Negli ultimi mesi Riyad sta usando il pugno di ferro contro i sauditi che si recano in Siria a combattere nelle formazioni jihadiste o che le sostengono all’interno del regno. Il rischio di “ripercussioni” interne è molto alto.
della redazione
Roma, 8 maggio 2014, Nena News – L’Arabia Saudita ha arrestato una “cellula terroristica” collegata a gruppi qaedisti in Siria, Iraq e Yemen che stava pianificando attacchi contro “strutture governative e interessi stranieri” e mirava a compiere “omicidi su larghe scala”. A riferirlo è stato due giorni fa il portavoce del Ministero degli Interni saudita, Mansour al-Turki. Al-Turki ha affermato che Riyad ha arrestato 62 presunti affiliati al gruppo (inclusi tre stranieri). Sono stati inoltre fermati anche 35 sauditi già detenuti precedentemente per accuse di terrorismo ma che erano stati alla fine rilasciati.
Secondo al-Turki, i membri dell’organizzazione hanno “legami con elementi estremisti siriani e yemeniti”. Le autorità saudite stanno al momento ricercando altre 44 persone accusate di reati simili. Il gruppo avrebbe avuto un filo diretto con lo “Stato islamico in Iraq e Levante” (Isis), il più forte gruppo jihadista attivo in Siria e in Iraq. Al-Turki ha detto che i componenti del gruppo sono stati rintracciati grazie alle loro “attività sospette sui social network”.
Il portavoce del Ministero ha anche aggiunto che le forze di sicurezza di Riyad hanno smantellato una fabbrica usata per preparare esplosivi e detonatori elettronici e sequestrato circa un milione di riyal sauditi (poco più di 260.000 dollari). Gli arrestati sono accusati di contrabbando di persone e armi attraverso il confine che divide l’Arabia Saudita dallo Yemen.
L’annuncio del Ministero degli Interni viene mentre aumentano nel Regno le preoccupazioni per una “rappresaglia interna” dei gruppi jihadisti impegnati in Siria nonostante Riyad stia finanziando da più di tre anni i ribelli che combattono il Presidente siriano Bashar Assad.
Lo scorso mese le “dimissioni” del Capo dell’Intelligence saudita, il Principe Bandar bin Sultan, hanno rappresentato un cambio di rotta nella strategia saudita in Siria. Bandar aveva investito tempo e fondi per organizzare le principali formazioni islamiste anti-Bashar Assad. A lui si doveva alla fine della scorsa estate la nascita del “Fronte islamico” che racchiude le principali milizie islamiste. In questo modo l’ex capo dell’Intelligence era riuscito a ridimensionare il ruolo dei Fratelli Musulmani e dell’Esercito libero siriano (Els), sostenuti dal rivale al-Qatar.
Ma le sue ultime mosse avevano allarmato sia l’Amministrazione Usa (contraria almeno a parole a finanziare e armare gruppi qaedisti) ma anche gli stessi vertici sauditi. Questi ultimi, preoccupati che l’aiuto ai gruppi estremisti possa rivoltarsi contro la stessa Riyad, da tempo lavorano per impedire ai sauditi di recarsi in Siria.
Ai sudditi del regno wahhabita è ufficialmente proibito “partecipare e istigare a combattere in altri paesi” così come a partecipare a manifestazioni in sostegno di una fazione piuttosto che di un’altra. Il principale interprete di questa nuova politica estera è il Principe Mohammed bin Nayef. Questi, forse memore di cosa accadde quando giovani sauditi tra cui Osama Bin Laden furono autorizzati ad andare a combattere i sovietici in Afghanistan negli anni ’80, ha scelto di punire duramente chiunque si rechi a combattere in Siria.
Lo scorso marzo Riyad ha pubblicato una “lista dei gruppi terroristici”. Tra le organizzazioni figurano il qaedista Fronte al-Nusra (attivo in Siria), la Fratellanza Musulmana. Tra i gruppi sciiti vi sono i ribelli Huthi (nel nord dello Yemen) e il poco conosciuto Hezbollah saudita. Secondo gli analisti questi ultimi due gruppi potrebbero essere collegati all’Iran.
Il rischio di un ritorno del terrorismo jihadista in Arabia Saudita non è privo di fondamento. Il Paese è stato travolto da un’ondata di attacchi terroristici tra il 2003 e il 2006. Alcuni membri locali del network estremista si sono fusi con i jihadisti yemeniti formando “al-Qa’eda nella Penisola araba” (Aqap) che ha base in Yemen ed è considerata in occidente come tra le più pericolose reti terroristiche di stampo islamico.
Nelle ultime settimane droni americani e arei da guerra yemeniti stanno bombardando le aree yemenite in cui è debole il governo centrale e l’Aqap domina incontrastata. I bombardamenti hanno fatto finora decine di vittime tra i qaedisti (anche se non è esclusa tra di loro la presenza di civili). Riyad ha provato ad arginare il fenomeno interno del terrorismo non solo attraverso uccisioni ed arresti. I programmi di riabilitazione ed educativi per i jihadisti hanno prodotto in certi casi ottimi risultati. Ma, come lo stesso al-Turki ha dichiarato, questa soluzione non può essere efficace al 100%. Tuttavia, ha aggiunto, sono la migliore alternativa per arginare il terrorismo interno. Nena News