea, l’antica terra preesistente alle invasioni dei popoli che nei millenni successivi l’avrebbero abitata.
Allo sguardo della viaggiatrice che scopre (e descrive) antiche vestigia e monumenti a volte straordinariamente belli, si accompagna quello dell’osservatrice di fenomeni sociali che cerca di capire la cultura e le caratteristiche proprie di questo popolo nella sua quotidianità.
La narrazione è estremamente fedele e per ciò stesso non mostra alcuna benevolenza verso alcune situazioni sgradevoli, anche quando queste derivano da atteggiamenti palestinesi. La scelta di non falsare l’autenticità del racconto, sopprimendo o modificando tali episodi, è alleggerita dal ricorso a una lieve ironia che mitiga, ma non nasconde, le rare situazioni di stampo intollerabilmente maschilista o quelle subdolamente disoneste vissute in questo mese di “vacanza”.
Di quando in quando qualche cenno autobiografico si mescola alla cronaca raccontata perché, insieme al trolley e alla fotocamera, in questo viaggio l’autrice ha portato se stessa tutta intera, con le sue passioni del momento e i suoi ricordi di un passato che questa terra sembra far riemergere per semplici accostamenti, apparentemente banali, ma che hanno la forza di un magnete.
Trenta giorni vivi, riportati in trecento pagine che vogliono raccontare la Palestina della bellezza e del sopruso come fosse un corpo vivente cui la sofferenza non ha potuto togliere il piacere di ridere e la volontà di vivere. La Palestina dove è bello andare in vacanza anche se agli splendidi mosaici di Gerico fa da contraltare la desertificazione della valle del Giordano, o al profumo dei gelsomini risponde il gas soffocante dei lacrimogeni e agli olivi millenari dei Getsemani fanno da contrappeso gli oliveti devastati dall’occupante. Dove la bellezza dei fiori selvatici esplode inaspettatamente come le risate dei bambini dopo uno spavento, e dove spuntano i saber a segnalare che lo spirito degli antichi villaggi è tuttora vivo e parla al viaggiatore che sa ascoltare. Nena News