Lo Stato Islamico rivendica gli attacchi di ieri sera a tre moschee e al quartier generale Houthi: tra le 30 e le 50 vittime. Nessun progresso al negoziato di Ginevra.
della redazione
Roma, 18 giugno 2015, Nena News – In Yemen il Ramadan si è aperto con una carneficina: ieri sera a poche ore dall’inizio del mese sacro dell’Islam quattro autobomba sono esplose nella capitale Sana’a uccidendo tra le 30 e le 50 persone. Colpite tre moschee e il quartier generale del movimento ribelle Houthi, che da settembre ha occupato Sana’a e i centri del potere.
Due auto erano guidate da attentatori suicidi che si sono fatti saltare in aria all’ingresso delle moschee, durante la preghiera del pomeriggio. “Quattro autobomba hanno colpito l’ufficio politico di Ansarullah [partito Houthi], la mosche di Hashush, la mosche adi Kibsi e la moschea di al-Qubah al-Khadra, provocando martiri”, ha detto ieri un ufficiale Houthi alla stampa.
A rivendicare l’attacco è stato lo Stato Islamico: in rete è apparso in serata un comunicato con cui sostenitori del gruppo attribuiscono al califfato l’azione. “Una vendetta dei musulmani contro gli Houthi apostati”, si legge nella dichiarazione di rivendicazione. Il braccio yemenita dell’Isis sembra venire ormai allo scoperto dopo il massacro del 20 marzo scorso, quando un attentato contro un’altra moschea sciita di Sana’a uccise 140 persone. Anche allora l’Isis rivendicò l’azione, seppur sia ancora difficile stabilire se si tratti di cellule direttamente organizzate dal califfato o gruppi di simpatizzanti.
Ai raid sauditi che piovono ininterrotti sullo Yemen (sono 2.600 i morti, di cui almeno 1.400 civili, più di un milione gli sfollati) si aggiunge così il terrore portato dall’estremismo islamista che, sul terreno, pare fare il gioco della coalizione anti-Houthi: colpisce palesemente il movimento, ha come target i simboli religiosi e politici sciiti e genera il panico tra una popolazione già di per sé stremata.
La nuova presenza dello Stato Islamico è però anche un’aperta sfida alla madre tradita del califfo, al Qaeda, che nel paese ha il suo braccio più forte e organizzato. Se pochi giorni fa al Qaeda ha dovuto ammettere la morte del capo in seconda, Nasser al-Wuhayshi, ex segretario di Bin Laden e capo dell’organizzazione in Yemen, oggi fa i conti con gli attacchi del rivale da cui – ideologicamente ma soprattutto nella pratica militare – cerca di distanziarsi per mostrarsi come la faccia “moderata” del radicalismo islamista.
Poche ore prima l’attacco alle moschee di Sana’a, miliziani Houthi avevano fatto saltare in aria la casa di uno dei leader del governo ufficiale yemenita, Abdel-Aziz Jubari, impegnato in questi giorni a Ginevra per il negoziato Onu. Un negoziato partito immobile e tuttora in stallo: le parti non intendono parlarsi e ieri sera il ministro degli Esteri yemenita, Reyad Yassin Abdulla, ha detto che “nessun progresso” è stato compiuto. Già durante la giornata di ieri si era capito subito che le probabilità di arrivare ad un cessate il fuoco per l’inizio del Ramadan erano vicine allo zero, viste le precondizioni poste sia dal presidente Hadi (implementazione della risoluzione 2216 e ritiro degli Houthi dai territori occupati) che dal movimento sciita (nessun dialogo con Hadi e sua cacciata).
L’Onu ha così optato per un’estensione del negoziato di altre 48 ore, dopo la scadenza senza alcun risultato dei due giorni di dialogo previsti all’inizio. Fonti anonime hanno riportato di una nuova proposta Houthi: stop dei raid aerei sauditi, ma nessun accenno agli scontri sul terreno tra fedelissimi di Hadi e combattenti Houthi. Una proposta subito rigettata dal governo ufficiale che ha nei raid dell’Arabia Saudita il più concreto strumento militare contro l’avanzata Houthi.
E se alcuni diplomatici stranieri leggono la presenza dei due team di negoziatori a Ginevra come un fatto positivo (“Almeno nessuno ha sbattuto la porta e se n’è andato”, ha detto un funzionario europeo), l’inviato speciale Onu per lo Yemen non salta di gioia: “Gli yemeniti dovrebbero parlare tra di loro, non con le Nazioni Unite”, ha detto esasperato per i colloqui separati che le due parti hanno scelto, faccia a faccia con Cheikh Ahmed ma nessun incontro diretto tra loro. Nena News
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