Erano state arrestate la scorsa estate e sono accusate di aver promosso il diritto delle donne a guidare, di aver danneggiato gli interessi nazionali e di essere agenti di intelligence straniere
della redazione
Roma, 3 maggio 2019, Nena News – Le autorità saudite hanno rilasciato 4 attiviste per i diritti umani arrestate la scorsa estate in attesa. A dirlo è stata ieri ALQST, una ong saudita di stanza in Gran Bretagna. “Hatoon Al-Fassi, Amal Al-Harbi, Maysaa al-Manea, and Abeer Namankani sono libere temporaneamente” ha scritto l’organizzazione non governativa sul suo account di Twitter. Non è chiaro al momento se tra le donne rilasciate ce ne sia anche una quinta. Il governo saudita per il momento non ha commentato la notizia.
Con la decisione di ieri, le attiviste liberate in attesa del processo salgono a 7: altre tre, Rokaya al-Muhareb, Aziza al-Yousef e Eman al-Nafjan, sono infatti uscite di prigione a marzo. Per quest’ultime un tribunale saudita spiegò di averle rilasciate “dopo aver studiato le loro richieste”. Tuttavia, precisò, che avrebbe continuato a studiare i loro casi e che la loro libertà sarebbe stata condizionata dalla loro presenza alle udienze fino al termine del processo. Le donne sono state arrestate nell’ennesima campagna repressiva contro i dissidenti politici lanciata dal principe ereditario Mohammed bin Salman. Secondo quanto ha sostenuto il procuratore generale lo scorso maggio, le attiviste hanno promosso il diritto delle donne a guidare in Arabia Saudita, danneggiato gli interessi nazionali ed essere “agenti di ambasciate” (straniere).
Parole prive di fondamento per le organizzazioni per i diritti umani che hanno chiesto alle autorità saudite di far cadere immediatamente i capi d’accusa contro di loro. Secondo gli attivisti e diversi diplomatici, questi arresti vogliono mandare un messaggio chiaro: non andare al di là dell’agenda politica stabilita da bin Salman. Chiamato in causa, il principe ereditario si è difeso sottolineando invece come le donne siano agenti dell’intelligence di Qatar e Iran.
Le ong accusano inoltre le autorità saudite di aver messo le attiviste in isolamento e averle sottoposte a scariche elettriche, a colpi di frusta e ad aggressioni sessuali. I fratelli dell’attivista Loujain al-Hathloul – tra le detenute più note – hanno denunciato di aver subito pressioni da parte di persone vicine alla casa regnante affinché non fossero rese note le sue condizioni di detenzione. Hathloul è tra colei che sostiene di essere stata torturata e molestata sessualmente in carcere.
Accuse che Riad ha sempre negato. Il processo contro le attiviste è iniziato a marzo ma non si è celebrato per quasi un mese. A spingere per la loro liberazione sono anche alcuni governi occidentali: sorprendente e ipocrita il loro sostegno se si pensa che sono solitamente silenti di fronte alle sistematiche violazioni dei diritti umani da parte dei sauditi.
Ma la presunta “apertura” (temporanea) giunta ieri da Riad non deve far dimenticare che la campagna repressiva contro i dissidenti è sempre in azione: recentemente le autorità locali hanno arrestato nove scrittori e accademici che si erano schierati a favore delle attiviste (tra gli arrestati anche due cittadini statunitensi). Questa campagna d’arresti è la prima da quando è stato brutalmente assassinato lo scorso ottobre all’interno del Consolato dell’Arabia Saudita di Istanbul il giornalista dissidente Jamal Khashoggi. Nena News