Il progetto del collettivo gazawi nasce con l’obiettivo di mostrare “l’altra Gaza”, non quella veicolata dai media mainstream che richiama soltanto tragedie e dolore
di Giovanni Vigna
Mantova, 7 giugno 2017, Nena News - Spesso quando i media tradizionali parlano di Gaza, la piccola enclave palestinese che affaccia sul Mediterraneo diventa sinonimo di morte, bombe e distruzione. Un luogo comune, una narrazione che il collettivo di artisti “Shababek” rifiuta.
Il gruppo, fondato nel 2003 da Basel El Maqousi, Shareef Sarhan e Majed Shala, crede fermamente nella possibilità del linguaggio dell’arte di rivelare ciò che si trova dietro lo sguardo superficiale dei mezzi di informazione, che diffondono un’immagine negativa e distorta di Gaza. Certamente, questa piccola lingua di terra, abitata da circa due milioni di persone, assomiglia a una prigione a cielo aperto. Ma Gaza – affermano gli artisti palestinesi – è un luogo vivo, con gente che ama la pace, spera in un futuro migliore e cerca la bellezza in tutte le cose.
Come può essere definita l’attività del collettivo “Shababek”? “Lo spazio intorno a noi è limitato – risponde El Maqousi – ci siamo ritrovati insieme per pensare come uscire di qui e raggiungere ciò che c’è fuori. Inoltre abbiamo ragionato su come avremmo potuto aprire piccole finestre e respirare aria fresca. In questo spazio ristretto e angusto che è la Striscia, esprimiamo noi stessi attraverso un linguaggio artistico e culturale, per comunicare con gli altri. Un linguaggio che è parte di noi. Gaza è ricca di dettagli, che noi tentiamo di illustrare usando colori nuovi e intensi”.
Il gruppo “Shababek” (sul sito www.artwfg.ps sono disponibili le biografie degli artisti e alcune opere) è composto da giovani che credono profondamente nella cooperazione collettiva, cercano di sviluppare insieme gli aspetti legati alla creatività e si ispirano alla più recente arte contemporanea. Ciò consente loro di mettere a frutto le proprie abilità. “Le idee e le riflessioni del collettivo – ricorda El Maqousi – giungono a una sintesi, che viene portata all’attenzione del pubblico grazie alla promozione periodica di incontri, mostre e workshop, ai quali partecipano artisti locali e internazionali. Ciascuno di loro è intervenuto nell’ambito di numerosi eventi in giro per il mondo”. Il linguaggio dell’arte è in grado di illustrare e far conoscere ciò che accade a Gaza. I fondatori del sodalizio artistico sono convinti che, con i loro strumenti, sia più facile ed efficace comunicare con persone di differenti culture.
Nel 2009 “Shababek” ha ricevuto un finanziamento dal Ministero della Cultura Palestinese, che ha permesso di aprire il primo studio digitale nella Striscia, una struttura aperta ai giovani, e di organizzare un’esposizione a tema. Così gli artisti gazawi hanno lanciato il progetto “Windows from Gaza”, con l’obiettivo di creare una finestra aperta sul mondo e di mostrare “l’altra Gaza”, non quella veicolata dai media “mainstream” che richiama soltanto tragedie e dolore. “Vogliamo diffondere l’immagine di un luogo e di un popolo vivo – spiega El Maqousi – “Windows from Gaza” è anche un forum dove sviluppare la nostra arte, imparare e scambiare esperienze”. La mostra con le opere degli artisti gazawi è stata allestita recentemente a Napoli (24 maggio-6 giugno) nella chiesa di San Severo al Pendino, organizzata in collaborazione con la Onlus Fotografi Senza Frontiere e con il Centro Italiano di Scambio Culturale Vik, che ha sede nella Striscia.
El Maqousi ricerca la bellezza nella pittura, nella fotografia e nell’arte visiva: “Sto tentando di trovare la vita che rimane nascosta nel racconto dei media e che si trova dietro ciò che gli altri possono vedere, condividendo tutto ciò con il pubblico grazie al filtro dell’arte”. Quali emozioni risveglia la parola Gaza? “La mia patria è la Palestina, di cui la Striscia fa parte – afferma l’artista – noi palestinesi amiamo la vita, cerchiamo la pace e siamo orgogliosi quando sentiamo pronunciare il nome del nostro paese ovunque nel mondo”.
I dipinti di El Maqousi e degli altri membri di “Shababek” sono ricchi di colori vivaci e brillanti. La scelta, non casuale, è legata a una visione del mondo che porta le persone ad apprezzare ciò che offre la vita, nonostante tutto. “Amate la vita, apprezzate la morte, ma cercate di estrarre la bellezza da ciascuna di esse – sottolinea El Maqousi – questa è la lezione che ho imparato dal mio insegnante di nazionalità siriana e tedesca, Marwan Qassab Bashi, che ho incontrato ad Amman nel 2000, nel 2001 e nel 2003, grazie a numerosi workshop dedicati all’arte contemporanea. Il mio obiettivo è e sarà sempre questo: valorizzare l’esistenza, essere felice e trasmettere messaggi positivi”. Una filosofia di vita che consente a El Maqousi di opporsi all’occupazione israeliana: “Solo così potrò resistere all’ingiustizia. È l’unico modo che conosco”. Nena News
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