Gino Bartali (1914-2000) diventerà cittadino onorario di Israele. Un riconoscimento legato alle esigenze politiche dell’oggi. Ma lui non può né accettare né rifiutare né definire il senso e il limite del suo eventuale rifiuto o dell’eventuale accettazione
di Flavia Lepre
Roma, 26 aprile 2018, Nena News – Diversi giornali in tutte le lingue, a qualche giorno dall’accaduto, continuano a rimbalzare la notizia: “Natalie Portman ha fatto sapere che non andrà in Israele a giugno a ritirare il Premio Genesis, definito il Nobel ebraico. (…) perché, come ha spiegato un rappresentante al comitato del premio, “i recenti avvenimenti in Israele sono stati estremamente dolorosi per lei”. La regista ed attrice israelo-statunitense ha avuto anche modo di precisare i propri intendimenti e il senso del suo gesto. Infatti, accusata dal ministro della cultura Miri Regev di essere condizionata dal Bds, ha voluto chiarire che il suo è un rifiuto verso l’attuale premier Netanyahu e non aderisce né sostiene il boicottaggio d’Israele.
Insomma, ha potuto rifiutare di essere associata all’attuale governo israeliano e definire con esattezza la propria posizione: “Non vorrei che sembrasse un appoggio a Benjamin Netanyahu, che terrà un discorso durante la cerimonia”. Ha potuto esercitare il diritto che ella stessa riconosce agli israeliani e a tutti gli ebrei di criticare il governo d’Israele.
“Il grandissimo ciclista e dirigente sportivo Gino Bartali (1914-2000) diventerà cittadino onorario di Israele”. Lo ha fatto sapere lo Yad Vashem, il Museo della Shoà di Gerusalemme, confermando l’anticipazione del sito Pagine ebraiche. La nomina, postuma – ha detto il portavoce di Yad Vashem Simmy Allen – avverrà in una cerimonia prevista il prossimo 2 maggio, due giorni prima della partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme stessa”. Riferisce Globalist (e diversi altri quotidiani) del 22 aprile.
Gino Bartali “persona semplice e buona, sempre al servizio di tutti”, secondo il ricordo della nipote Gioia, sarebbe meno sensibile alle sofferenze inflitte oggi da Israele e dal suo governo ai palestinesi di quanto vi si è dimostrata Natalie Portman? Meno di lei potrebbe dire: “Devo prendere posizione contro la violenza, la corruzione, l’ineguaglianza e l’abuso di potere”? Meno di lei avrebbe diritto a non lasciarsi associare al responsabile dello spiegamento dei cecchini che hanno sparato ai Gazawi, ragazzini inclusi? Mentre “l’attrice “non si sente a suo agio a partecipare ad alcun evento pubblico in Israele” e “non può in tutta coscienza andare avanti con la cerimonia”, dobbiamo supporre che invece Bartali non avrebbe problemi a rinunciare di prendere posizione contro la violenza, l’ineguaglianza e l’abuso di potere e non avrebbe alcun disagio a partecipare a una cerimonia con Netanyahu??
Bartali non può né accettare né rifiutare né definire il senso e il limite del suo eventuale rifiuto o dell’eventuale accettazione. Bartali è morto. Israele, la sua attuale dirigenza, quella stessa da cui Natalie Portman è riuscita a prendere le distanze, si fregerà del suo conferimento della cittadinanza israeliana. Bartali non può assumere una posizione, deve subire le decisioni altrui.
Perché si decide l’opportunità di ricorrere alla procedura “molto rara” e che “viene usata con il contagocce” che consente a Yad Vashem di “conferire anche, in casi particolari, una cittadinanza onoraria di Israele a chi fosse ancora in vita, oppure postuma ai suoi congiunti”?
In questo momento è Israele ad aver bisogno di Bartali, nonviceversa. Di fronte all’indignazione generale che il comportamento del suo esercito ha suscitato a Gaza, è Israele che necessita di evocare l’ombra dei milioni di ebrei uccisi in Europa per rivitalizzare le compassionevoli simpatie nei suoi confronti ed attraverso la figura prestigiosa di Bartali far convergere su di sé il riflesso del gesto di umanità compiuto dal ciclista italiano. All’epoca, Israele non esisteva e ora ripete la pretesa di essere il rappresentante unico di tutti quegli ebrei uccisi o internati nei campi e scampati alla morte, pretesa che molti ebrei disconoscevano e disconoscono.
La violenza dei vivi sui morti. Israele vìola l’intimità di un morto, imponendogli presunte onorificenze con quella stessa mano da cui contemporaneamente altri hanno rifiutato di riceverne. Quale arroganza permette ad un governo che appena respinto da una contemporanea cittadina viva, impone a uno straniero che non c’è più la propria cittadinanza?! Quand’anche Bartali avesse condiviso la presunzione d’Israele di rappresentare tutti gli ebrei di tutti i tempi, chi autorizza d’imporgli lo stesso palco di Netanyahu, che Portman ha rifiutato?
“Il gesto più nobile nei confronti di coloro che sono morti è serbarne il ricordo, imparare dalla loro sofferenza e, finalmente, lasciarli riposare in pace.” (Norman Finkelstein, “L’industria dell’Olocausto”, Conclusione). Nena News
Gino Bartali salvatore di ebrei: un falso mito?
Israele è uno Stato fondato anche sulla mistificazione e la propaganda. La più recente operazione propagandistica è basata pretestuosamente sull’inserimento di Bartali nel Giardino dei giusti dello Yad Vashem nell’ottobre 2013 e consiste in un accordo stipulato fra governo israeliano e RCS. Tale accordo prevede la partenza del 101° Giro d’Italia da Gerusalemme con lo svolgimento anche delle successive due tappe in territorio israeliano.
Per l’operazione Israele ha versato a RCS 12 milioni di euro, cui si sono aggiunti i 4 elargiti sempre a RCS dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams. È l’importo più alto mai investito da Israele in un evento sportivo.
Il beneficio preventivato merita, tuttavia, l’ingente spesa: gli organizzatori hanno calcolato in oltre 100 milioni gli spettatori delle tre tappe ai quali sarà presentata la facciata di un Paese normale, ricco, felice e civile. Le immagini, accuratamente selezionate, non mostreranno il muro, i check point, la militarizzazione, insomma la realtà vissuta dai palestinesi: l’occupazione, le demolizioni, le espulsioni, le incarcerazioni, le uccisioni.
Già la figura di Bartali quale soccorritore di ebrei era stata oggetto di controversie ai tempi della sua “consacrazione”. Ora però era necessaria più che mai per creare un aggancio tra Israele e il Giro d’Italia.
Si rispolvera, allora, un testo del 1978 di Alexander Ramati (tradotto in italiano nel 1981) dal titolo: Assisi clandestina. Assisi e l’occupazione nazista secondo il racconto di p. Rufino Nicacci. Ramati immagina che il frate Rufino Nicacci racconti come Bartali avesse ricoperto il ruolo di corriere tra Firenze e Assisi, occultando documenti falsi destinati agli ebrei nella sua bicicletta.
Nel 1982 interviene, però, a smentire il tutto don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi, incaricato dal suo vescovo Mons. Ncolini, di organizzare la rete dei soccorsi agli ebrei ivi rifugiatisi. Brunacci è stato il protagonista dell’opera di assistenza in Assisi, in quanto tale coordinava anche la fabbricazione e la distribuzione dei documenti di identità falsi; inoltre conosceva perfettamente le attività di padre Nicacci, che si era inserito nella sua organizzazione clandestina. Brunacci, Giusto fra le nazioni, è quindi la fonte più autorevole e attendibile per giudicare il racconto di Ramati e la veridicità degli eventi attribuiti a b. Nel marzo 1982, nel corso della “Giornata degli ebrei d’Italia” tenuta ad Assisi, Brunacci smentisce seccamente il racconto di Ramati e nega qualsiasi ruolo di Bartali nella vicenda della fabbricazione e distribuzione di documenti falsi
Nel 1989 Brunacci ritorna a parlare del libro di Ramati Assisi clandestina con la “Nota di don Aldo Brunacci”, precisando vari argomenti a riprova del fatto che “sia il libro che il film di Ramati hanno falsato completamente la verità.” Questa Nota è l’ultimo chiodo piantato sul coperchio della bara della romanzesca narrazione bartaliana. L’autorevole Reader’s Digest, che aveva concordato con Ramati un contratto di molti milioni per l’inserto nella rivista del libro presentato come storico dall’autore, annullò il contratto quando constatò che si trattava invece di un racconto inverosimile e grottesco.
“In più di un’occasione”, racconta Aldo Brunacci ”ho avuto modo di far rilevare alle personalità ebraiche incontrate in questi ultimi anni che il libro nuoce alla loro causa, giacché un falso così clamoroso, perpetrato da uno scrittore ebraico a scopo di lucro, può ingenerare dubbi in ciò che invece è realmente avvenuto durante l’olocausto.” Le “personalità ebraiche” non ascoltarono l’avvertimento: Israele non può fare a meno di falsi miti per nascondere la realtà della pulizia etnica , dell’apartheid e del genocidio in corso.