La missione Onu nel paese africano (Unsmil) ha comunicato ieri sera la fine delle ostilità tra le varie milizie armate che dal 27 agosto si scontravano nella capitale. Destano preoccupazione le condizioni dei civili fuggiti e dei migranti racchiusi nelle strutture detentive che tanto piacciono all’Europa
della redazione
Roma, 5 settembre 2018, Nena News – La missione Onu in Libia (Unsmil) è riuscita a raggiungere ieri sera una intesa tra le varie milizie armate libiche per porre fine alle violenze iniziate lo scorso 27 agosto che hanno causato la morte di almeno 50 persone (138 i feriti) e costretto alla fuga oltre 1.800 famiglie.
Ad annunciarlo sono state le stesse Nazioni Unite con un breve messaggio su Twitter: “Sotto gli auspici dell’inviato Onu Ghassan Salame, un accordo di cessate il fuoco è stato trovato e siglato oggi per porre termine alle ostilità, per proteggere i civili e salvaguardare la proprietà pubblica e privata”. L’Unsmil aveva invitato qualche ore prima dell’annuncio della tregua “le varie parti libiche ad un urgente dialogo sull’attuale situazione a Tripoli”. Tra i punti dell’intesa – siglata tra i rappresentanti dei vari gruppi armati presenti nella capitale e nelle sue vicinanze e alcuni esponenti del governo libico dell’accordo nazionale (Gna) sostenuto dall’Onu – vi è anche l’apertura di Mitiga, l’unico aeroporto funzionante della capitale che è stato chiuso il 31 agosto a causa delle violenze.
Al momento non è chiaro se il cessate il fuoco durerà. Il precedente più recente non è molto incoraggiante: un accordo per far tacere le armi era stato raggiunto tra le autorità delle città occidentali libiche già venerdì, ma era durato soltanto poche ore. Del resto, lo stesso comunicato si limita a sottolineare come “l’accordo di oggi non mira a risolvere tutti i problemi di sicurezza della capitale libica, ma cerca di trovare una intesa più ampia che possa affrontare tutte queste questioni”.
Da quando è stato deposto l’ex rais libico Muammar Gheddafi dalla guerra Nato del 2011, Tripoli è al centro di una violenta battaglia tra vari gruppi armati. La situazione è precipitata a fine agosto quando milizie di Tarhuna si sono scontrate con altre della capitale vicine al governo sponsorizzato dall’Onu (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj. Il Gna, infatti, non ha un esercito né forze di sicurezza regolari proprie e per poter difendere il suo fortino di Tripoli è stato costretto a chiedere il sostegno di altre milizie. Tutti questi gruppi armati, finanziati e armati dagli occidentali durante la “primavera libica” anti-Gheddafi, sono tra le principali cause del caos in cui versa il Paese da oltre 7 anni.
Preoccupa, intanto, la situazione umanitaria. Se oltre un migliaio di famiglie sono riuscite a mettersi in salvo dai combattimenti avvenuti nelle ultime settimane nella capitale, molte altre sono rimaste intrappolate nelle loro case o si sono rifiutate di lasciarle per paura che le loro abitazioni potessero essere saccheggiate. Questi civili – fa sapere il ministero per gli affari degli sfollati del Gna – hanno urgente bisogno di acqua e cibo. Il ministero ha fatto anche sapere che i soccorritori che hanno provato ad assisterli sono stati attaccati da alcuni uomini armati non identificati che hanno anche rubato poi le ambulanze.
L’ufficio dei diritti umani dell’Onu, intanto, tramite la sua portavoce Elizabeth Throssel, ha espresso “preoccupazione” anche per gli oltre 8.000 migranti “detenuti arbitrariamente” nei centri di detenzione che tanto piacciono ai governi europei e che ora, anche a causa delle violenze di questi ultimi giorni, “necessitano di acqua e trattamento sanitario”. Alcune centinaia di loro – ha poi rivelato un ufficiale libico – sarebbero riusciti a scappare da un centro finito sotto attacco da parte delle milizie. Un video postato sui social network mostra centinaia di africani allineati, alcuni con delle buste in mano, mentre si allontano dalla struttura detentiva. Nena News