La pulizia etnica legittimata dallo Stato e le violazioni dei diritti umani sono quello che permette ai coloni ebraici di occupare terre
di Nicola Perugini e Neve Gordon – Al Jazeera
Roma, 14 settembre 2016, Nena News – Solo poche settimane dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affermava di avere a cuore i diritti e le vite dei palestinesi di Gaza molto di più della leadership palestinese, ha pubblicato un nuovo video sulla sua bacheca Facebook, affermando che qualsiasi futuro smantellamento di colonie ebraiche in Cisgiordania ammonterebbe a “pulizia etnica”.
Ha fatto intendere che, visto che Stati Uniti e altri paesi occidentali sostengono l’evacuazione dei coloni israeliani come parte di un accordo con i palestinesi, questi – nella pratica – sostengono la pulizia etnica degli ebrei. “Accettereste una pulizia etnica nel vostro Stato? Un territorio senza ebrei, senza ispanici, senza neri”, ha retoricamente chiesto, disegnando un collegamento diretto tra i coloni nei territori palestinesi colonizzati e la discriminazione razziale negli Stati Uniti.
La descrizione di Netanyahu di una potenziale evacuazione delle colonie in Cisgiordania riflette l’etica del colonialismo di insediamento, per il quale ogni tentativo di spostare i coloni equivale ad un’ingiustizia.
Riluttante a riconoscere che i palestinesi sono stati soggetti a pulizia etnica nel 1948 e nel 1967 e che continuano a vivere sotto la costante minaccia di trasferimento come risultato diretto delle politiche del suo governo, Netanyahu dipinge il ritiro delle colonie e dei coloni dalla Cisgiordania occupata (che costituisce un mero 22% della Palestina storica) come una violazione enorme dei diritti dei coloni stessi.
L’ironia sta, ovviamente, nel fatto che questi coloni hanno colonizzato questa terra dopo che era stata occupata nel 1967 su richiesta dello Stato. Inoltre, invocando la pulizia etnica degli ebrei, Netanyahu sta chiaramente mobilitando un concetto che è profondamente impresso nella memoria collettiva ebrea e che rappresenta una linea rossa non solo per lo Stato israeliano ma anche per la comunità internazionale.
Nella pratica sta ripetendo un ritornello enunciato per primo dall’ex ministro degli Esteri Abba Eban che nel 1969 definì il ritorno ai confini pre-1967 come “qualcosa che ricorda Auschwitz”. Attraverso la metafora del “ricordo di Auschwitz”, Eban suggeriva che un ritiro dai territori occupati nel ’67 sarebbe corrisposto ad un altro genocidio del popolo ebraico, questa volta all’interno dell’ambientazione temporale e spaziale di Palestina.
Tragicamente, l’invocazione di violazioni terribili perpetrate durante l’Olocausto è a lungo servita a legittimare la continua colonizzazione e viene presentata come una misura preventiva contro la rimaterializzazione di Auschwitz. Dunque, il riferimento di Netanyahu alla pulizia etnica dei coloni fa eco alle “linee di Auschwitz” di Eban ma introduce anche la nozione di diritti dei coloni.
Attraverso il suo video su Facebook trasforma il colono in vittima di abusi e i palestinesi in aguzzini che vengono palesemente sostenuti – ingiustamente, secondo questa logica distorta – dalla comunità internazionale. Ad essere sinceri, è una forma molto strana di diritti umani: sono i diritti umani di un gruppo etnico dominante il cui dominio è stato proprio fondato sull’espulsione e il soggiogamento dei palestinesi.
Inoltre, la decolonizzazione diventa un crimine contro l’umanità e il discorso globale dei diritti umani viene trasformato in un mezzo per portare avanti il dominio. In chiaro contrasto con la discriminazione razziale contro gli afro-americani, gli ispanici e persone di colore negli Stati Uniti, i coloni israeliani sono un gruppo privilegiato. Non sono una minoranza nello Stato ebraico e, nonostante i tentativi di Netanyahu di riscrivere la storia, è cruciale ricordare che la pulizia etnica legittimata dallo Stato e le continue violazioni dei diritti umani sono ciò che hanno permesso ai coloni ebraici di occupare le terre in cui vivono.
Nicola Perugini è docente alla School of Social and Political Science dell’Università di Edimburgo. Neve Gordon insegna Scienze Politiche alla Ben Gurion University ed è ora in visita alla Soas, Università di Londra.
Traduzione a cura della redazione di Nena News