L’attacco è avvenuto nella città di Najran, al confine saudita-yemenita. L’Onu, intanto, accusa i ribelli sciiti: “Pronti a bloccare gli aiuti alimentari se gli houthi non rimuoveranno gli ostacoli posti nelle loro aree”
della redazione
Roma, 22 maggio 2019, Nena News – Nuovo attacco all’Arabia Saudita con un drone proveniente dallo Yemen: è quanto ha rivelato ieri la tv al-Masira vicina agli houthi. Secondo l’emittente, il velivolo carico di esplosivo lanciato dai ribelli sciiti yemeniti avrebbe colpito un “deposito di armi” nell’aeroporto di Najran, una città a 840 chilometri a sud ovest della capitale saudita Riyadh già oggetto in passato di attacchi simili.
Al momento sono scarne le informazioni fornite dall’Arabia Saudita. Il portavoce della coalizione saudita, il colonnello Turki al-Maliki, si è limitato a dire che i ribelli sciiti “hanno provato” a colpire Najran. Al-Maliki ha poi aggiunto che ora ci “sarà una forte deterrente” contro le “milizie terroriste al soldo dell’Iran”. Parole che lasciano prevedere nuovi raid contro lo Yemen: così, infatti, ha agito in passato Riyad in seguito ad attacchi contro il suo territorio. Bombardamenti indiscriminati responsabili della morte di migliaia di civili che sono stati più volte condannati dalla comunità internazionale.
Najran non è però solo una città saudita a confine con lo Yemen, ma, pare, anche il luogo dove sono presenti analisti dell’intelligence Usa e (non lontano da qui) un dispiegamento dei Berretti verdi dell’esercito americano. L’indiscrezione, rivelata lo scorso anno dal New York Times, non è mai stata confermata dal Pentagono né dal Comando centrale militare. Tuttavia, la notizia, qualora confermata, non sarebbe certamente sorprendente: Washington sta giocando un ruolo niente affatto marginale nella guerra yemenita, non solo per i suoi bombardamenti contro presunti qaedisti (poco importa degli “effetti collaterali” civili), ma anche per il suo pieno sostegno (in termini di armi e consulenza) ai sauditi. La guerra in Yemen, iniziata poco più di 4 anni fa da una coalizione araba sunnita guidata da Riyad, ha provocato la morte di decine di migliaia di persone (alcune fonti parlano di oltre 60.000 vittime), ha reso 3,3 milioni di yemeniti sfollati e 24 milioni bisognosi di aiuti umanitari (più di due terzi della popolazione). Senza dimenticare poi che ha distrutto completamente le infrastrutture (già fragili) del Paese.
Finora, però, al di là del bagno di sangue, l’Arabia Saudita ha ottenuto politicamente e militarmente ben poco: i “terroristi” houthi, che avevano rimosso il presidente Abd Rabbu Mansour Hadi costringendolo ad abbandonare la capitale Sanaa, controllano ancora il nord dello Yemen e diverse zone centrali del Paese. L’attacco al drone di ieri è l’ennesima prova del fallimento della campagna di bombe saudite: i ribelli sciiti sostenuti dall’Iran, non solo mantengono da anni gran parte delle loro posizioni in Yemen, ma riescono addirittura a contrattaccare mettendo a repentaglio la sicurezza dei sauditi sul loro stesso territorio. Il drone esplosivo di ieri fa il paio con quello lanciato la scorsa settimana contro un oleodotto saudita nel pieno della tensione tra Teheran e Washington in seguito ad un sabotaggio (dai particolari ancora nebulosi) di 4 petroliere (due saudite) vicino alle coste degli Emirati Arabi Uniti.
Se l’Arabia Saudita e i suoi alleati arabi si sono resi responsabili di crimini in Yemen – grazie anche al contributo dell’Occidente che vende loro armi e li copre politicamente – non è di certo irreprensibile il comportamento degli houthi. Ieri il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) ha infatti detto che potrebbe sospendere gli aiuti nelle loro aree qualora i ribelli sciiti non dovessero rispettare gli accordi e impedissero la consegna degli aiuti. “Ai lavoratori umanitari in Yemen viene negato l’accesso, i convogli [carichi] d’aiuti sono bloccati e le autorità locali stanno interferendo con la distribuzione del cibo. Questo deve finire” si legge in una dichiarazione del Wfp. Nella nota, l’Agenzia Onu afferma che alcuni leader houthi stanno ostacolando la selezione indipendente dei beneficiari degli aiuti e l’avvio di un sistema di registrazione biometrica che permetta al Wfp di identificare gli yemeniti più bisognosi di assistenza.
“Se ciò non avverrà, non ci rimane che sospendere la distribuzione degli alimenti nelle aree controllate da Ansarullah, gli houthi” ha scritto ai ribelli sciiti David Beasley, il direttore del Programma Alimentare che fornisce aiuti a più di 10 milioni di yemeniti. Eppure, continua Beasley, questi punti erano stati concordati con le parti in lotta lo scorso dicembre e gennaio. “Affrontiamo sfide quotidiane in Yemen a causa degli incessanti scontri e dell’insicurezza – ha aggiunto Beasley nella lettera consegnata lunedì alla leadership degli Ansarullah – Tuttavia, il nostro compito più difficile non proviene dalle pistole, ma dal ruolo non collaborativo e d’intralcio di alcuni leader houthi nelle aree sotto il loro controllo”.
E’ la seconda lettera in cui l’Onu chiede ai ribelli sciiti maggiore collaborazione nelle loro aree. “Alcuni progressi si erano registrati con la prima lettera spedita a dicembre – spiega il portavoce del Wfp Herve Verhoosel – ma nelle ultime settimane i miglioramenti si sono fermati. Anzi, in alcuni casi si sono registrati passi indietro”. Nena News