Con la creazione di una buffer zone egiziana la Striscia di Gaza sarà ancor più isolata dal resto del mondo. Non resta che aspettare il risultato delle nuove elezioni egiziane e quale sarà la linea politica di Al Sisi nel caso in cui ne uscisse vincitore.
Di Rosa Schiano
Rafah (Striscia di Gaza), 8 aprile 2014, Nena News – “Dopo tutto questo peregrinare, mi trovo a Rafah: una città di circa 140.000 persone, il 60% di questi sono profughi, molti di loro due o tre volte profughi. Oggi, mentre camminavo sulle macerie, dove una volta sorgevano delle case, alcuni soldati egiziani mi hanno rivolto la parola dall’altro lato del confine. “Vai! Vai!” mi hanno gridato, perché si avvicinava un carro armato. E poi mi hanno salutata e mi hanno chiesto “come ti chiami?” scriveva, nel 2003, Rachel Corrie, attivista statunintense dell’International Solidarity Movement, uccisa da un bulldozer israeliano nel tentativo di proteggere una casa palestinese dalla demolizione. L’esercito israeliano era impegnato in quel periodo nella creazione di una buffer zone sul confine tra Israele e la Striscia di Gaza.
Dopo il 1948 erano nati diversi campi che avevano accolto i rifugiati provenienti dalle terre occupate da Israele. Durante i primi decenni dell’occupazione israeliana, il governo israeliano tentò di ridurre i campi costruendo case popolari al di fuori di essi, in aree chiamate “Brazil” (a sud di Rafah) e “Canada”, nel Sinai egiziano allora occupato da Israele. Sotto gli Accordi di Pace di Camp David del 1979, i residenti di “Canada” avrebbero dovuto essere rimpatriati nella Striscia di Gaza, ma il processo 20 anni dopo non sarebbe stato ancora completato. Un nuovo progetto residenziale “Canada” fu successivamente realizzato in un’area palestinese sul confine chiamata Tel Al-Sultan. Il confine internazionale delineato dal trattato di pace di Camp David aveva diviso la città di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza, lasciando famiglie ed abitazioni separate a pochi metri dal confine.
Politiche punitive israeliane di demolizione prendevano di mira e distruggevano abitazioni di quartieri, campi, e villaggi per motivi di “sicurezza” o scopi militari. Dal 2000 in Rafah, le demolizioni avvenivano per la necessità di definire i confini e per agevolare il movimento dei mezzi militari israeliani in zone popolate. E così, dal 1971, migliaia di case palestinesi furono demolite nei campi della Striscia di Gaza, compreso in Rafah, almeno 16.000 i palestinesi furono costretti a lasciare le loro abitazioni, almeno duemila di essi furono trasportati in El Arish, nella penisola del Sinai allora occupata da Israele.
Dal luglio del 2013, a partire dalla destituzione del presidente egiziano Morsi, i rapporti fra le forze militari egiziane e le autorità di Gaza sono molto tesi, fino all’arrivo di una totale mancanza di comunicazione fra le due parti. A seguito di numerosi attacchi da parte di militanti islamisti nel Sinai egiziano contro le forze egiziane, soprattutto a partire da settembre, le autorità egiziane hanno iniziato operazioni militari nel Sinai al fine di contrastare i gruppi terroristici che nel frattempo di sono addentrati nei villaggi beduini dell’area. Oltre alle operazioni militari, sembra che le autorità egiziane abbiano iniziato le operazioni per la creazione di una “buffer zone” sul lato egiziano di Rafah.
Un piano per la sicurezza che ha incluso anche la distruzione di migliaia di tunnel sotterranei che collegavano la Striscia di Gaza al territorio egiziano ed attraverso cui la popolazione palestinese riceveva carburante e beni di prima necessità, riuscendo così a sopravvivere al rigido assedio israeliano. Tuttavia le forze egiziane hanno giustificato le operazioni militari affermando che i tunnel consentivano il passaggio di militanti ed armi, nonostante Hamas abbia sempre negato ogni coinvolgimento nell’area del Sinai.
Diverse fonti locali palestinesi ed egiziane hanno riportato che, nel corso di queste operazioni militari, molti villaggi ed abitazioni nel Sinai sono state distrutte dalle forze egiziane.
La buffer zone lungo il confine con la Striscia di Gaza si estenderebbe fino a 300 mt nelle aree abitate e fino a 500 mt di distanza nelle aree disabitate.
Secondo fonti locali, l’istituzione della buffer zone egiziana costituirebbe anche una minaccia per quelle abitazioni palestinesi che erano state separate dal confine internazionale delineato sotto gli accordi di Camp David.
Fonti locali hanno riferito che molte case sono state demolite dall’esercito egiziano e che i bulldozer egiziani siano apparsi spesso senza preavviso, lasciando alle persone poco tempo per lasciare le proprie abitazioni, alcune delle quali sono costruite su più piani. Da parte sua, l’esercito egiziano ha dichiarato di aver demolito abitazioni dove sono stati trovati ingressi per i tunnels sotterranei. Attacchi dei gruppi armati hanno ucciso e ferito nel corso degli ultimi mesi centinaia di soldati egiziani, alcuni dei quali sono molto giovani. Un ultimo attacco, il 2 aprile, ha scosso l’universita del Cairo, un’ esplosione che è costata la vita a due persone mentre cinque sono rimaste ferite.
Mentre le tensioni tra i gruppi armati ed il regime egiziano crescono, l’istituzione di questa buffer zone potrebbe rappresentare un nuovo blocco sulla Striscia di Gaza.
Il valico di Rafah, unica porta verso il mondo esterno per la popolazione di Gaza, è stata chiuso per ameno 50 giorni. Il passaggio è stato riaperto in maniera limitata sabato scorso per tre giorni a pazienti, studenti, residenti all’estero. Nena News
Le foto di questo articolo sono state scattate da Rosa Schiano