Il cessate il fuoco regge, ma i convogli umanitari restano bloccati per mancanza di coordinamento tra governo e opposizioni. I “ribelli” scettici: il dialogo non riprenderà
della redazione
Roma, 15 settembre 2016, Nena News – La tregua in Siria sta reggendo, nonostante alcune violazioni imputate ai gruppi armati di opposizioni, a partire dai salafiti di Ahrar al-Sham. Non ci sarebbero però vittime, secondo fonti locali. Nel terzo giorno di cessate il fuoco è giunto l’accordo tra Russia e Stati Uniti per estenderlo di altre 48 ore. Ma restano i problemi: gli aiuti umanitari preparati dalle Nazioni Unite non sono ancora riusciti a raggiungere le zone assediate e sono ancora fermi al confine con la Turchia.
L’Onu lamenta la mancanza di coordinamento tra le due forze avversarie, che impedisce il transito dei convogli. La presenza di checkpoint controllati dal governo o dalle opposizioni ha lo stesso effetto: tutto fermo.
La Russia ha annunciato il ritiro delle truppe governative siriane dalla strada del Castello di Aleppo, via principale di rifornimento della città ad oggi sotto assedio. Se anche i “ribelli” faranno lo stesso, ha detto Mosca, il ritiro sarà duplice e contemporaneo, permettendo così ai convogli umanitari di entrare nelle zone est, occupate dalle opposizioni e dove 300mila civili sono allo stremo delle forze.
Le opposizioni rispondono a mezza bocca. Ma la speranza dei tanti civili siriani che in questi giorni sono riusciti ad uscire di nuovo di casa, a fare compere per quanto possibile, è che la tregua regga la prima settimana di prova. Dopo, partirebbe l’accordo di coordinamento militare tra Mosca e Washington: colpire insieme i nemici comuni, Isis e ex al-Nusra. Un obiettivo non certo semplice: Jabhat Fatah al-Sham, l’ex braccio di al Qaeda, gode del sostegno di numerosi gruppi di opposizione, sia laici che islamisti, che hanno in questi giorni ribadito l’intenzione di proseguire con le azioni congiunte con il gruppo considerato terrorista.
In molte aree del nord della Siria, da Idlib ad Aleppo, al-Nusra si mescola a milizie etichettate come legittime dalla comunità internazionale, nonostante i crimini commessi e l’ideologia radicale, rendendo difficile distinguere gli eventuali target.
Sul piano diplomatico ci si inizia a muovere: il capo di Stato maggiore russo volerà in Turchia per incontrare la controparte e discutere di cooperazione militare con Ankara. La notizia giunge insieme al rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale in un solo giorno – il 28 agosto – i raid turchi contro il nord della Siria, invaso alla fine di agosto dalle truppe di Erdogan, hanno ucciso almeno 24 civili, tra cui sei bambini.
E arriva anche insieme all’apertura iraniana: in conferenza stampa il vice ministro degli Esteri di Teheran Ansari ha detto che il suo paese – da subito al fianco di Bashar al-Assad, a protezione del cosiddetto asse sciita Iran-Siria-Hezbollah – è pronto ad accogliere qualsiasi soluzione per porre fine alla crisi siriana. Ma è difficile immaginare che l’Iran possa accettare una spartizione del paese, nella mente di molti soggetti internazionali, a partire da Golfo e Stati Uniti.
Ad allontare la prospettiva del dialogo è la Coalizione Nazionale, opposizione siriana della prima ora, parte adesso dell’Alto Comitato per i Negoziati, creatura saudita di cui fanno parte anche gruppi islamisti: “Non crediamo che questa tregua duri più di quella precedente [a febbraio di quest’anno] – ha detto l’ex presidente, George Sabra – Troppo presto per parlare di ripresa dei negoziati di pace”. Nena News