Il cessate il fuoco frutto dell’accordo tra Usa e Russia è stato violato ad Aleppo dai miliziani ribelli. Damasco riferisce dell’abbattimento di due velivoli israeliani che erano entrati nel suo spazio aereo. Tel Aviv smentisce
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Roma, 14 settembre 2016, Nena News - È fragile la tregua cominciata lunedì sera in Siria ma l’accordo per la cessazione delle ostilità, raggiunto la scorsa settimana da Stati Uniti e Russia, ieri ha sostanzialmente tenuto. E in non poche delle località coinvolte nei combattimenti o vicine alle aree di maggior conflitto, la popolazione ha provato, con molta cautela, a riprendere qualche attività quotidiana. Più di tutto ha cercato di rifornirsi di generi alimentari di prima necessità e di farmaci.
Non sono però mancate le violazioni della tregua. In particolare ad Aleppo dove, secondo una denuncia fatta dai russi, alleati del governo siriano, prima dell’alba di ieri si sono avuti sei morti e 10 feriti a causa di un attacco dei ribelli. Il generale russo Viktor Poznikhir ha accusato l’opposizione di aver infranto la tregua «23 volte colpendo postazioni militari e aree residenziali». I russi hanno anche allestito un loro avamposto sulla Castello Road, una arteria sotto il controllo dei soldati governativi, strategica dal punto di vista militare e per i movimenti degli aiuti umanitari. In quell’area, dice Mosca, il cessate il fuoco è stato violato più volte e resta intensa l’attività di uomini armati.
Damasco ieri ha rivolto un avvertimento alla Turchia di Erdogan – che si dice favorevole a una “tregua permanente” in Siria – intenzionata ad inviare aiuti alla zona Est di Aleppo dove agiscono le formazioni ribelli e vivono ancora oltre 200mila civili. «La Repubblica araba siriana comunica il suo rifiuto all’ingresso ad Aleppo di qualsiasi aiuto, in particolare del regime turco, non deciso in coordinamento con il governo siriano e le Nazioni Unite».
Da parte sua l’Onu si dice pronta a fornire assistenza umanitaria alla popolazione siriana ma, allo stesso tempo, ha precisato che ciò potrà avvenire solo se «tutte le parti in conflitto ed i Paesi membri influenti potranno garantire il rispetto della cessazione delle ostilità per consentire un accesso degli aiuti umanitari senza ostacoli, incondizionato e sostenuto». L’Onu, ha spiegato Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari, «ha bisogno di un contesto in cui non siamo in pericolo mortale». In quel caso, ha aggiunto, fornirà «assistenza alle persone nelle aree assediata e difficili da raggiungere», tra cui Aleppo.
Secondo il generale russo Poznikhir, le truppe governative hanno interrotto totalmente le operazioni militari, ad eccezione di quelle contro lo Stato islamico e Jabhat al Nusra, una formazione armata legata ad al Qaeda anche se durante l’estate ha annunciato di aver preso le distanze dall’organizzazione guidata da Ayman Zahawry e si è ribattezzata “Jabhat Fatah al Sham”.
Proprio la leadership di al Nusra, che con l’annunciato cambio di pelle sperava “legittimarsi”, ha lanciato un pesante attacco all’accordo tra russi e americani e ha ringraziato le 21 fazioni jihadiste e islamiste che si sono rifiutare di aderire alla tregua. Tra queste anche diverse componenti del cosiddetto “Esercito siriano libero” (Esl) – la milizia agli ordini dell’opposizione siriana e riconosciuta e sponsorizzata dagli occidentali – che Washington, i governi europei, la Turchia e le petromonarchie arabe continuano a definire “moderato”. Invece l’Esl si conferma uno stretto alleato di al Nusra. Secondo il ramo siriano di al Qaeda l’accordo non sarebbe altro che un «nuovo complotto» contro la «rivoluzione nel Levante».
Mentre, per ora, la tregua sembra tenere in gran parte della Siria, a sud, lungo le linee di armistizio con Israele, la tensione è improvvisamente salita. Nelle ultime ore, a conferma di una tendenza in aumento nelle ultime settimane, altri colpi di mortaio sparati da soldati siriani durante i combattimenti con i ribelli, sono caduti, con ogni probabilità per errore, sul versante occidentale delle Alture del Golan, sotto occupazione israeliana dal 1967.
Gli ultimi tre ieri pomeriggio e ieri sera si attendevano nuovi raid aerei di Israele contro le postazioni militari siriane. Qualche ora prima l’agenzia di stampa Sana aveva riferito dell’abbattimento di un caccia e un drone di Israele, rispettivamente a ridosso di Quneitra (Golan) e a Saasa, nella provincia di Damasco. Israele ha smentito, confermando però che i siriani hanno sparato due razzi terra-aria contro i suoi aerei. Uno sviluppo nuovo rispetto a quanto si è visto in questi anni in cui Tel Aviv ha lanciato frequenti raid in Siria senza che Damasco tentasse di difendersi.
Ora però il presidente siriano Bashar Assad si sente più forte rispetto a prima, quindi in grado di rispondere a Israele e di sfidare la sua superiorità militare. Naturalmente Damasco non pensa in alcun modo di aprire un altro fronte di guerra che non può sostenere e che si rivelerebbe fatale per il Paese considerando la potenza bellica dell’avversario. Vuole però segnalare che non resterà più a guardare di fronte alle violazioni del suo spazio aereo e ai raid israeliani. Nena News
Michele Giorgio è su Twitter: @michelegiorgio2
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