Secondo un tribunale di Riyad, gli imputati avrebbero avuto legami con membri dell’Intelligence iraniana a cui avrebbero passato informazioni definite “sensibili. Teheran, però, nega di avere legami con loro

Migliaia di manifestanti sciiti protestano contro le autorità saudite nella parte orientale del Paese lo scorso gennaio
della redazione
Roma, 22 febbraio 2016, Nena News – Torna il “pericolo iraniano” in Arabia Saudita dopo che un tribunale di Riyad ha processato ieri 32 persone per spionaggio a favore dell’Iran. Secondo l’accusa, gli imputati (30 dei quali appartengono alla minoranza sciita del Paese) avrebbero avuto legami con membri dell’Intelligence iraniana a cui avrebbero passato informazioni definite “sensibili”, avrebbero provato a sabotare gli interessi economici sauditi, “minando” la coesione della comunità sunnita, istigando alla lotta settaria e compiendo “alto tradimento” al re Salman. Gli accusati avrebbero inoltre partecipato alle proteste anti-governative della minoranza sciita avvenute nella regione di al-Qatif nella parte orientale del Paese. Secondo la televisione panaraba al-Arabiya, i 32 sono stati incriminati anche per possesso di libri e pubblicazioni “proibite”.
Poco si sa sull’identità dei detenuti. Secondo la stampa saudita, tra gli imputati figurerebbero anche un anziano professore, un pediatra, un banchiere e due religiosi. La maggior parte di loro proviene dalla regione saudita di al-Ahsa dove risiedono circa metà dei membri della minoranza sciita del Paese. La notizia del loro processo ha subito scatenato le proteste dei cittadini sciiti che denunciano da tempo di subire politiche discriminatorie da parte di Riyad. Gli arrestati, in base a ciò che riferiscono, sono figure molto conosciute all’interno della loro comunità e non svolgono attività politica.
Il processo che si è aperto ieri – il primo contro sauditi accusati di spionaggio negli ultimi decenni – esacerba le già tesissime relazioni tra sauditi sunniti e quelli sciiti visti, quest’ultimi, tout court come la longa manus dell’Iran nella monarchia wahhabita. Al momento Teheran mantiene un profilo basso preferendo non commentare la notizia. Nel 2012 la repubblica islamica negò di avere avuto legami con gli arrestati.
Non si registrano al momento scontri nelle città a maggioranza sciita nella parte orientale del Paese dove è forte il malessere e il disagio sociale a causa delle politiche discriminatorie di Riyad. Malessere che aveva trovato espressione in diverse proteste violente contro le autorità locali a inizio anno quando la magistratura saudita condannava a morte 47 persone in 12 città dell’Arabia Saudita. A scatenare la rabbia della minoranza religiosa era stata allora, in particolare, la pena capitale eseguita contro il religioso sciita Shaykh Nimr Baqr an-Nimr, carismatico leader nelle proteste anti-governative che si registrarono nella provincia orientale del Paese nel 2011.
Il processo ai 32 detenuti – e le ripercussioni che esso potrebbe avere soprattutto in caso di condanna a morte degli imputati – va inserito all’interno della più ampia lotta regionale tra l’Arabia Saudita e l’Iran . Oltre alla “minaccia” interna rappresentanta dalla minoranza sciita nelle zone orientali del Paese, Riyad e Teheran si scontrano nello Yemen (dove i primi sono a capo di una coalizione di stati sunniti, mentre i secondi sostengono i ribelli houthi), Bahrein (dove re Salman appoggia la monarchia sunnita di al-Khalifa in un paese a maggioranza sciita) e Libano (dove re Salman appoggia diversi settori del mondo politico locale in chiave anti-Hezbollah). Laddove però in questi stati lo scontro resta ufficialmente per procura, diventa sempre più guerra aperta in Siria e Iraq dove Riyad finanzia e arma gruppi islamisti di opposizione al regime di al-Asad (alleato di ferro di Tehran) eh ha rapporti quanto mai ambigui con gruppi sunniti che combattono Baghdad e le milizie sciite sostenute dall’Iran. Nena News
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