Houthi disposti ad accettare le condizioni della risoluzione Onu 2216, ma proseguono i raid indiscriminati della coalizione. Amnesty denuncia crimini di guerra e punta il dito contro i Paesi occidentali che riforniscono di armi Riad
di Sonia Grieco
Roma, 8 ottobre 2015, Nena News – Le bombe della coalizione a guida saudita continuano a martellare lo Yemen, mentre nel vicino Oman le Nazioni Unite patrocinano il negoziato tra i ribelli sciiti Houthi, spalleggiati dall’Iran, e il governo del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi, rientrato da poco nel Paese, al fianco del quale si è schierata Riad.
Ieri i caccia della coalizione hanno colpito una festa di matrimonio nel villaggio di Sanaban, provincia di Dhamar, uccidendo 26 persone, tra cui sette bambini, e ferendone altre quaranta. Le bombe sono cadute sulla casa di un leader tribale sospettato di legami con gli Houthi, secondo una strategia di bombardamenti indiscriminati, a cadenza quotidiana, iniziata lo scorso marzo e che ha fatto circa 4.900 vittime, di cui almeno la metà tra la popolazione civile. E dieci giorni fa era stata colpita un’altra festa di matrimonio nella provincia di Taiz: 131 morti, una delle peggiori stragi provocate dai raid della coalizione negli ultimi sei mesi.
Mentre continuano a cadere bombe sul poverissimo Yemen, in piena emergenza umanitaria, in Oman, unico Paese del Golfo a non partecipare alla campagna militare della coalizione, l’Onu ha incassato il ‘sì’ degli Houthi a un cessate-il-fuoco, presupposto per un accordo di pace tra i ribelli e il governo di Hadi. Favorevoli a un’intesa anche gli alleati degli Houthi, le forze legate all’ex presidente Saleh che ha lasciato il potere in seguito alle manifestazioni di piazza del 2011. I ribelli hanno accettato le condizioni della risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, cioè ritiro dai territori occupati e dalle istiutzioni. Condizioni che per alcuni analisti sono una vera propria resa. Oggi il Vice Segretario Generale ONU Jan Eliasson è in Arabia Saudita per discutere dell’emergenza umanitaria provocata dalla guerra: le poche e povere infrastrutture yemenite sono distrutte o inutilizzabili, mancano beni di prima necessità, oltre 114mila persone hanno abbandonato le proprie case, molti verso il Corno d’Africa, regione da cui prima arrivano i rifugiati eritrei, somali ed etiopi.
Mesi di violenze hanno lasciato il Paese in ginocchio e ancora non è stato raggiunto un accordo di pace. L’avanzata degli Houthi, iniziata un anno fa con la presa della capitale Sana’a e proseguita con l’occupazione di circa metà del Paese, ha allarmato Riad che vede nel gruppo sciita un’avanguardia dell’influenza iraniana su quello che i sauditi considerano il proprio giardino di casa.
Gli Houthi chiedevano più partecipazione alla vita politica del Paese, in cui i moti delle primavere del 2011 si sono conclusi con un patto di élite orchestrato da Riad, che ha visto salire al potere Hadi, il vice dell’ex presidente Saleh.
L’avanzata degli Houthi ha costretto Hadi alla fuga, prima nella città meridionale di Aden, poi nella capitale saudita, da cui è rientrato circa un mese fa. A marzo l’Arabia Saudita è entrata in gioco per difendere il suo protetto e la sua egemonia sullo Yemen. Riad ha organizzato una coalizione di dieci Paesi, sunniti, che con la benedizione e le armi degli Stati Uniti e di altre potenze internazionali stanno conducendo una campagna militare martellante in Yemen, con conseguenze drammatiche sulla popolazione. Da luglio le forze governative, con la copertura aerea della coalizione, hanno ricacciato gli Houthi da cinque province del Sud e, dopo doversi tentativi falliti, è ripreso il negoziato. L’apertura degli Houthi al dialogo è stata giudicata “un passo avanti” dall’Onu, tuttavia la fine dei combattimenti e dei raid non sembra imminente.
Intanto, Amnesty International (AI) in un rapporto appena diffuso ha parlato di “prove evidenti di crimini di guerra” commessi dalla coalizione a guida saudita e ha chiesto l’apertura di un’indagine indipendente. Inoltre, ha esortato i Paesi che foraggiano Riad a sospendere la vendita di armi al regno. Al primo posto c’è la Gran Bretagna che di recente ha rifornito l’Arabia Saudita di bombe a guida laser per aerei da guerra Tornado e Typhoon, anch’essi acquistati dai britannici. Londra ha detto che l’Arabia Saudita ha dato assicurazioni sull’utilizzo “appropriato” di queste armi. Inoltre, il rapporto denuncia l’uso indiscriminato dei raid che colpiscono ripetutamente case e infrastrutture senza alcun legame con gli Houthi. La città di Sa’da e quella di Marran sono state dichiarate dalla coalizione ‘obiettivo militare’, senza alcun riguardo per gli abitanti e contro ogni legge internazionale.
La settimana scorsa un tentativo di aprire un’inchiesta internazionale sul conflitto in Yemen al Consiglio per i Diritti umani dell’Onu a Ginevra è naufragato, lasciando il passo a una commissione d’inchiesta nazionale. “L’indifferenza del mondo verso lo Yemen è sconcertante”, ha commentato Donatella Rovera, consulente di AI per lo Yemen. “La mancanza di responsabilità ha contribuito a peggiorare la situazione e se chi sta commettendo questi crimini penserà di restare impunito, saranno i civili a pagarne le conseguenze” Nena News