Il controterrorismo della Metropolitan police londinese rilancia l’inchiesta sull’assassinio del fumettista palestinese, il padre di Handala, morto esattamente 30 anni fa
della redazione
Roma, 29 agosto 2017, Nena News – Sono passati esattamente trent’anni dal giorno in cui Naji al-Ali morì a Londra. Era il 29 agosto 1987: il fumettista palestinese, dopo un mese di coma, si spense in un ospedale londinese.
Un mese prima, il 22 luglio, alle 5 di pomeriggio aveva parcheggiato la sua auto a Ixworth Place e stava camminando su Ives Street a Knightsbridge, vicino alla sede del quotidiano kuwaitiano Al-Qabas per il quale lavorava, quando fu raggiunto da un colpo di pistola al collo. All’epoca testimoni raccontarono di aver visto un uomo sospetto seguirlo e lo descrissero come un giovane sui 25 anni dall’aspetto mediorientale.
Un secondo uomo, sui 50 anni, anche questo dai tratti mediorientali, fu visto scappare dal luogo dell’agguato, salire su una Mercedes con il compagno e fuggire. La pistola automatica che uccise Al-Ali, una Tokarev 7.62 – fu trovata due anni dopo a Paddington.
A tre decenni di distanza il controterrorismo della Metropolitan police riapre l’inchiesta e fa appello a chiunque abbia informazioni in merito ai due uomini sospettati dell’omicidio. “Il brutale omicidio del signor Al-Ali ha devastato la sua famiglia e da 30 anni continuano a subire questa perdita. Abbiamo in passato rivisto il caso e seguito una serie di piste che non hanno però portato all’identificazione dei due uomini – ha detto Dean Haydon, capo del controterrorismo del Met – Tuttavia, tante cose possono cambiare in 30 anni e persone che non hanno voluto parlare al tempo dell’omicidio potrebbero essere oggi pronte a dare informazioni cruciali”.
Trent’anni fa le teorie intorno all’omicidio di Al-Ali si sovrapponevano: per alcuni il responsabile era il Mossad, i servizi segreti israeliani colpevoli per decine di omicidi extragiudiziali simili di attivisti, scrittori, politici, combattenti palestinesi; per altri il mandante andava cercato all’interno della leadership dell’Olp, di cui i cartoon di Ali erano profondamente critici; infine altri imputarono la responsabilità a qualche leader del mondo arabo, anche questi target quotidiano dell’ironia amara e bruciante della penna di Al-Ali.
Ancora oggi, nonostante siano passati tre decenni, le sue opere sono tra le più conosciute in Palestina e in Medio Oriente. I campi profughi dentro e fuori la Palestina storica sono tappezzati da murales che ripropongono le sue graffianti vignette, atto di accusa contro l’occupazione israeliana ma anche contro le complicità politiche dei leader arabi. Oltre 40mila vignette che gli attirarono addosso almeno 100 minacce di morte.
La sua voce, o meglio i suoi occhi, sono stati quelli di Handala, bambino rifugiato palestinese di 10 anni, scalzo e con i vestiti sgualciti. I capelli che ricordano quelli di un fico d’india, simbolo della Palestina e della sua resistenza, con le mani incrociate dietro la schiena, Handala non ha mai mostrato il suo volto: Naji Al-Ali promise di mostrarla – e di farlo finalmente crescere – solo quando la sua terra fosse stata libera.
Naji al-Ali era nato in Galilea nel 1936, 12 anni prima della Nakba. Fu costretto alla fuga con la famiglia per diventare rifugiato nel campo di Ain el-Helwe in Libano. A scoprirne la penna fu Ghassan Kanafani, uno dei principali intellettuali palestinesi, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, fine e attento analista oltre che giornalista di livello. Anche lui ucciso, con una bomba, dal Mossad. Fu Kanafani a farlo conoscere pubblicando i primi lavori sul giornale che dirigeva, al-Hurriya. Nena News