In una registrazione audio del 2015, il figlio del premier israeliano lascia intendere come l’affare da 20 miliardi raggiunto dal governo con un importante magnate del gas sia stato agevolato dal genitore, già sotto indagine per due casi di corruzione. Intanto alla Knesset nuovo regalo agli ultraortodossi: approvata la legge “supermercato”
di Roberto Prinzi
Roma, 9 gennaio 2017, Nena News – «Dummì, o’ bello de’ ‘figlie l’avimmo perduto…’Figlie so chille che se teneno mbraccia, quando so’ piccirille ca te danno preoccupazione quanno stanno malate e nun te sanno dicere che se sénteno… che te corrono incontro cu’ è braccelle aperte, dicenno: “Papà” … Chille ca’ è vvide venì d’ ‘a scola cu’ ‘e manelle fredde e ‘o nasillo russo e te cercano ‘a bella cosa… » recitava così l’indimenticabile Titina De Filippo in Filumena Marturano (1946).
Non conoscerà molto probabilmente il capolavoro teatrale eduardiano il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma sa bene che l’età dell’infanzia di suo figlio Yair è ormai un ricordo lontano e che le preoccupazioni che gli provoca da tempo non sono relative alla sua salute. Ieri, infatti, gli avvocati del primo ministro si sono dati un gran da fare per fermare la trasmissione di un audiomessaggio in cui il figlio 26enne lascia intendere come suo padre abbia agevolato una intesa da 20 miliardi di dollari con un importante magnate del gas. Non una bella notizia per il premier al centro dei riflettori per i suoi discutibili legami con ricchi imprenditori locali e internazionali che finora gli sono costati l’apertura di due inchieste per corruzione.
La registrazione dovrebbe risalire al 2015: Yair parla fuori ad uno strip club con Ori Maimon, figlio del pezzo grosso dei gas Kobi Maimon e azionista di Isramco, proprietaria dei giacimenti israeliani di gas naturale Tamar. Secondo quanto riferisce la stampa locale, il rampollo di casa Netanyahu, con guardia privata e autista al seguito e dopo aver scorrazzato da uno strip club a un altro di Tel Aviv, si sarebbe lamentato con l’amico Ori per il prestito di 400 shekel (circa 116 dollari): “Fratello, tu me le di devi dare. Mio padre ha fatto uno straordinario accordo con tuo padre. Ha lottato, fratello, ha lottato molto alla Knesset per questo”. Non pago, Yair avrebbe poi aggiunto: “Mio padre ha fatto con voi un affare da 20 miliardi e tu non puoi prestarmi 400 shekel?”. Presente alla conversazione anche Roman Abramov, l’intermediario israeliano del miliardario australiano James Packer.
A peggiorare il quadro è che i fatti risalirebbero a tre anni fa proprio quando in Israele era in corso un feroce dibattito sulla gestione dei nuovi giacimenti di gas. Non solo: a poter indignare l’opinione pubblica israeliana – riporta la stampa locale – potrebbe essere anche l’utilizzo della sicurezza privata concessa a Yair (per molti già controversa) per permettere a lui e agli amici di fare la spola tra strip club e prostitute di Tel Aviv.
I figli, si sa, sono “piezz’ ‘e core” (per restare al grande Eduardo), ma è anche vero che l’ennesimo scandalo o polemica causata dal figlio di Netanyahu potrebbe costare caro al premier, già incalzato da tempo dalla polizia per due casi di corruzione. In uno di questi, Netanyahu è accusato di aver ricevuto “doni” da ricchi benefattori. Una delle indagini è conosciuta in Israele con il nome di Caso 100 e coinvolge direttamente il miliardario israeliano James Packer i cui favori concessi a Yair sono da un po’ sotto i riflettori dei media e della magistratura locali.
Proprio i rapporti ambigui che il premier intrattiene con il mondo del grande capitale e dell’editoria (piaceri in cambio di “regali” o coperture dei media meno critiche verso l’operato del suo governo) e la lentezza delle indagini della polizia hanno dato vita in Israele negli ultimi mesi a diverse proteste anti-corruzione (l’ultima è andata in scena tre giorni fa per le strade di Tel Aviv) in cui i manifestanti chiedono con forza le dimissioni del premier.
Bibi nega tutto e prova a difendersi da nuovi possibili attacchi: l’avvocato di famiglia, Yossi Cohen, ha inviato ieri una lettera alla Società di notizie della televisione israeliana chiedendo che la registrazione audio non venga pubblicata. In una nota, il portavoce della famiglia Netanyahu ha parlato di “caccia alle streghe che ha raggiunto il punto più basso con la trasmissione di un audiomessaggio segreto di cose dette per scherzo due anni fa da persone ubriache”.
Di conversazione “senza senso su donne e altri argomenti che erano meglio non dire” viziata dai fumi dell’alcol ha parlato anche Yair. “Queste osservazioni non riflettono chi sono, i valori con i quali sono cresciuto e le mie opinioni”. “Le cose dette erano uno scherzo stupido” ha poi aggiunto. Sarà, eppure non è la prima volta che il 26enne crea problemi al padre: lo scorso anno Yair pubblicò un meme antisemita sui social media con protagonista il miliardario filantropo ebreo George Soros.
In ballo qui non è solo la questione morale. Gli affari torbidi della famiglia Netanyahu (anche la moglie Sara è stata incriminata per frode) hanno anche ripercussioni politiche. Sebbene nei sondaggi il premier appaia ancora saldamente a timone del Paese nel caso di nuove elezioni – il centrista Lapid, infatti, seppur in ascesa e ormai vicinissimo al Likud, non sarebbe in grado di formare una coalizione –, le beghe giudiziarie sembrano aver indebolito la sua immagine di capo carismatico non solo all’esterno, ma anche all’interno del suo partito (tra i manifestanti anti-corruzione non pochi sono likudnik).
Per superare queste difficoltà interne e nel tentativo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle sue vicende personali, denuncia la sinistra parlamentare con Meretz e Lista araba Unita, il premier starebbe provando a scaricare tutti i “costi” della sua sfera privata nei Territori occupati: molto sensibile ai “doni” dei magnati, Bibi appare inflessibile con i palestinesi con i quali usa il pugno di ferro (repressione delle proteste, aggravamento dell’occupazione con espansione selvaggia delle attività coloniali).
Ma a creargli grattacapi sono anche i due partiti ultraortodossi Shas e Unità della Torah, indispensabili però a tenere in vita la maggioranza governativa. Per gli “haredim” è giunta stamane una nuova vittoria: approvata in terza e ultima lettura alla Knesset una legge rinominata “Supermarket” che terrà chiuse molte attività commerciali durante lo Shabat. Resteranno invece aperti nel giorno di riposo ebraico i mini market delle stazioni di benzina. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir