Il colera ha già fatto oltre 1300 morti, molti dei quali bambini, ma nessuno quasi ne parla, come ben poco si parla di un Paese teatro di una guerra civile sanguinosa e vittima dell’offensiva militare lanciata dall’Arabia saudita contro i ribelli sciiti Houthi
della redazione
Roma, 26 giugno 2017, Nena News – Più di 1.300 morti, di cui un quarto bambini. Oltre 200.000 i casi sospetti, con una media di 5.000 al giorno. Ma nessuno quasi ne parla come ben poco si parla del Paese dove si sta diffondendo, lo Yemen teatro di una guerra civile sanguinosa e vittima dell’offensiva militare lanciata più di due anni fa dall’Arabia saudita contro i ribelli sciiti Houthi appoggiati dall’Iran. Le organizzazioni internazionali non hanno dubbi: è la più grave epidemia nel mondo. In soli due mesi si è diffusa in quasi tutti i governatorati dello Yemen e l’Unicef e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non la riescono ancora a fermare. “Si sta lavorando 24 ore su 24 per localizzare e monitorare la diffusione della malattia – si legge in un documento diffuso dalle organizzazioni umanitarie – e per raggiungere persone con acqua pulita e adeguate cure sanitarie e igieniche. Le squadre di intervento rapido vanno di casa in casa con informazioni su come proteggersi”. Unicef e Oms sottolineano che 30.000 operatori sanitari yemeniti impegnati a contenere l’epidemia e a curare gli ammalati non sono sono pagati da quasi un anno, eppure continuano con abnegazione a svolgere ogni giorno il loro lavoro.
Non è facile lottare contro il colera in un Paese devastato dalla guerra, dai bombardamenti sauditi e dalla miseria, dove 14 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. Un Paese in cui l’aumento della malnutrizione ha indebolito le difese immunitarie dei bambini rendendoli più vulnerabili all’epidemia.
Lo Yemen è in assoluto il Paese a più basso indice di sviluppo del Medio Oriente ma è strategicamente importante e questo ha spinto l’Arabia saudita e i suoi alleati, con la protezione degli Stati Uniti, a lanciare una campagna militare che non intendono fermare in tempi ravvicinati. E’ centrale nel conflitto in corso controllare lo stretto di Bab el Mandeb, il punto più vicino tra le coste yemenite e quelle di Gibuti, tra il Golfo di Aden con il Mar Rosso, che rappresenta una delle rotte privilegiate delle petroliere che partono dal Golfo.
Le tensioni in Yemen sono cominciate sull’onda delle “primavere arabe”, tra il 2011 e l’inizio del 2012, e sono culminate con l’uscita di scena dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, al potere da trent’anni. Quello che sembrava all’inizio uno scenario abbastanza vicino alle rivolte popolari che poco prima avevano causato la caduta dei regimi in Tunisia ed Egitto, invece si è rivelato il terreno fertile per un nuovo violento scontro tra musulmani sciiti e sunniti e tra l’Iran e l’Arabia saudita che da sempre ritiene di avere il “diritto di controllare” lo Yemen. Lo scoppio della guerra civile peraltro è stato preceduto dalle spinte irredentiste della parte meridionale del Paese contro il governo centrale (lo Yemen per quasi trent’anni è rimasto diviso diviso in due repubbliche, con quella meridionale di orientamento marxista che si è sciolta all’inizio degli anni ’90 dopo la fine dell’Unione sovietica).
Abdel Rabbo Monsour Hadi, nominato a capo del governo dopo l’abbandono da parte di un riluttante Ali Abdallah Saleh e una consultazione elettorale riconosciuta dai paesi arabi e dall’Occidente, è apparso subito un leader debole e un burattino nella mani dei suoi sponsor sauditi. Le forze militari in apparenza ai suoi ordini si sono sciolte come neve al sole quando gli sciiti Houthi – con la benedizione di Tehran – hanno deciso di espandere la loro ribellione, già in atto da anni dal nord, a tutto lo Yemen, forti anche dell’alleanza stabilita con Saleh mai realmente uscito di scena e che ancora oggi può controllare parte degli apparati militari e amministrativi yemeniti. Quindi è giunta la reazione dell’Arabia saudita, per fermare quella che a Riyadh leggono come un tentativo di “espansione” dell’Iran sciita, e l’inizio di una campagna militare – fatta soprattutto di bombardamenti aerei – che ha messo in ginocchio le già deboli infrastrutture dello Yemen e causato migliaia di morti tra i civili.
Alla finestra ci sono sempre al Qaeda e l’Isis pronti a sfruttare ogni occasione utile e che già controllano porzioni di territorio yemenita. Nena News
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