Le promesse del presidente Hadi non fermano l’avanzata dei miliziani sciiti Houthi. Mentre la capitale è teatro di manifestazioni pro e anti-governative, al Nord proseguono gli scontri con le tribù sunnite, oltre 30 i morti negli ultimi giorni. In palio un ruolo nello Yemen-post transizione
di Sonia Grieco
Roma, 6 settembre 2014, Nena News – Questa settimana il presidente yemenita Abed Rabbo Mansour Hadi ha licenziato il governo, ha chiesto la formazione di un esecutivo di unità nazionale, ha in parte fatto marcia indietro sul taglio ai sussidi per il carburante. Tutto ciò per contenere l’avanzata del movimento dei ribelli sciiti Houthi, guidato da Abdul Malik al Houthi, che ha superaro i confini della sua roccaforte, la regione settentrionale di Sa’dah, e ha il controllo del governatorato di Amran e dell’omonima capitale e che ha istituito check point e campi di addestramento anche nella capitale yemenita Sana’a, chiedendo le dimissioni del governo, accusato di corruzione e incapacità.
Ieri Sana’a è stata il teatro di due manifestazioni contrapposte. Centinaia di migliaia di persone sono sfilate per le strade: i sostenitori del governo e quelli degli Houthi (o Zaidi, setta dell’islam sciita), che vogliono rovesciarlo e che da giorni manifestano all’aeroporto della città. La designazione di un nuovo primo ministro non è stata giudicata sufficiente dal movimento sciita, che da gruppo ribelle si sta trasformando in una vera forza politica che raccoglie consensi tra la popolazione e minaccia il potere delle fazioni sunnite. L’ufficio politico degli Houthi ha chiamato la popolazione alla “disobbedienza civile” e ha annunciato nuove proteste domani e lunedì.
La caduta di Amran ha avuto una enorme rilevanza strategica e politica, hanno fatto notare gli analisti, perché rivela quanto la battaglia degli Houthi più che contro il governo sia contro la potente fazione sunnita Islah. I sostenitori delle milizie Houthi organizzano sit-in nel quartiere Hasaba di Sana’a, roccaforte di Islah. Durante la presa di Amaran, i miliziani Houthi hanno sbaragliato la 310 brigata, impossessandosi delle armi, alleata del generale Ali Mohsen, ex numero due del regime dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh caduto dopo le proteste del 2011. Lo Yemen Times, ha spiegato che Ali Mosen, assieme al clan Al-Ahmar e ai gruppi legati ai Fratelli Musulmani rappresenta il cuore del Partito-ombrello sunnita Islah. Il Partito un tempo era strettamente legato all’Arabia Saudita che al confine lo ha usato in chiave anti- Houthi, considerati dai Saud una sorta di Hezbollah (il movimento sciita libanese) yemeniti, e poi invece è stato messo nella lista nera dalla monarchia wahabita per i rapporti troppo stretti con la Fratellanza.
Secondo gli osservatori, l’avanzata degli Houthi è stata possibile anche grazie alla complicità del presidente Hadi che, se non ha sostenuto, ha per lo meno lasciato fare, sperando in un indebolimento di Islah che adesso è in effetti alle strette. Da gennaio il movimento Houthi ha intessuto alleanze con le tribù, o le ha comprate, e ha guadagnato terreno al Nord, rompendo ripetutamente le tregue, senza peraltro subire grosse ripercussioni da parte delle Forze armate yemenite. Una complicità denunciata dal segretario generale del Partito Islah, Abdul Wahab Al-Anisi, che ha parlato di incompetenza dell’esercito (riformato da Hadi nel 2012), ma anche di “tradimento” del presidente.
Molti ritengono che in Yemen sia in atto un riassestamento politico, o una sorta di resa dei conti tra fazioni sciite e sunnite (per anni gli Houthi hanno subito la repressione dei salafiti e dei wahabiti dello Yemen), che mette in allarme Washington e le petromonarchie, preoccupati dell’influenza iraniana sul povero e agitato Paese della Penisola. Ma anche della presenza di al Qaeda, nelle regioni meridionali, dove entrano in azione i droni americani per colpire le basi dei jihadisti. La Casa Bianca si è unita alla condanna delle Nazioni Unite contro gli Houthi, accusandoli di minare il processo di transizione promosso nel 2012 dal Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), una sorta di Nato della Penisola arabica gestita da Riad.
Dopo le rivolte del 2011, sull’onda delle Primavere arabe, il piano di transizione del CCG è consistito in sostanza in un patto di élite, che ha spianato l’ingresso ai vertici del potere a Islah, consentendolgli di accarezzare l’idea di arrivare alla guida del Paese dopo la fine di Saleh. Il governo di transizione è stato formato a metà da Islah e a metà dal partito dell’ex presidente Saleh (General People’s Congress), cui è successo Hadi, uomo del regime. Adesso il movimento guidato da Abdul Malik al Houthi fa sentire il suo peso politico, mostrando capacità di mobilitare la popolazione, oltre che di combattere. Un ruolo da attore politico che forse ha superato le previsione del presidente Hadi, tutelato dagli Usa.
Intanto, lo Yemen è in fibrillazione. Sana’a è una città blindata, mentre la notte scorsa, a nord della capitale, la milizie Houthi si sono scontrate con le tribù sunnite, sostenute dalle Forze armate, e 12 persone sono rimaste uccise. Sono almeno 35 le vittime da giovedì. Nena News