Dopo la sentenza dell’Alta Corte che vietava la detenzione degli africani illegali, il governo torna alla carica sulla spinta delle proteste dei residenti di Tel Aviv.
dalla redazione
Gerusalemme, 8 ottobre 2014, Nena News – La spinosa questione migranti continua a tenere banco in Israele: ieri il premier Netanyahu ha dato ordine ai suoi ministri di preparare una nuova legge contro gli immigrati senza documenti. La chiamata “alle armi” anti-migrazione arriva dopo la sentenza della Corte Suprema che ha dichiarato nulla la normativa che prevedeva la detenzione senza processo.
L’ordine del premier è arrivato durante una riunione con i ministri di Giustizia, Interni e Pubblica Sicurezza: “Alla fine del meeting il primo ministro ha chiesto che venga preparato un nuovo disegno di legge che esprima la determinazione del governo di Israele di proseguire nell’azione contro gli infiltrati – si legge nel comunicato dell’ufficio del premier – Si è stabilito che il Ministero degli Interni redigerà la legge che permetterà di proseguire negli arresti dei nuovi infiltrati e li trasferirà in centri di custodia per un certo periodo di tempo e proseguirà l’operazione del centro di detenzione di Holot”.
Infiltrati. Così da anni le autorità israeliane definiscono i richiedenti asilo e i migranti africani che cercano rifugio in Israele, fuggiti da guerre e fame nei paesi di provenienza, per lo più Sudan e Eritrea. Per fermarne l’arrivo è stato già costruito un muro al confine con l’Egitto. Seimila di loro sono già stati espulsi. Il ministro della Difesa, la “moderata” Tzipi Livni, cerca di abbassare i toni: la legge è necessaria e non contraddice né la sentenza della corte né i diritti degli africani.
A frenare le politiche governative, infatti, era stata la Corte Suprema che lo scorso 22 settembre aveva stabilito che Tel Aviv non poteva più detenere migranti fino ad un anno di prigione senza processo e ordinato la chiusura del famigerato centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev. Eppure nel carcere sono detenuti ancora duemila africani. Sarebbero invece 48mila i migranti residenti in Israele, senza alcun documento di identità né lo status di richiedenti asilo, accettato dalle autorità israeliane in rarissimi casi e solo dopo lunghissime procedure.
Per il governo israeliano sono semplicemente illegali, dato che non riconosce loro lo status di rifugiati. Le condizioni di vita in cui sono costretti a vivere sono al limite della decenza: quasi impossibilitati a trovare lavoro, chiusi in quartieri ghetto a Tel Aviv, privi di qualsiasi servizio pubblico, dalla scuola alla sanità. A Tel Aviv, molti di loro si sono organizzati con il sostegno di organizzazioni per i diritti umani e hanno aperto da soli scuole e ambulatori medici.
Alla discriminazione palese imposta dalle autorità si aggiunge l’elevato tasso di razzismo della popolazione israeliana. In passato non sono mancate aggressioni violente contro le case dei migranti o contro gli stessi rifugiati, marce di protesta che chiedono che Israele resti un paese per soli ebrei e manifestazioni guidate spesso da parlamentari di estrema destra che incitano alla cacciata dei “neri”.
Sabato e domenica scorsi circa 300 manifestanti si sono ritrovati a Tel Aviv, nel quartiere di Hatikvah, per protestare contro la sentenza della Corte Suprema, accusata di incrementare così le attività criminali in città e aumentare le tensioni sociali. Tra loro anche il parlamentare Ayelet Shaked, del partito nazionalista Casa Ebraica: “Oggi le vite di centinaia di migliaia di israeliane sono state distrutte – ha detto Shaked – L’Alta Corte ha invitato tutti i cittadini africani a venire in Israele. Così ha danneggiato la sicurezza dello Stato e dei residenti della zona sud di Tel Aviv”.
Quei residenti che avevano presentato appello alla Corte per chiedere la cacciata dei migranti che avrebbero messo in pericolo la sicurezza dei cittadini israeliani. Il tribunale aveva rigettato l’appello affermando che il motivo per cui tanti africani entrano nel paese è per fuggire a morte, persecuzione e guerra nei paesi di provenienza. Ma tanto basta. A monte, la propaganda israeliana – portata avanti per oltre 60 anni da ogni governo succedutosi al potere: Israele è lo Stato degli ebrei, dei soli ebrei. Nena News