La testimonianza della responsabile del progetto, sostenuto dal Pcrf, per i minori della Striscia affetti da epidermolisi bollosa, patologia genetica per la quale non esiste ancora una cura. E nell’enclave palestinese chiusa dall’assedio le sfide si moltiplicano
di Gianna Pasini
Gaza City, 6 dicembre 2017, Nena News – “Uen Jana?”, “Dov’è Gianna?”, chiede Wesam, piccola farfalla di Gaza quattro anni compiuti da poco, durante la prima visita di Isshaq, il nostro collaboratore locale per il progetto “Bambini farfalla di Gaza”. La mia missione di monitoraggio del progetto era terminata proprio quel giorno e io stavo rientrando in Italia dopo tre settimane trascorse nella Striscia di Gaza.
Wesam è uno dei “bambini farfalla” che seguiamo col progetto. Vive a Gaza City con due fratelli poco più grandi e la mamma Ola. Il padre si trova in Egitto per lavoro e la piccola famiglia viene ospitata nella casa dello zio paterno insieme ad altre famiglie com’è abbastanza frequente nella tradizione locale. È portatore di epidermolisi bollosa (EB), una patologia genetica, rara e cronica per la quale ad oggi non esiste ancora una cura definitiva. Si manifesta con fragilità della cute e delle mucose, che si associa alla formazione di “bolle” ed erosioni provocate da frizione minime.
Dalla nascita, i bambini affetti da EB presentano spesso grosse bolle ed estese lacerazioni della pelle che guariranno solo dopo lungo tempo e in seguito a medicazioni quotidiane. Purtroppo nella Striscia di Gaza questi casi sono diffusi anche a causa di matrimoni fra consanguinei oltre alla chiusura determinata dall’embargo israeliano che porta due milioni di persone a convivere e a riprodursi in questa piccola area prigione senza libere vie d’uscita.
Il piccolo Wesam è uno dei bimbi che è stato sottoposto, insieme ad altri quattro, ad un intervento di dilatazione esofagea dall’équipe medica guidata dal dott. Mirabile dell’Aou Meyer che partecipa alle missioni del Pcrf-Italia, e che in questo caso si è svolta in parte presso il Palestine Medical Complex di Ramallah in Cisgiordania ed in parte presso l’European Hospital di Khan Yunis nella Striscia di Gaza.
Insieme a lui erano in lista operatoria per lo stesso motivo Fayeq di 7 anni, Doha di 5, Benan di soli 2 anni. Quest’ultima non è stata trattata a causa di febbre elevata e dovrà essere rinviata ad una prossima missione. Per disostruzione della laringe erano programmate Rawan di 13 anni ed Aisha di 18 che si presentava come un caso particolarmente complicato a causa della rara forma di EB di cui è portatrice.
Durante le visite effettuate al domicilio dei bambini con Isshaq, mia spalla e guida durante tutta la missione di monitoraggio e non solo, ho avuto il piacere non soltanto di rivedere tutti i bambini che avevo lasciato pochi mesi prima durante una permanenza più lunga nella Striscia, ma anche di trovare tutti i bambini trattati splendidamente bene. Uno dei primi sintomi è l’appetito, e vederli mangiare con gusto senza doverli incitare con “kulli!” (mangia!) è stato davvero una bella sorpresa. Mentre le ragazzine che avevano problemi di natura respiratoria le sentivi parlare con voce finalmente udibile e non con fatica e tono flebile.
Con il passare del tempo e frequentandole periodicamente conosci sempre meglio le “farfalle di Gaza” ed impari a capirne le particolari esigenze sia di natura medica che sociale. Ma più di tutto nasce una vera relazione in cui entrano a far parte del tuo mondo, e tu del loro. Talvolta ci divertiamo anche insieme con semplici giochi (i palloncini gonfiabili vanno per la maggiore e io ne tengo sempre una scorta nello zainetto, perché piacciono sia ai piccoli che ai più grandicelli), che servono anche a farli muovere un po’ e stimolarli nella deambulazione che spesso è compromessa nei portatori di EB.
Altre volte portarli anche soltanto a fare un giro in auto a vedere il mare è per loro fonte di eccitazione e gioia. Sempre e comunque visitarli nelle loro case è un evento per loro che spezza una routine monotona e ripetitiva di giorni e giorni trascorsi rinchiusi nelle loro povere stanze.
Ricordo le prime volte che andavo a visitarli mi chiedevano sempre di Dani (Daniela Riva, la mia collega di progetto che ha conosciuto questi bimbi molto tempo prima di me ed è stata lei a farmeli conoscere), io ci rimanevo anche un po’ male perché speravo che bastassero giochi e piccoli regali a farmi accettare da loro. C’è voluto un po’ di tempo, quello che serve per conoscersi e scoprire che non sei una semplice passante che poi sparirà dalle loro vite. Ora quando mi viene detto che sin dal mattino Doha o Reema chiedono se quel giorno andrò a trovarle, è una gran gioia per me che mi sono affezionata alle “farfalle” di Gaza.
Mi sono così unita per questo progetto a Daniela e al prezioso Isshaq, che vivendo a Gaza è una presenza costante e il primo referente per i bambini ed eventuali loro emergenze, che sono davvero tante visto anche il numero sempre crescente delle piccole farfalline. Durante questa recente missione ho conosciuto Reema, di soli quattro mesi, nata durante la mia assenza dalla Striscia.
Non era in buone condizioni e respirava con difficoltà, ma dopo un paio di giorni l’ho rivista migliorata parecchio anche per piccoli suggerimenti dati alla madre (alcune di loro parlano un poco d’inglese) come il lavaggio del naso con una piccola siringa contenente soluzione fisiologica.
La frequentazione domestica è molto utile e per questo ogni tipo di supporto, ma allo stesso tempo le famiglie si sentono sostenute e non abbandonate a se stesse con un problema più grande di loro che mette a rischio la vita dei loro figli. In questo Isshaq è davvero prezioso e insostituibile. Conosce ogni aspetto della patologia e delle sue recidive anche perché le vive in prima persona essendo lui stesso portatore di EB nella sua forma più lieve e ricorda ancora tutte le cure e rimedi che sua madre metteva in atto su di lui e li utilizza ora sulle altre “farfalle” di Gaza.
Ormai nella Striscia di Gaza è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che hanno un portatore di EB in famiglia e anche per i medici stessi che quando rilevano un nuovo nato con questa patologia danno il contatto di Isshaq come referente dei “bambini farfalla”. Per questo nelle varie voci del progetto a favore dei “bambini farfalla” di Gaza abbiamo inserito una quota per un piccolo salario per il lavoro che svolge Isshaq praticamente a tempo pieno.
Insieme siamo come i tre moschettieri dei “Bambini farfalla” di Gaza, ma senza il sostegno dei donatori che collaborano con noi nel far procedere questo progetto riusciremmo a fare ben poca strada da soli. Per questo ringrazio tutti coloro che ci hanno creduto sostenendolo con una donazione.
Un ringraziamento particolare va a tutti i sanitari volontari di PCRF Italia che partecipano alle varie missioni e alla onlus PCRF Italia stessa. Sono una squadra davvero eccezionale guidata dal capitano Vincenzo Stefano Luisi con la preziosa collaborazione della figlia Martina.
Vi ringraziano anche tutti i “bambini farfalla” di Gaza e ogni volta che donano un sorriso a me è anche per voi. Nena News