“Era una promessa molto importante che ho fatto e l’ho mantenuta”, ha spiegato il presidente Usa senza dare alcun peso alle rivendicazioni palestinesi sulla zona Est, araba, della città occupata da Israele nel 1967. Nei Territori intanto arriva il premier indiano Modi
AGGIORNAMENTI
ORE 11 Oggi venerdì di collera contro Israele e Usa Le principali formazioni palestinesi hanno proclamato per oggi un “venerdi’ della collera”, con manifestazioni in Cisgiordania e a Gaza per l’uccisione di Ahmed Jarar e di altri palestinesi negli ultimi giorni da parte dell’esercito israeliano. Dopo la preghiera islamica sono previsti cortei diretti verso i posti di blocco israeliani.
della redazione
Roma, 9 febbraio 2018, Nena News - Non ha esitazioni Donald Trump. Il “successo” più rilevante del primo anno della sua presidenza è il riconoscimento da parte degli Stati Uniti di Gerusalemme come capitale di Israele. “La dichiarazione su Gerusalemme è stato il punto più importante del mio primo anno da presidente”, ha dichiarato in un’intervista oggi sul quotidiano israeliano Israel Ha-Yom. “Era una promessa molto importante che ho fatto e l’ho mantenuta”, ha spiegato senza dare alcun peso alle rivendicazioni palestinesi sulla zona Est, araba, della città occupata da Israele nel 1967 e alla rottura delle relazioni con l’Anp del presidente Abu Mazen che ha proclamato non più accettabile il ruolo di mediazione degli Stati uniti nel negoziato – ad onor del vero paralizzato da anni – tra israeliani e palestinesi.
Trump ha precisato che la dichiarazione che aveva fatto al recente Forum Economico a Davos su “togliere Gerusalemme dal tavolo dei negoziati” intendeva affermare, che pur considerando la città “capitale di Israele”, la sua Amministrazione non ha fa riferimento a confini specifici e quindi darà il suo sostegno “a ciò che le due parti concorderanno”. Un chiarimento che non ha alcun valore in una situazione in cui Israele – che dalla sua posizione di forza non incontra alcuna concreta opposizione internazionale – ripete che non restituirà mai la zona araba ai palestinesi. Peraltro Washington è impegnata a colpire sistematicamente i palestinesi, l’Anp e il movimento islamico Hamas, con provvedimenti, tagli di finanziamenti e dichiarazioni. Tra le decisioni più importanti ci sono la riduzione dei fondi annuali statunitensi per l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi sparsi tra Territori occupati, Siria, Libano e Giordania, e l’inserimento del leader di Hamas, Ismail Haniyeh nell’elenco dei “terroristi” stilata dal Dipartimento di stato.
Da parte sua Abu Mazen, atteso nella seconda metà di febbraio al Palazzo di vetro, continua a cercare consensi al riconoscimento dello Stato di Palestina e alle rivendicazioni palestinesi su Gerusalemme Est. Il presidente dell’Anp si prepara ora ad incontrare il primo ministro indiano Narendra Modi partito oggi per una visita di quattro giorni in Medio Oriente che lo vedrà in Giordania, Territori palestinesi, in Oman e negli Emirati. E’ la prima volta che Modi giunge nel territorio palestinese e il suo viaggio avviene dopo la recente visita in India del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu che ha visto stringersi sotto ogni punto di vista le relazioni tra lo Stato ebraico e il Paese asiatico, tra i protagonisti della attuale scena economica mondiale.
Modi punta a rassicurare Abu Mazen della immutata posizione di Delhi sulla questione palestinese. Fonti del ministero degli esteri indiano, prima del viaggio, hanno ricordato che l’India nelle scorse settimane ha votato nell’Assemblea generale dell’Onu contro la decisione del presidente Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Nena News