Il Forum degli Enti locali ha presentato i risultati del progetto di apicoltura e piante officinali e lanciato proposte per il futuro. Dal console di Gerusalemme l’idea di una riforma dei finanziamenti. Dai municipi palestinesi l’offerta a proseguire nella sinergia
della redazione
Roma, 25 marzo 2021, Nena News – Il grande successo di Bee the Change e la volontà a proseguire nella fruttuosa cooperazione tra enti locali anche attraverso nuove proposte da sottoporre al governo italiano in tema di finanziamenti: sono questi i due elementi emersi dall’incontro virtuale svolto ieri dal Forum degli Enti Locali per la cooperazione internazionale in Palestina. Con il titolo “Il ruolo degli enti locali per la localizzazione dell’Agenda 2030. Esperienze e prospettive future di cooperazione in Palestina”, l’incontro ha dato spazio all’entusiasmo degli attori palestinesi e italiani coinvolti nel progetto Bee the Change, partito nel 2018, finanziato da Aics, promosso da Regione Umbria e organizzato da Felcos Umbria.
Al centro degli interventi l’estrema importanza che in un mondo globalizzato e gestito sempre più dai rapporti tra Stati e istituzioni internazionali ha – al contrario – la collaborazione tra enti territoriali. Una realtà ancora più visibile nell’area mediterranea, popoli accomunati da tradizioni comuni e da comuni problematiche. Tra queste lo sviluppo socio-economico e la sostenibilità ambientale, i due grandi filoni che hanno accompagnato Bee the Change in questi anni di attività tra Ramallah e Jenin nel settore apistico e in quello della filiera delle piante officinali e aromatiche.
Lo ha sottolineato in apertura Lucia Maddoli, vice direttrice di Felcos: «Il nostro obiettivo è promuovere lo sviluppo sostenibile nei nostri territori ma anche in progetti di cooperazione in paesi diversi che condividono la stessa sfida: costruire comunità locali inclusive e sostenibili, rispettose dei diritti delle persone e dell’ambiente. Questo Forum chiude il progetto Bee the Change, i cui risultati evidenziano tre punti di forza: puntare su settori come apicoltura e le erbe officinali che permettono di lavorare sugli aspetti economici, ambientali e sociali dello sviluppo; rafforzare l’amicizia tra enti locali palestinesi e italiani e poi tra Anci e Apla; dare continuità alle relazioni con i partner palestinesi, da Aowa agli enti locali fino alle cooperative degli apicoltori. Tutti indicatori che ci dicono che la cooperazione è efficace».
E lo ha ribadito, in conclusione, come a tirare un filo immaginario, Francesco De Rebotti, il presidente di Felcos: «Queste esperienze in un simile periodo di difficoltà danno il senso delle iniziative che si realizzano. Faccio mio l’appello per cercare un’interlocuzione che permetta di superare il fiato sul collo dei tempi da rispettare. Si deve poter operare in archi di tempo più lunghi. Se esiste un patrimonio in Italia, è quello degli enti locali e del valore del territorio, su cui costruire rapporti ma anche un nuovo sviluppo».
Il ruolo della cooperazione internazionale
Con un videomessaggio si è aperta la sezione del Forum dedicata alle prospettive future e che vede coinvolte le istituzioni italiane: quello inviato da Marina Sereni, vice minista agli affari esteri: «Bee the Change è stato ed è uno dei progetti da portare ad esempio di cooperazione decentrata positiva verso i Territori occupati palestinesi, rivolto a donne e giovani, capace di creare lavoro per le fasce che soffrono di più tradizionalmente e a causa della pandemia. Non solo: interviene in maniera positiva sulla sostenibilità ambientale e l’agricoltura sostenibile, per essere contemporaneamente produttivi e sostenibili ed è stato in grado di costruire un dialogo costruttivo con le municipalità palestinesi».
«La situazione nei Territori palestinesi è molto grave, acuita dalla pandemia. Tra iniziative umanitarie e di sviluppo l’Italia ha investito oltre 40 milioni di euro e siamo leading donors in Europa nel settore della salute con 20 milioni di euro – ha proseguito Sereni – Dal punto di vista politico e del processo di pace, la situazione è in stallo da molti anni anche se negli ultimi tempi, tra ombre e luci, hanno portato novità: gli accordi di normalizzazione di Israele con alcuni paesi arabi e musulmani, la nuova amministrazione americana, l’accordo tra partiti palestinesi per andare a nuove elezioni parlamentari e presidenziali, lo slancio nuovo che cerchiamo di dare a livello europeo alla soluzione a due Stati, molto complessa per l’aumento degli insediamenti e la divisione nel campo palestinese, ma che riteniamo l’unica soluzione praticabile e sensata. Per questo l’Italia sta lavorando insieme alla Spagna a un paper a livello europeo per rilanciare un’iniziativa europea a sostegno del processo di pace israelo-palestinese».
«La cooperazione decentrata può avere un ruolo importante – ha concluso – Nella seconda metà di quest’anno anno è prevista una Conferenza nazionale sulla cooperazione».
Una novità che si aggiunge a quella presentata da Giuseppe Fedele, console italiano a Gerusalemme, una proposta da portare a Roma per una nuova gestione dei finanziamenti della cooperazione internazionale allo sviluppo: «Sto maturando una proposta da sottoporre a Roma, visto che nell’ultimo bando lo spazio era limitato: prevedere una riforma ad hoc dedicata alla cooperazione tra enti territoriali locali italiani e palestinesi, senza che debbano competere con tutti gli altri. Anche perché questi progetti sono un ponte verso le associazioni della società civile palestinese».
«Ho potuto rilevare che gli enti locali palestinesi tengono tantissimo ai rapporti internazionali di qualsiasi natura, che si parli di cooperazione allo sviluppo, di gemellaggi – ha poi spiegato Fedele – E questo è legato all’innata precarietà della situazione locale, di enti che sono chiamati ad amministrare il territorio tra difficoltà dovute all’occupazione. Molti enti locali hanno una forte identità propria che li spinge a guardare a enti locali di altri paesi. Il valore aggiunto della cooperazione degli enti locali è dato anche dal fatto che, proprio per la situazione generale, non sempre l’Autorità Palestinese riesce ad arrivare ovunque, ci sono oggettivi limiti d’azione e spesso i comuni risentono delle periodiche crisi di bilancio che l’Anp deve subire. Ho sentito sindaci di importanti comuni palestinesi sponsorizzare progetti di cooperazione italiani che sapevano in fase di valutazione: dà un’idea di quanto sia importante».
Importante anche per gli scambi che sottende questo tipo di cooperazione “territoriale”, citati dal direttore di Aics di Gerusalemme, Guglielmo Giordano: «La cooperazione tra enti locali è recente, ma molto fruttuosa, soprattutto alla luce dello scambio umano tra Italia e Palestina. Finora abbiamo sei programmi in diversi settori e recentemente ne sono stati approvati altri tre mossi da enti locali dalla Puglia, la Toscana e la Lombardia. La metodologia è importante: il contatto diretto tra comuni, spesso piccoli, italiani e palestinesi ha un grandissimo valore. Difficilmente come cooperazione riuscirremo a inserirci nella grande dinamica che è il problema politico palestinese, ma a livello locale riusciamo a risolvere problemi, a dare soluzioni innovative e pratiche, a migliorare la produzione nell’intera filiera fino al marketing, che a volte è mancante ma che in questo caso è stato eccellente».
Il ruolo degli enti locali
«Le attività della cooperazione hanno un’interconnessione con le attività produttive – gli ha fatto eco Franco Billi, dirigente del Servizio relazioni internazionali della Regione Umbria – La Regione ha una lunga esperienza nella cooperazione internazionale e abbiamo nel nostro piccolo all’attivo pratiche di successo. Che può essere dimostrato anche dal lavoro di collaborazione tra Regione, province e comuni: la cooperazione allo sviluppo risente positivamente di questa sinergia, distinzione dei ruoli e rispetto reciproco. Bee the Change ha funzionato e può essere preso ad esempio per il raggiungimento oggettivo degli obiettivi: il fatto di aver agito su settori sostenibili ha prodotto risultati importanti».
Settori sostenibili che legano Umbria e Palestina e che permettono uno scambio alla pari: «Il tema della cooperazione internazionale e degli enti locali è importantissimo perché possono nascere collaborazioni alla pari, di scambio di buone pratiche – ha infatti spiegato Simone Pettirossi, assessore del comune di Assisi e membro del consiglio direttivo di Felcos – In Palestina ho notato una somiglianza con l’Umbria, terre di olivi e colline, di cui i palestinesi hanno estrema cura, che valorizzano. Questo tema è importante, dunque, perché è bi-direzionale: enti locali che ragionano insieme, si scambiano esperienze».
E proprio dall’esperienza degli enti locali palestinesi ha attinto Bee the Change per portare avanti i due filoni del progetto. Come il comune di Arrabah: «Le nostre condizioni politiche sono diverse da quello del resto del mondo, siamo sotto occupazione e con la pandemia abbiamo affrontato ulteriori sfide – ha spiegato il sindaco Ahmad Arda – Abbiamo contattato i sindaci per sostenere le cooperative, grazie all’esperienza accumulata anche dalla cooperazione con i partner italiani. Abbiamo creato un’infrastruttura per le associazioni per distribuire acqua ed elettricità gratuitamente e per fornire loro le terre per le coltivazioni. Parte del budget del comune è andato alla lotta alla disoccupazione e ora stiamo lavorando a un quartier generale per la cooperativa di apicoltura, aprendo a nuove opportunità per giovani e cittadini».
E se il comune di Assisi ha messo in connessione gli ulivi palestinesi e quelli umbri, il sindaco di Gubbio Filippo Maria Stirati ha puntato sulle produzioni tradizionali nel presentare il progetto di cooperazione per la sicurezza nei cantieri: «La città di Gubbio è città della pietra, molto legata alle costruzioni. Poter entrare in rapporto internazionale con comunità che si occupano di sicurezza e lavorazione edile, di restauro della pietra, è un momento di grande gratificazione. La nostra università dei muratori che raccoglie esperienza di secoli nella manualità della pietra è il simbolo di questa nostra volontà. Il progetto di cooperazione con la Palestina nella sicurezza nei cantieri ha messo in contatto professionisti, ingegneri, competenze nell’ambito dell’edilizia e della sicurezza: un reciproco arricchimento della nostra comunità e di quella delle municipalità palestinesi».
A chiudere idealmente il dibattito sul ruolo degli enti locali sono state le due associazioni che, in Palestina e in Italia, li rappresentano: Apla e Anci. «In questo momento in cui il mondo sta cercando di combattere la pandemia, abbiamo trovato molti amici che ci tendono la mano nonostante le difficoltà – ha raccontato il sindaco di Ramallah, Musa Hadid, anche presidente di Apla, l’associazione degli enti locali palestinesi – Questo forum mostra l’interesse verso la questione palestinese e può essere il primo passo di una cooperazione più lunga e i cui benefici sono reciproci. Crediamo che le autorità locali siano importanti perché le relazioni che creano sono le più stabili e perché permettono di portare la voce dei palestinesi all’interno dei paesi con cui collaboriamo. Su questo progetto si può costruire il futuro: perché il target del progetto sono i settori più marginalizzati e le aree geografiche considerate più vulnerabili; e perché l’agricoltura è parte della lotta palestinese all’occupazione. Per questo invitiamo Felcos a tenerci in considerazione come partner per progetti in futuro, per identificare prossimi eventuali territori che necessitano di un intervento e per individuare le priorità, nell’ambito della sostenibilità e dello sviluppo locale».
Un appello raccolto da Simonetta Paganini, responsabile del dipartimento rapporti con associazioni Ue ed extra Ue dell’Anci: «Dal 2005 lavoriamo con gli enti locali palestinesi con la prima grande rete che ha messo intorno a un tavolo, con il ministero degli esteri, tutti gli enti locali che hanno stretto collaborazioni con città come Betlemme, Jenin, Ramallah, Gerico, Hebron. All’epoca questa importante iniziativa, Ali della Colomba, sosteneva il processo di pace dando rilievo al processo di decentramento in corso nei Territori palestinesi con Apla e lavorando alla pari con enti locali italiani e palestinesi per scambiare competenze e portare aiuto concreto. È importante il ruolo degli enti locali per realizzare l’Agenza 2030, perché chi meglio dei sindaci individua le priorità? L’Agenda è sterminata, ma per avere successo bisogna partire dalle risorse, le capacità e le opportunità che ci sono e dalle criticità da risolvere. Il sindaco sceglie dove destinare un finanziamento e un impegno, garantendo che l’uso delle risorse sia efficace. È fondamentale la responsabilizzazione delle autorità locali nella realizzazione degli impegni internazionali assunti dagli Stati, altrimenti non c’è attuazione. Nella attuale situazione della cooperazione italiana, questo bando per gli enti territoriali è un’opportunità importante ma ha problemi, è divisivo e concorrenziale. Esiste però un altro strumento: Progetto Paese. Per alcuni paesi strategici per l’Italia, si potrebbe mettere intorno al tavolo, come allora, tutti quelli in grado di dare un contributo per collegarli con Apla e con il governo palestinese».
I risultati di Bee the Change
A presentare durante il Forum gli importanti obiettivi raggiunti da Bee the Change è stato il coordinatore del progetto, Alessandro Mancini, che si è fatto accompagnare dalle immagini scattate e registrate in questi tre anni tra Ramallah e Jenin: «Bee the Change è in continuità con una lunga tradizione, sempre con l’obiettivo di supportare la popolazione palestinese. Abbiamo messo in relazione lo sviluppo economico e sociale di categorie definite svantaggiate, giovani e donne, e il rafforzamento di settori produttivi già esistenti con percorsi attivi da tempo. Le nostre scelte sono sempre state condivise con i partner locali, 17 tra pubblici e privati uniti per un obiettivo comune e che da parte loro hanno mostrato grande autonomia» .
«Sull’apicoltura – ha proseguito Mancini – abbiamo lavorato con le cooperative di Ramallah e Jenin e siamo partiti dall’analisi della situazione, della qualità dei mieli e delle cooperative stesse nell’idea di incidere sul lato della sostenibilità ambientale. Attraverso corsi di formazione abbiamo restituito una maggiore sensibilità all’aspetto della sostenibilità. In parallelo abbiamo avvicinato all’apicoltura giovani e donne, soprattutto nelle aree rurali delle due città, come sbocco occupazionale: dall’alta partecipazione è nata una richiesta di finanziamento per avviare otto progetti per piccoli alveari che siamo riusciti a sostenere. Ultimo passo è stato la creazione di centri di assistenza tecnica per apicoltori, la sfida più grande in tempo di pandemia: abbiamo allestito i centri che nell’estate 2020 hanno iniziato il loro lavoro, divenendo punti di riferimento per gli apicoltori membri o meno delle cooperative per la lavorazione, il packaging e la vendita» .
«Altro filone – ha concluso – è quello delle piante aromatiche e officinali, con il sostegno a una realtà storica, l’associazione di donne Aowa. Siamo partiti dal lavbratorio di produzione di saponi già esistente a Jenin per iniziare la produzione di oli essenziali da estrarre da piante coltivate dalle stesse donne. La prima grande sfida è stata individuare i terreni da rigenerare e a cui poter accedere gratuitamente: i comuni di Yabad, Arrabah e Askarkar sono stati fondamentali per individuare ben due ettari di coltivazione dove le donne hanno avviato la coltivazione di 65mila piantine di lavanda, menta e salvia (scelte dopo un’indagine di mercato e sulla base della sostenibilità ambientale). Aowa ha gestito il progetto e ha anche chiesto di rivedere e allargare una delle attività del progetto: supportare e formare alcune associate per la creazione di 80 orti domestici e di produzione di compost nei mesi di pandemia». Nena News