I gruppi di opposizione hanno occupato il 75% degli uliveti del cantone curdo. Rojava denuncia stupri e saccheggi. E Ankara risarcisce le famiglie dei “ribelli” uccisi e feriti
di Chiara Cruciati
Roma, 25 settembre 2018, Nena News – Con gli occhi di mezzo mondo puntati su Idlib, è scomparsa l’attenzione sul vicino cantone curdo di Afrin, occupato militarmente dalle truppe turche e i gruppi di opposizione legati ad Ankara sei mesi fa, il 18 marzo.
A maggioranza curda, parte del progetto di confederalismo democratico di Rojava, ispirato alla teorizzazione del leader del Pkk Ocalan, il cantone ha subito un brutale sfollamento con centinaia di migliaia di residenti cacciati e ancora costretti in campi profughi improvvisati nel distretto di Aleppo. Al loro posto vivono oggi i miliziani islamisti che hanno preso parte all’offensiva turca, i loro familiari e altri gruppi armati arrivati ad Afrin dopo la ripresa di Ghouta est e Daraa da parte del governo di Damasco.
Nei giorni scorsi l’agenzia curda Rudaw ha denunciato la confisca del 75% degli oliveti di Afrin da parte dei miliziani islamisti che hanno partecipato all’operazione turca Ramoscello d’Ulivo. Il cosiddetto Esercito nazionale, una sorta di federazione delle milizie presenti ad Afrin, ha chiesto loro di consegnare i terreni occupati in cambio di denaro. Un sistema che ora garantisce agli occupanti le terre e la produzione di olio, il controllo dei magazzini e della distribuzione.
Afrin è famosa in Siria per i suoi uliveti. E ora se li vede portare via insieme ai negozi e alle case già occupati. A denunciare le violenze costanti sono i pochi residenti originari di Afrin rimasti: “Persecuzioni, arresti, confische, saccheggi senza che le autorità responsabili di tutto questo muovano un dito”, riporta Rudaw. L’agenzia cita anche un rifugiato, fuggito da Afrin e arrivato nel Kurdistan iracheno: “Hanno rubato anche le galline e le capre. Ci sono video di loro che rubano le capre. Non gli interessa nient’altro che rubare, sono ladri”.
Non solo furti, anche violenze fisiche. A denunciarle è Lina Berekat all’agenzia curda Anha. La portavoce del Consiglio delle donne siriano, in un’intervista, accusa la Turchia di crimini gravissimi: “In questi sei mesi la Turchia ha commesso i più terribili crimini contro Afrin occupata. Case e siti storici sono stati saccheggiati. Il furto, le molestie e gli stupri sono diffusi. La gente viene attaccata con le armi, i civili rapiti. Tutto questo avviene nel silenzio totale della comunità internazionale”.
Le prime vittime sono le donne: “Le forze di occupazione che vogliono distruggere una società, prendono di mira sempre le donne – aggiunge Berekat – Abbiamo assistito alle pratiche dei mercenari di Daesh, matrimoni forzati, la vendita delle donne al mercato degli schiavi, l’obbligo a vestire in nero. La Turchia fa lo stesso”.
Con Afrin Ankara ha avuto carta bianca dal mondo: nonostante alcune flebili critiche da parte europea, nessuno ha mosso un dito per fermare una palese violazione del diritto internazionale. Gli Stati Uniti, che con Rojava ha un accordo di cooperazione anti-Isis, non è intervenuta e la Russia si è girata dall’altra parte.
Erdogan ha ottenuto quel che voleva, il primo passo per la creazione di una zona cuscinetto che ora l’eventuale battaglia di Idlib sta rafforzando. Domenica il presidente turco ha parlato da New York dell’intenzione di incrementare il numero di “safe zone” a est del Fiume Eufrate, la linea rossa che unilateralmente Erdogan aveva imposto ai curdi di non oltrepassare. A est dell’Eufrate c’è il cuore del progetto di confederalismo democratico: i cantoni di Kobane e Jazira.
Oltre, dunque, i 4mila chilometri quadrati già occupati nel nord del paese. Per quell’occupazione i miliziani islamisti e dell’Esercito Libero che vi hanno preso parte riceveranno denaro: il governo turco, secondo la Reuters, ha offerto risarcimenti alle famiglie dei miliziani uccisi nella battaglia per Afrin. A dirlo all’agenzia è Abdallah Halawa, comandante della Brigata Hamza: i familiari riceveranno passaporti, una casa in Turchia e 60mila lire turche – più di 8mila euro –mentre ai feriti andranno tra i 2mila e i 4mila euro. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati
Così i curdi subiscono sulla propria pelle ciò che hanno inflitto agli arabi siriani invadendo il loro territorio e compiendo feroci pulizie etniche grazie all’appoggio dei loro datori di lavoro Usa. Destino di mercenari sostenuti dalla sinistra imperiale.
La cosa divertente della coppia MENA-il manifesto è che mentre il corrispondente in terra di Palestina pare solidarizzare con chi Israele, sostenuto dalla comunità ebraica internazionale, opprime e pare impegnarsi contro i crimini dello Stato degli ebrei, il quotidiano “comunista” del quale è il corrispondente è a totale egemonia di firme talmudiste e condivide e promuove ogni singola campagna di propaganda, disinformazione, aggressione di quella comunità internazionale.
Paradosso?
No, divisione dei compiti.