A 24 ore dalla formazione dell’esecutivo, via alla costruzione di 900 nuove unità abitative per coloni nell’insediamento ultraortodosso di Ramat Shlomo.
della redazione
Gerusalemme, 8 maggio 2015, Nena News – Il premier israeliano Netanyahu non ha perso tempo. Cosa rappresenterà il suo governo, radicalmente spostato a destra, lo ha dimostrato appena 24 ore dopo la formazione – in extremis – del nuovo esecutivo: 900 nuove case per coloni saranno costruite nell’insediamento illegale di Ramat Shlomo, a Gerusalemme Est, secondo il piano approvato dal Comitato della Pianificazione del Distretto di Gerusalemme, del Ministero degli Interni.
“Hanno approvato la richiesta e ora sono autorizzati a costruire. Il piano è stato approvato anche se ancora non ci sono le strade di collegamento”, è stato il commento di Hagit Ofran, portavoce dell’associazione israeliana Peace Now che monitora l’espansione coloniale israeliana nei Territori Occupati Palestinesi.
Ramat Shlomo, insediamento coloniale ultraortodosso, torna così ad accendere le tensioni tra Tel Aviv e Washington. Nel marzo 2010 il governo israeliano annunciò l’ampliamento della colonia (1.600 nuove unità abitative) mentre il vice presidente Usa Joe Biden si trovava in visita ufficiale in Israele. Una mossa che fece infuriare il presidente Obama, perché aperta sfida alla strategia statunitense che di lì a poco avrebbe rilanciato il negoziato – mai realmente partito e quindi mai conclusosi – con la controparte palestinese.
All’epoca Netanyahu tentò di rassicurare l’alleato statunitense, affermando che la costruzione non sarebbe partita prima di due anni. Il piano fu poi ratificato nel giugno 2012: il consigliere comunale Yair Gabai lo definì “la prima di una serie di indispensabili sviluppi che aggiungeranno prosperità a Gerusalemme, eviteranno l’emigrazione dalla capitale e rafforzeranno la sovranità israeliana in ogni parte della città”.
L’anno dopo, nel 2013, mentre il segretario di Stato Usa John Kerry tentava l’ardua strada del negoziato, senza che le precondizioni minime da parte israeliana fossero rispettate (tra queste, proprio il congelamento dell’espansione coloniale), il governo finanziava il progetto con 62,4 milioni di shekel (circa 16 milioni di euro).
Immediata è giunto il commento statunitense al via all’ampliamento di Ramat Shlomo: ieri il Dipartimento di Stato per bocca del portavoce Jeff Rathke ha condannato il piano e espresso “preoccupazione e disappunto” per l’approvazione. “Si tratta di uno sviluppo che disturba e ne siamo preoccupati. Dobbiamo vedere impegno nella soluzione a due Stati da parte del nuovo governo. Costruire a Gerusalemme Est danneggia”. Una dichiarazione che stonava con quella rilasciata poche ore prima dal presidente Obama, di congratulazioni a Israele per la formazione del nuovo governo.
L’ampliamento di una colonia tradizionalmente ultraortodossa nella città di Gerusalemme, cuore del conflitto israelo-palestinese, è un palese regalo agli alleati della nuova coalizione di governo. Il piano di costruzione è stato approvato nelle stesse ore in cui Netanyahu annunciava la formazione del nuovo esecutivo, sul filo di lana: una coalizione nazionalista e di destra, che godrà di soli 61 seggi sui 120 disponibili alla Knesset. Bibi lo sa: deve tenersi stretti i partiti alleati per garantirsi un minimo di stabilità.
Tra le fazioni da “coccolare” c’è Casa Ebraica, partito legato a doppio filo al movimento dei coloni, a cui sono andati ministeri importanti. Con il falco Lieberman (ex ministro degli Esteri e leader di Israel Beitenu) che ha chiuso al premier, a fare la parte del leone è Naftali Bennett che si è accaparrato, tra gli altri, anche il Ministero della Giustizia. Un esecutivo colonizzatore che punterà ad ampliare il più possibile i confini de facto dello Stato di Israele. Tel Aviv è consapevole che prima o poi la comunità internazionale imporrà uno stop dell’espansione coloniale, e fino a quel giorno avanzerà dentro i Territori Occupati Palestinesi, convinto che ogni metro in più guadagnato oggi sarà un metro in più da portare al tavolo nel negoziato. Nena News
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