Ieri il presidente Erdogan ha ratificato l’emendamento alla costituzione che permette di perseguire i deputati. Intanto un disegno di legge dà poteri illimitati all’esercito. Due mosse anti-kurdi
della redazione
Roma, 8 giugno 2016, Nena News – Il presidente Erdogan segna un’altra doppietta nella porta del movimento kurdo del paese. Ieri il leader del partito di governo, l’Akp, dopo essersi spianato la strada verso il presidenzialismo de iure (non più solo de facto) cacciando il poco obbediente premier Davutoglu, ha ratificato l’emendamento alla costituzione che lui stesso aveva proposto e che il parlamento ha approvato a maggio: via l’immunità parlamentare ai deputati indagati.
La modifica della costituzione, ampiamente condannata dalla comunità internazionale e dal partito di opposizione di sinistra Hdp, era stata votata da tutto lo spettro politico turco: una maggioranza schiacciante che rende nulla la possibilità di indire un referendum popolare.
Si apre così la strada ai processi per 138 parlamentari, accusati di reati diversi, dalla corruzione agli insulti alla presidenza fino al sostegno ad organizzazione terroristica. Tra questi ci sono ovviamente i deputati dell’Hdp, vera preda del presidente, che punta a eliminare la presenza pro-kurda nel sistema politico-democratico.
Così se con una mano Erdogan fa piazza pulita dei rappresentanti politici kurdi e pro-kurdi, con l’altra stringe la morsa militare sul sud est dela Turchia, a maggioranza kurda. Dalla fine di luglio dello scorso anno, Ankara porta avanti una brutale campagna militare che ha devastato intere città, ucciso centinaia di civili e costretto allo sfollamento oltre 100mila persone. Coprifuoco continui, lunghi dei mesi, assedi militari e operazioni urbane hanno scatenato una vera e propria guerra civile, quasi invisibile agli occhi del mondo.
E oggi quella guerra potrebbe farsi ancora più cruenta. Un disegno di legge è stato presentato ieri dal Ministero della Difesa in parlamento con l’obiettivo di dare copertura legale alle azioni dei soldati dispiegati per operazioni “di sicurezza” contro gruppi terroristici. Ovvero dispiegati a sud est contro il Pkk. I poteri dei militari aumenteranno a dismisura, se la legge passasse, insieme al livello di immunità che li garantirebbe nel caso di abusi.
Innanzitutto sarà il primo ministro a dover dare il via libera a inchieste e processi contro i vertici dell’esercito. Nel caso si tratti di personale di più basso rango, spetterà al governatore distrettuale dare il proprio permesso. Ovvero si consegna tutto nelle mani della politica (e quindi del partito di governo) togliendo autorità alla magistratura. Ogni crimine commesso durante operazioni etichettate come anti-terrroristiche sarà giudicato da un tribunale militare e non civile.
Tale previsione, un’effettiva copertura legale, non riguarderà solo i membri delle forze armate ma anche i funzionari dei servizi segreti, il Mit. Un elemento di non poco conto se si tiene a mente quanto accaduto ai giudici che aprirono un’inchiesta sulla consegna di armi al confine con la Siria da parte del Mit a gruppi islamisti, denunciata sul quotidiano Cumhuriyet dal direttore Dundar e dal suo caporedattore Gul, condannati all’inizio di maggio a cinque anni di prigione per aver rivelato segreti di Stato. I giudici che ordinarono la perquisizione dei camion sono stati trasferiti o sostituiti.
Ai soldati sarà inoltre permesso l’ingresso in abitazioni private con il solo ordine del comandante dell’unità. Solo dopo al giudice spetterà ratificare la decisione. Un’immunità senza precedenti che regala al sultano Erdogan un altro pezzo del puzzle dell’autoritatismo con cui ha plasmato il volto della Turchia. Nena News