Commemorazioni nella Striscia e nei Territori occupati, e anche in Israele. L’attenzione internazionale sull’enclave palestinese si è di nuovo affievolita, mentre i palestinesi vivono ancora tra le macerie, sotto l’embargo imposto da Tel Aviv e nel timore di nuovi attacchi
della redazione
Roma, 8 luglio 2015, Nena News – È trascorso un anno dall’inizio dell’offensiva israeliana denominata ‘Margine Protettivo’ contro la Striscia di Gaza, costata la vita a oltre duemila palestinesi (tra cui oltre 500 bambini) in poco più di 50 giorni di combattimenti e raid dell’aviazione israeliana.
Una guerra (terminata il 26 agosto con una tregua che sta reggendo) che ha riacceso i riflettori del mondo sull’enclave palestinese. L’attenzione internazionale di quei giorni, però, si è di nuovo affievolita e a Gaza si vive ancora tra le macerie, sotto l’embargo imposto da Israele, che rende sempre più difficile l’esistenza dei palestinesi. Le cause di quel conflitto persistono e la minaccia di un’altra guerra è sempre in agguato.
I numeri della distruzione sono allarmanti: in centomila, sui circa 1.8 milioni di abitanti, vivono ancora da sfollati, i finanziamenti internazionali sono insufficienti e la ricostruzione va a rilento, il 39 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Circa 18mila abitazioni sono state distrutte o rese inagibili.
L’anniversario del conflitto è stato ricordato oggi nella Striscia e nei Territori occupati, ma per i palestinesi di Gaza (al contrario che per Hamas che parla di vittoria) si è celebrato il ricordo dei cari caduti sotto le bombe che hanno colpito case, scuole, infrastrutture. Un martellamento indiscriminato condannato dagli organismi internazionali, con l’Onu che il mese scorso in un rapporto ha detto che entrambe le parti in lotta (Israele e Hamas che governa la Striscia da otto anni) avrebbero commesso crimini di guerra. Si è trattato del terzo conflitto per Gaza in pochi anni (2009 Piombo Fuso, 2012 Pilastro di Difesa). Il peggiore in termini di numero di vittime e di distruzione.
Anche in Israele si è tenuta una commemorazione per i 73 israeliani morti durante l’offensiva. Il premier Benjamin Netanyahu ha difeso l’attacco a Gaza e ha lanciato l’ennesimo monito ai “nemici di Israele”, cioè Hamas, Hezbollah, Iran e Isis: “Chiunque proverà ad attaccare il nostro popolo pagherà con il sangue”.
Intanto, per i palestinesi le cose si complicano anche a causa della rottura tra Hamas e Anp, che ha fatto sfumare la riconciliazione iniziata prima del conflitto. A Gaza, inoltre, Hamas deve far fronte alla presenza di simpatizzanti dell’Isis che hanno sfidato il movimento islamico palestinese, oltre che lo Stato ebraico, definito “debole” per non avere applicato la shari’a a Gaza. Lo sporadico lancio di razzi verso Israele, di matrice salafita, oltre a provocare la reazione dell’aviazione israeliana, mina una fragile tregua.
Poco più di un anno fa, il rapimento e l’omicidio di tre giovani coloni in Cisgiordania provocò una massiccia caccia ai rapitori nei Territori, con blitz dell’esercito israeliano in cui furono arrestati centinaia di palestinesi e in 5 furono uccisi. Al ritrovamento dei corpi dei tre coloni, seguì il rapimento e l’assassinio di un 17enne palestinese per mano di tre coloni israeliani legati all’estrema destra. Da Gaza furono lanciati razzi e l’8 luglio iniziò l’offensiva militare israeliana ‘Margine protettivo’ contro la Striscia. Nena News
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