Dopo il vertice a Camp David i regnanti del Golfo pensano ancora a quale risposta dare all’accordo definitivo tra Washington e Tehran. L’ex responsabile saudita per l’intelligence Turki bin Faisal: “Qualunque cosa avranno gli iraniani l’avremo anche noi”
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Roma, 16 maggio 2016, Nena News – Qualcuno scrive che le distanze tra l’amministrazione Obama e i monarchi sunniti del Golfo, sulla questione del nucleare iraniano, si sarebbero ridotte, grazie al vertice che si è chiuso giovedì a Camp David. Il presidente americano avrebbe concesso al Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg: Arabia saudita, Kuwait, Qatar, Emirati, Bahrain e Oman) quello che chiedeva da tempo: l’assicurazione che gli Stati Uniti proteggeranno le sei petromonarchie nel caso di un attacco da parte di Tehran. L’America è al «fianco dei partner del Ccg contro gli attacchi esterni», detto Obama durante la conferenza stampa conclusiva, descrivendo l’incontro come un «successo». Ha spiegato che ai leader del Golfo non è stato chiesto di sottoscrivere l’accordo con l’Iran. E ha sottolineato che «una soluzione completa, verificabile che risponda alle preoccupazioni regionali e internazionali sul programma nucleare iraniano è nell’interesse della sicurezza della comunità internazionale, inclusi i nostri partner del Ccg».
Pace fatta tra la superpotenza americana e i suoi alleati nel Golfo? E’ tornato il sereno? Andiamoci piano. L’impressione è che tutti i partecipanti al vertice siano rimasti più o meno sulle loro posizioni. Lo conferma la cautela del ministro degli esteri saudita Adel al-Jubeir, uno dei partecipanti, nei confronti dell’entusiasmo di Barack Obama. I leader arabi sono stati rassicurati «che l’obiettivo è di negare all’Iran la possibilità di ottenere un’arma nucleare», ha detto al-Jubeir. Poi ha aggiunto: «Sarebbe troppo presto per anticipare quello che noi accettiamo e quello che non accettiamo». Come dire, l’Arabia saudita e i suoi alleati attendono di leggere il testo dell’accordo con l’Iran. E se lo giudicheranno “pericoloso” allora non lo approveranno. Un esito scontato visto che il clima che regna.
I petromonarchi in realtà pensano a quale risposta dare al probabile accordo definitivo con Tehran da raggiungere entro il 30 giugno. L’ex responsabile saudita per l’intelligence Turki bin Faisal è stato esplicito durante una recente conferenza a Seul. «Qualunque cosa avranno gli iraniani l’avremo anche noi», ha avvertito. A Camp David erano presenti solo due dei sovrani del Golfo, quelli del Qatar e del Kuwait. Re Salman dell’Arabia saudita e altri tre leader hanno boicottato il summit con il chiaro intento di manifestare il loro disappunto nei confronti della politica del presidente americano che vuole arrivare ad uno storico accordo con l’Iran, il loro mortale nemico.
Obama sa che la crisi con gli alleati arabi non è affatto superata, nonostante le generose promesse, alcune note, altre no, che ha fatto durante il vertice. Ai petromonarchi senza dubbio interessano le armi, i sistemi di difesa integrati e Washington è pronta ad accogliere buona parte delle richieste che riceverà. Ma il punto più importante per i re del Golfo è il contenimento dell’influenza regionale e del prestigio dell’Iran che emergeranno ancora più evidenti dopo la firma dell’accordo e la fine delle dure sanzioni economiche che Tehran subisce da anni. Per le monarchie sunnite limitare l’Iran vuol dire abbattere il presidente siriano Bashar Assad, alleato di ferro di Tehran, e ridimensionare il movimento sciita libanese Hezbollah. Sulla Siria i paesi del Golfo e gli Stati Uniti hanno annunciato che continueranno a sostenere l’opposizione “moderata” e a spingere per un nuovo governo. Ma è solo un annuncio. Cosa sia stato deciso a Camp David per Assad e la Siria lo vedremo sul terreno.
Re Salman e i suoi alleati sono decisi. Se Obama non cambierà rotta, attenderanno le prossime elezioni presidenziali negli Usa augurandosi che un repubblicano ultraconservatore prenda il posto di un presidente Usa che ritengono “disastroso” per i loro interessi. Nel frattempo guardano al Congresso. La Camera americana due giorni fa ha approvato la normativa — già passata al Senato la settimana scorsa — che dà al Congresso la possibilità di rivedere e potenzialmente bocciare qualsiasi accordo nucleare tra l’Iran da un lato e Stati Uniti e altre cinque potenze mondiali dall’altro. Il provvedimento arriva ora sulla scrivania di Obama, lo firmerà? Nena News
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