La poetessa palestinese cittadina israeliana è agli arresti domiciliari. Personalità del mondo della cultura ne chiedono il rilascio e rivendicano il diritto al dissenso politico ed alla libertà di espressione
di Rosa Schiano
Roma, 15 ottobre 2016, Nena News – Personalità del mondo dell’arte e della letteratura – tra cui artisti, scrittori, poeti, intellettuali ed operatori culturali – hanno aderito alla petizione “La poesia non è un crimine”, pubblicata sul sito dell’organizzazione Jewish Voice for Peace a sostegno del rilascio della poetessa palestinese Dareen Tatour e per l’annullamento delle accuse mosse nei suoi confronti. Il trattamento riservato aTatour rifletterebbe, per i promotori della petizione, una politica discriminatoria che viene applicata nei confronti della libertà di espressione degli arabi israeliani.
Tatour è stata arrestata circa un anno fa nel corso di un’incursione delle truppe israeliane nella sua casa di famiglia, nel villaggio di Reineh, vicino Nazareth. Successivamente è stata condannata per “incitamento alla violenza” e “sostegno ad una organizzazione terroristica” con riferimento a dei post da lei pubblicati su Facebook, su Youtube – dove la poesia incriminata viene letta sullo sfondo di immagini di scontri tra giovani palestinesi ed esercito – e ad alla sua poesia.
Dopo tre mesi spesi nelle carceri di Kishon, Damon e Hasharon, Tatour è stata trasferita agli arresti domiciliari fino al termine del processo. Porta un braccialetto elettronico alla caviglia, non può usare il cellulare, il computer, internet né può lasciare l’appartamento se non per sei ore a settimana.
L’accusa tuttavia non specifica il modo in cui in Tatour avrebbe davvero fornito sostegno ad una organizzazione terroristica. Fa persino riferimento al numero degli utenti Facebook, “amici” dell’account di Tatour, dati che non hanno alcuna rilevanza ma che sempre più spesso vengono forniti, sia nelle corti civili sia in quelle militari nei Territori Occupati, in assenza di prove dirette per suggerire che i post incriminati incitino nei fatti ad atti di violenza. L’accusa ha anche fatto riferimento ad una foto profilo con la didascalia “Io sono il prossimo martire” che è stata molto usata dai palestinesi a seguito del terribile assassinio di Muhammad Abu Khdeir e delle esecuzioni extragiudiziali.
La poesia incriminata si chiama, in arabo, “Resisti, mio popolo, resisti a loro”. In essa vi sono riferimenti al colonialismo, agli omicidi extragiudiziali da parte delle truppe israeliane, all’uccisione di bambini palestinesi come Mohammad Abu Khdeir e Ali Dawabshe.
Secondo l’associazione Addameer, l’accusa sembra ignorare il diritto alla libertà di espressione, rivendicato dall’articolo 19 della Dichiarazione Iniversale dei diritti umani secondo cui “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione”. Le autorità israeliane, riferisce Addameer, continuano a violare tale diritto attraverso la criminalizzazione della libera manifestazione del pensiero dei palestinesi sui social media.
Tatour è, di fatti, solo una delle centinaia di palestinesi arrestati per aver pubblicato post politici sui social network. Oltre 400 lo scorso anno, riferisce Jewish Voice for Peace, secondo cui la libertà di esprimere resistenza all’oppressione attraverso la poesia è di per sé un’azione non violenta e non dovrebbe essere criminalizzata.
Secondo un rapporto del centro Hamleh, che si occupa dello sviluppo dei social media, il 2015 ha visto un aumento nel numero di palestinesi arrestati in Israele poiché accusati di “incitamento attraverso i social media”. Un aumento che avrebbe interessato anche i primi mesi del 2016, secondo il Palestinian Prisoners Club.
La trentatreenne Tatour scrive da quando era una bambina. Negli ultimi anni ha pubblicato poesia in arabo, spesso abbinando la fotografia alla scrittura. Che i suoi testi piacciano o meno, per alcuni osservatori i post di Dareen Tatour rientrano nei limiti della legittima espressione artistica ed il suo caso sarebbe un esempio di repressione politica antidemocratica.
Per questo motivo, il suo arresto è stato accolto con disapprovazione a livello nazionale ed internazionale dascrittori, giornalisti, organizzazioni per la pace e da PEN International che promuove la libertà di espressione in tutto il mondo.
Nell’ultima udienza del processo, il 6 settembre, un gruppo di attivisti, tra cui tre membri della Knesset dalla Lista Araba Unita si sono presentati in tribunale in suo supporto. Tatour dovrebbe sedere al banco degli imputati il 17 novembre, mentre un’altra udienza è stata fissata per il 24 novembre. La sua famiglia teme di non ottenere giustizia.
Un caso che rivela la soppressione dei diritti democratici – secondo Haaretz in un editoriale pubblicato a luglio – e che solleva la questione sulla libertà di espressione in Israele. Tatour è “un prigioniero politico di tutto rispetto, tenuta in prigione israeliana ed ora agli arresti domiciliari per aver espresso opinioni e scritto poesie. Questa è una situazione intollerabile in uno stato rispettoso della legge che afferma di essere democratico”, scrive il quotidiano.
Intanto, la settimana scorsa la Corte Militare di Ofer ha condannato il professore 54enneImad Al Bargouthi a sette mesi di carcere ed una cauzione che ammonta a quasi 500 euro. Bargouthi fu arrestato nel mese di aprile sotto regime di detenzione amministrativa, senza accusa e senza processo. È stato poi accusato di incitamento attraverso i post sui social network. Nena News
Rosa Schiano è su Twitter: @rosa_schiano