La pittrice palestinese rappresenta aspetti dell’infanzia e dell’adolescenza femminile rimandando a motivi della vita in Palestina. Le decorazioni testuali, che accompagnano le immagini, determinano la persistenza del sogno (la sua terra libera dall’occupazione israeliana) e la perseveranza della memoria collettiva
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 14 novembre 2016, Nena News – Manal Deeb, artista palestinese e americana, presenta, in questi giorni, le sue tele all’Art Festival di Vienna. In occasione dell’inaugurazione dell’ultima mostra, all’Oman Library di Washington DC, il pubblico ha avuto l’opportunità di interagire con l’artista, all’interno di uno spazio dedicato al dibattito e alle questioni legate all’arte. A questo primo incontro “americano” ne sono seguiti altri, ad esempio, all’Arab American National Museum di Dearborn, e alla St.Paul Chapel di New York. Terminate le date negli Stati Uniti, Manal Deeb è approdata a Londra, poi al Cairo, a Delhi e a Vienna.
La sua pittura è plasmata dall’esperienza di vita nei Territori occupati, non a caso, gli ultimi lavori sono autoritratti impreziositi da versi di poesie in arabo, che fotografano aspetti dell’infanzia e dell’adolescenza femminile e rimandano a motivi della vita palestinese.
Ad arricchire la sua arte pittorica interviene la fotografia, la calligrafia araba, la musica e i versetti coranici. La sua ultima mostra, Metaphors, che sta per “Metafore Visive del Ricordo” è una sintesi di linguaggi espressivi e sperimentazioni realizzati con l’ausilio dei nuovi media. Le immagini create sono l’effetto di un collage di volti quotidiani e fotografie storiche, mentre le espressioni dei primi piano, a colori e in bianco e nero, completano il significato di passi di opere riprodotte in arabo. Manal Deeb, desidera, attraverso il mezzo pittorico, raffigurare la sua triplice identità, palestinese, americana e musulmana, dichiarando più volte che, la maggior parte delle sue collezioni sono private e lo è anche questa: un’arte grezza, non limata, che nasce dal disorientamento, dalla spersonalizzazione e dal trauma prodotto dalla diaspora.
Sulle tele sono impressi i segni della tradizione palestinese, sebbene attraversate da uno stile moderno e metropolitano. Le emozioni che intendono suscitare, vanno dalla nostalgia, alla sofferenza per l’allontanamento dalla propria cultura, fino al desiderio di costruire, per mezzo dell’arte, una Palestina “eterna”, universale, portatrice dei valori di un popolo. Manal Deeb pare distaccarsi dal reale per inseguire la sua vocazione artistica, al fine di abbracciare la diversità inscritta nelle storie di vita e raccontarla.
Il contatto con la tela bianca contribuisce a generare un rapporto diretto col subconscio, che la induce a tradurre, in linguaggio estetico, il turbamento causato dalle emozioni e dai ricordi passati. L’arte nasce come alternativa e strumento di ricerca dell’appartenenza identitaria. Tale prerogativa è evidente dai materiali adoperati nel processo artistico: pezzi di legna, stoffe, ricami e oggetti quotidiani, ricollocati e trasformati in tracce visibile di vita vissuta.
La sua visione dell’arte, individua il momento creativo come l’inizio di una sfida volta a far dialogare il noto e l’ignoto. I soggetti fissati da Manal, descrivono le sue radici, mentre le decorazioni testuali, sovrapposte alle immagini, determinano la persistenza del sogno (di una Palestina libera), e la perseveranza della memoria collettiva. Le sue “Metafore” sono una narrazione resa dalle immagini e dalle parole, che ricrea, visivamente, l’universo personale dell’autrice.
Negli ultimi anni, Manal Deeb, adopera i mezzi tradizionali e le nuove tecnologie nelle fasi del processo artistico, stimolando una costante dialettica tra tradizione e innovazione nel linguaggio della pittura – intesa come reazione al cambiamento e agli eventi della vita. Una delle sue creazioni, in particolare, è stata scelta per disegnare la cover del CD, Fix Me Deeper, nato dalla collaborazione tra Genre Peak, Manal Deeb e Richard Barbieri, laddove Genre Peak alias Martin Birke, è percussionista elettronico, compositore di musica sperimentale e ambient, mentre Richard Barbieri è un componente della band Porcupine Tree.
Fix Me Deeper è un singolo contenente quattro brani, uno dei quali è cantato in lingua araba da Manal. Il messaggio dei musicisti è un’invocazione a sopravvivere appoggiandosi alla fede – in qualunque cosa – e alla propria tenacia. Il lavoro è l’espressione della dimensione musicale di Genre e Richard, che ruota attorno all’elettronica e al synth (sintetizzatore), e del linguaggio figurativo di Manal. Nena News