Le elezioni “farsa” per l’Occidente e l’Opposizione siriana sono iniziate stamane per coloro che non risiedono in Siria. Grande entusiasmo a Beirut. Elezioni vietate in Francia, Germania, Belgio ed Emirati Arabi Uniti. Intanto gli Usa sarebbero pronte ad addestrare “ribelli siriani selezionati”.
di Roberto Prinzi
Roma, 28 maggio 2014, Nena News – Oggi i cittadini siriani che vivono all’estero hanno incominciato a votare per le elezioni presidenziali. Gli elettori devono scegliere tra tre candidati: il Presidente Bashar al-Assad (il sicuro vincitore) e due sconosciuti rivali Maher Abdel Hafiz e Hassan Abdallah al-Nuri. Le operazioni di voto non avranno luogo in Francia, Germania, Belgio ed Emirati Arabi Uniti. Le elezioni, infatti, sono definite dall’Occidente e dall’Opposizione siriana una “farsa” volta a legittimare il “macellaio” e “dittatore” Assad. Andrebbe chiesto a Parigi e Berlino quale sono i loro criteri per giudicare una elezione come una “farsa”. Se lo è (giustamente) quella siriana, come giudicare quanto sta avendo luogo in Egitto in queste ore (soprattutto dopo la decisione di ieri di prolungare di un giorno le elezioni per la bassa affluenza)? E quando la mattanza di oppositori merita lo sdegno europeo? Non ci risulta che gli egiziani residenti nei tre Paesi europei abbiano avuto grosse difficoltà a votare nelle ambasciate.
Ad ogni modo, secondo l’agenzia di stampa siriana Sana, i siriani residenti in Iran, Russia, Yemen, Cina, Libano, Malesia, Venezuela, Giordania, Sudan, Oman, Repubblica Ceca, Bielorussia, India non dovrebbero avere problemi a votare nelle ambasciate del loro Paese. Urne aperte dalle 7 del mattino alle sette di sera.
Traffico in tilt e strade invase da gente festante in Libano dove si contano più di un milione di rifugiati. L’ambasciatore siriano nel Paese dei Cedri, Alì Abdel Karim, ha detto all’Agenzia di stampa locale che il voto potrebbe essere prolungato di qualche ora così che tutti possano votare. Le strade nei pressi dell’Ambasciata siriana a Beirut sono completamente paralizzate e migliaia di persone hanno raggiunto a piedi l’edificio e si ammassano fuori le sue porte.
L’esercito libanese ha eretto delle barriere per motivi di sicurezza e sta sequestrando qualunque oggetto che potrebbe essere usato come arma. Persino le bandierine siriane che hanno alcuni elettori. Molti siriani hanno detto alla tv al-Mayadeen di essere stati picchiati dalle forze di sicurezza. Da una prima ricostruzione sembra che gli scontri sono iniziati quando gli elettori avrebbero provato a spingere i soldati libanesi per entrare nell’ambasciata. Nel tentativo di allontanarli, i soldati li avrebbero manganellati. A causa della calca, della tensione e del caldo, diverse persone sarebbero svenute.
Nonostante le difficoltà organizzative, è grande la gioia di chi si sta recando alle urne. Il voto, ovviamente, è scontato. Ahmed al-Alì indossa una t-shirt con l’immagine del Presidente Assad e sventola la bandiere siriane. Intervistato dal New York Times, ha detto “il mio sangue è di tipo Bashar [al-Asad, ndr]”. A fargli eco è Abraham Dekermenjian, un armeno siriano. “Sono venuto per votare il Presidente Bashar al-Asad perché lo amiamo ed è un bravo uomo”.
Clima meno festoso ad Amman in Giordania. Secondo l’Associated Press, una dozzina di persone si è radunata fuori l’ambasciata siriana protestando per il voto. Uno dei manifestanti aveva in mano un cartellone su cui era scritto: “Chi vota, non ha morale”. Ma anche qui non tutti sono dello stesso avviso. Lima Darazini ha votato per al-Asad “perché eravamo abituati ad essere sicuri durante il suo governo e perché noi lo amiamo”.
Ma la gioia che si vede fuori l’ambasciata siriana in Libano stride con la dura realtà siriana quotidiana. E’ un insopportabile insulto per chi, intrappolato in quello che era un bellissimo Paese, celebra non un voto ma la sopravvivenza propria e della sua famiglia. Nella sola giornata di ieri sarebbero morte in Siria 206 persone secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani, Ong di stanza a Londra e vicina all’Opposizione. Di questi, 54 sarebbero civili. Ad essere colpita ieri dal regime è stata anche la seicentesca sinagoga Eliyahu Hanavi nel quartiere Jobar a Damasco. Una giornata tragicamente normale in Siria anche ieri. Dove la fine dei combattimenti sembra un sogno irrealizzabile. Un miraggio.
Ieri un quotidiano statunitense ha scritto che il Presidente Usa Barak Obama autorizzerà le truppe americane ad addestrare “selezionati” ribelli siriani in modo da contrastare gli estremisti di al-Qa’eda. “Selezionati” un nuovo sinonimo di “moderati” con cui gli “Amici della Siria” (tra cui l’Italia) chiamano i ribelli non fondamentalisti (ovvero l’Isil ed il Fronte al-Nusra). Peccato che gli smemorati occidentali dimenticano che da tempo i “selezionati” hanno rapporti quanto meno ambigui con al-Nusra, l’unica formazione qa’edista ufficialmente riconosciuta dal capo di al-Qa’eda al-Zawahiri. La Casa Bianca non ha confermato né smentito la notizia, ma ha ha detto di “considerare continuamente tutte le opzioni a disposizione per combattere la minaccia terroristica che proviene dalla Siria e facilitare così la fine della crisi”. Fine della crisi con altre armi. Bizzarra teoria. Quantomeno opinabile. Nena News