A commento del rapporto di Richard Falk e Virginia Tilley, commissionato dalle Nazioni Unite e poi censurato e che oggi sarà presentato a Napoli, il prof. Carlo Almirante scrive: “La strategia messa in campo da Israele dal 1967 per rendere inattuabile l’autodeterminazione del popolo palestinese è creare una frammentazione in quattro regimi giuridici diversi che nel loro complesso creano le premesse per l’apartheid”
di Carlo Almirante*
Roma, 5 febbraio 2019, Nena News – Il rapporto redatto dai professori Richard Falk e Virginia Tilley su richiesta della Commissione economica e sociale dell’Onu per l’Asia Occidentale (Escwa), conferma in modo esemplare le violazioni dei Diritti umani commesse da Israele ai danni del Popolo palestinese.
Il rapporto consente, infatti, agli illustri e neutrali relatori di affermare che lo Stato di Israele ha commesso il crimine di apartheid perché realizza politiche e pratiche di segregazione e discriminazione razziale. Ossia atti disumani commessi al fine di istituire e mantenere la dominazione razziale.
In seguito alla reazione di Israele e su sua pressione l’Onu ha trasformato gli accusatori in accusati. Con la conseguenza che l’Onu ha rimosso il Rapporto dai suoi archivi, dopo appena 48 ore dalla sua pubblicazione.
L’indagine rigorosa, portata a termine da due studiosi di fama internazionale e politicamente neutrali come Richard Falk e Virginia Tilley, incaricati di analizzare se ed in quale misura sia stato violato da Israele il diritto penale internazionale, è giunta alla conclusione che non solo questa violazione ci sia stata ma che abbia configurato l’ipotesi di apartheid. Un’ipotesi che si realizza quando si verifica non solo una discriminazione razziale, con la quale s’intende – secondo la Convenzione internazionale che la prevede – «ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza, o l’origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l’effetto di annullare o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, su un piano di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica», ma anche una violazione del diritto all’autodeterminazione.
La strategia messa in campo da Israele dal 1967 per rendere inattuabile l’autodeterminazione del popolo palestinese è quella di creare una frammentazione prodotta da quattro regimi giuridici diversi che nel loro complesso creano le premesse per l’apartheid determinando una condizione sociale e politica che ne rendesse di fatto impossibile l’autodeterminazione. Mentre il primo regime riduce la capacità dei cittadini palestinesi d’Israele di ottenere uguali diritti all’interno dello Stato, il secondo prevede restrizioni speciali e condizioni per la residenza permanente nella città santa di Gerusalemme, icona delle tre religioni monoteiste, il terzo è rappresentato dalla legge militare per coloro che vivono nei campi profughi della Cisgiordania e della striscia di Gaza; il quarto, infine, si concreta invece in politiche che impediscono il ritorno dei palestinesi che vivono al di fuori del territorio controllato da Israele.
Quella dei palestinesi è quindi una storia fatta di guerre, annessioni, espulsioni ma anche di persecuzioni a organizzazioni e persone che vengono private delle libertà e dei diritti fondamentali perché si oppongono all’apartheid.
Nella sua prefazione al rapporto, Moni Ovadia sottolinea l’assurda impunità israeliana per crimini contro l’umanità «che sarebbero condannati sotto qualsiasi cielo» e le gravi responsabilità di coloro che «vomitano strumentalmente la gravissima accusa di antisemitismo contro uomini giusti, solo perché chiedono loro dignità, giustizia, pace e libertà per il popolo palestinese».
*già Ordinario di Dottrina dello Stato all’Università Federico II di Napoli
Rapporto Escwa (Onu) di Richard Falk e Virginia Tilley “Pratiche israeliane nei confronti del popolo palestinese e questione dell’apartheid”
Stampato presso Universal Book, Rende (CS), 2018
pdf disponibile presso www.bdsitalia.org e/o www.mokazine.com
La traduzione del rapporto in lingua italiana è stata promossa da Progetto Palestina, collettivo dell’Università di Torino da anni impegnato nella promozione dei principi BDS a favore dei diritti del popolo palestinese (https://m.facebook.com/ProgettoPalestina/), in collaborazione con Traduttori per la Pace (TpP), associazione di traduttori professionisti che si oppongono all’utilizzo della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (https://traduttoriperlapace.wordpress.com)
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Segnaliamo il convegno “La tragedia palestinese nella crisi del diritto internazionale” che si terrà oggi a Napoli alle ore 16.45 all’Antisala dei Baroni, Maschio Angioino. Qui tutte le informazioni: